Torino, Auditorium RAI “A.Toscanini”, Stagione Sinfonica 2022-23. 1
Orchestra Sinfonica Nazionale RAI, Coro del Teatro Regio di Torino
Direttore Fabio Luisi
Maestro del coro Andrea Secchi
Soprano Valentina Farcas
Contralto Wiebke Lehmkuhl
Gustav Mahler: Sinfonia n. 2 in do minore Resurrezione per soli, coro e orchestra (1888-1895)
Torino, 19* e 20 ottobre 2022
La nuova stagione dell’OSN RAI, all’auditorium “Arturo Toscanini” di Torino, inizia, in modo un po’ scontato e fors’anche un poco prematuro, con gli 80 minuti della mahleriana “Resurrezione”. C’è l’augurio, non troppo celato, che si chiuda una biennale parentesi di sventure e ci si avvii ad un futuro, per azzardare, tutto rose e fiori.
La sinfonia è fatta così: un chilometrico primo tempo di 25 minuti, concepito originariamente come corteo funebre in cui un oscuro grumo di disperato vissuto non riesce ad essere tacitato da oasi di maggior leggerezza. Nel finale del movimento, come peraltro con altri autori, in altre opere, rintoccano, distorte ma riconoscibilissime, le note del “dies irae”, idiomatiche di questi climax. L’autore, certo che si giunge psicologicamente esausti al termine del sofferto funereo rito, chiede espressamente “Hier folgt eine Pause von mindestens 5 Minuten” (cioè: qui segue una pausa di almeno 5 minuti), una bella boccata d’aria, una pausa caffè, nella speranza che l’eccessiva gravità si attenui e una prospettiva di “resurrezione” possa prendere consistenza. Le date di composizione, 1888 – 1895, ci dicono che una pausa di ben 7 anni c’è voluta per consentire all’autore di concludere l’opera. Insensata l’impazienza del “attacca subito” in alcune esecuzioni. Seguono il contrastato avvio tre movimenti di alleggerimento che complessivamente superano di pochi minuti la durata dell’interminabile primo.
Distesa danza popolare, in forma di rondò, l’Andante moderato, secondo tempo. Un poco affannata e a tratti caustica la rielaborazione orchestrale del lied, dal Magico corno del fanciullo, “Antonio da Padova predica ai pesci”, perno del terzo tempo Tranquillo e scorrevole. Nel quarto, “Urlicht” Luce primordiale, il contralto canta i versi di una speranzosa poesia, anch’essa tratta Dal Magico Corno del Fanciullo. La carezzevole cantilena è suggestivamente doppiata da ottoni, in pianissimo, posti nei corridoi del retropalco. Ma non è finita qui! Subito attacca un’assordante fanfara, a piena orchestra, l’inizio del 5° tempo “in tempo di Scherzo” che parrebbe significare il superamento delle difficoltà, così evidenti nel tempo iniziale, e di stare per lanciare il canto liberatorio del coro che, spettatore muto, ha pazientato più di 50 minuti in attesa del consenso alla partenza. L’attesa continua, manipolando a dovere la cellula tematica del Dies Irae, si susseguono, come nel tempo d’avvio, a slanci perentori altrettanto perentori ripiegamenti. La tensione è mantenuta costante e finalmente dopo 20 minuti, una pattuglia fuori scena di corni e di trombe, con un pianissimo da 3p, seguito da un trillare di ottavino, quasi un usignolo nella notte, chiama il coro che, anch’esso in 3P, intona a cappella “Aufersteh’n, ja auferste’n wirst du” Risorgerai, sì tu risorgerai. La conclusione, dopo che il coro con pieno vigore ha intonato i versi Risorgerai, sì tu risorgerai, cuore mio, in un istante! Quello che tu hai vinto, ti porterà a Dio!, è in due pagine affermative, un fortissimo a piena orchestra.
Tutto ciò ha richiesto all’autore un immane sforzo anche manuale, in un periodo in cui i supporti digitali alla scrittura musicale erano inesistenti. Per l’esecuzione è prescritta un’orchestra dalle dimensioni inconsuete, 100 elementi a dir poco, a cui si devono unire 80 coristi e 2 voci soliste. A quei tempi, non ci dovevano proprio essere grossi problemi nei budget delle società di concerti.
Fabio Luisi, direttore emerito dell’orchestra, specialista del passaggio di secolo austrotedesco, ha dimostrato la consueta navigata eccellenza. La sua è stata una direzione toscanineggiante, se mai Toscanini avesse diretto Mahler: dominio con chiarezza e sicurezza dell’insieme orchestra-coro, tempi scanditi e suono ben definito. Netta prevalenza di un fraseggio affermativo e spigoloso che mette in secondo piano cantabilità ed indugi. Infastidisce, a tratti, l’acconsentire ad eccessivi clangori di timpani ed ottoni. Non si coglie la suggestione dei richiami da lontano di corni e trombe, che suonano troppo presenti, pur avendo abbandonato le fila in sala per passare al retropalco. È stata un’interpretazione sommariamente solare, forse dimentica che, in quei tempi di disfacimento dell’antico impero austroungarico, per le vie di Vienna si aggirava anche Sigmund Freud, di Mahler quasi coetaneo, conterraneo e correligionario. Gli almeno 5 minuti di pausa al termine del primo tempo si sono lamentevolmente ridotti a qualche secondo oltre al minuto. La giustificazione potrebbe essere che tutti fanno così.
Del Coro del Teatro Regio e del suo Maestro Andrea Secchi non si può che lodare, in un repertorio che non gli è tipico, una prestazione consapevole. L’attacco a cappella, in un miracoloso pianissimo, di Aufersteh’n, ja auferste’n è stato un momento indimenticabile che valeva la serata. Successivamente, la perentorietà sonora di Luisi, ha portato con sé anche quella del coro.
Inappuntabili i contributi del Soprano Valentina Farkas, nel suo breve ma significativo intervento nel finale, e del Contralto WIEBKE LEHMKUHL, dal timbro ricco, bellissimo e fascinoso che ha splendidamente colorato di tinte cangianti la luce primigenia. Una voce che vorremmo veramente ancora ascoltare nell’Abschied del mahleriano Canto della terra. Da ultimo, i complimenti all’OSN RAI non sono mai eccessivi. La compagine torinese si conferma ai vertici, non solo italiani, delle orchestre sinfoniche. Si nota come l’intensissimo lavoro estivo, in tournées e festival, abbia ulteriormente consolidato la qualità del suono e l’accordo tra le parti. L’impegno della serata è stato straordinario così come la qualità della prestazione. Sarebbe ingeneroso citare sezioni e trascurarne altre, perché tutte, tirate allo spasimo, hanno reso al massimo. Si sa comunque che da percussioni, ottoni e legni, nelle sinfonie mahleriane, si richiede più del consueto e nell’Auditorio di Piazza Rossano si è ascoltato assai più e meglio del consueto.
L’auditorio, con il palco ornato da fiori, fronde e frutti autunnali, era affollato, da tutto esaurito, da un pubblico entusiasta. Un liberatorio interminabile applauso finale ha suggellato la serata, accomunando nel ringraziamento oltre ai direttori di orchestra e coro, le due soliste e tutti gli artisti di orchestra e coro. Una serata di strepitoso successo. La RAI, con le dirette su RAI5, Radio3 e lo streaming dal sito dell’orchestra, ha diffuso la serata e consentirà riascolto e visione per un buon lasso di tempo.