Staatsoper Stuttgart, Stagione Lirica 2022 / 23
“SIEGFRIED“
Seconda giornata della sagra scenica Der Ring des Nibelungen, in tre atti
Libretto e musica di Richard Wagner
Mime MATTHIAS KLINK
Der Wanderer TOMMI HAKALA
Alberich ALEXANDRE DUHAMEL
Fafner DAVID STEFFENS
Waldvogel BEATE RITTER
Erda STINE MARIE FISCHER
Brünnhilde SIMONE SCHNEIDER
Staatsorchester Stuttgart
Direttore Cornelius Meister
Regia e Drammaturgia Jossi Wieler e Sergio Morabito, ripresa da Jörg Behr
Scene e Costumi Anna Viebrock
Luci Dieter Billino
Stuttgart, 9 ottobre 2022
Il nuovo allestimento del Ring wagneriano prodotto dalla Staatsoper Stuttgart prosegue in questi giorni con il Siegfried. Dopo Das Rheingold affidato a Stephan Kimmig e la inusuale proposta della Walküre messa in scena da tre diversi team registici, uno per ciascun atto, per la seconda giornata della monumentale saga scenica ideata da Wagner il teatro ha ripropoto la produzione allestita nel 1999 da Jossi Wieler e Sergio Morabito, come terza parte del famoso Stuttgarter Ring andato in scena tra il 1999 e il 2000 e affidato a quattro registi diversi: Joachim Schlömer per Das Rheingold, Christof Nel per Die Walküre, Jossi Wieler e Sergio Morabito per il Siegfried e Peter Konwitscnhy per la Götterdämmerung. Una messinscena che ricevette grandi consensi di pubblico e critica, ricordato ancora oggi tra i risultati artistici più significativi della gestione di Klaus Zeheilein, trasmesso più volte dai canali televisivi tedeschi e disponibile anche in DVD. Del resto, le produzioni wagneriane della Staatsoper Stuttgart hanno sempre goduto di notevole rinomanza. Negli anni Sessanta, la Württembergiche Staatsoper era addirittura definita la Winterbayreuth per la qualità degli spettacoli e la presenza fissa nei cartelloni di artisti come Wieland Wagner e Wolfgang Windgassen, che hanno scritto pagine fondamentali nella storia interpretativa di Wagner. Una tradizione wagneriana che ha radici antiche: va ricordato che Stuttgart fu la prima città tedesca ad allestire una propria messinscena del Ring dopo quella originale di Bayreuth e che i Bayreuther Festspiele hanno sempre potuto contare su una forte presenza di orchestrali e coristi provenienti dalla Staatsoper. Ancora oggi, questo teatro annovera tra il pubblico molti appassionati wagneriani, tanto che le esecuzioni delle opere del compositore di Leipzig sono sempre tra quelle per cui occorre prenotare i posti con molto anticipo. Per chi viene ad assistere a una rappresentazione wagneriana a Stuttgart, tutto questo si nota dalla concentrazione assoluta con la quale il pubblico della Staatsoper assiste all’ esecuzione e nell’ affinità stilistica istintiva con cui orchestra e coro eseguono una musica che per i musicisti rappresenta davvero una sorta di lingua madre.
Lo Stuttgarter Ring fu appunto uno tra i più felici risultati artistici di questa tradizione, e la regia del Siegfried ideata da Jossi Wieler e Sergio Morabito appare ancora attuale a distanza di ventitrè anni. L’ idea di fondo su cui si basa la regia è quella di personaggi che si muovono in un mondo atemporale e spersonalizzato, reso in maniera dcisamente molto efficace dalle scene di Anna Viebrock. Nel primo atto, Mime vive con Siegfried in una specie di spelonca in rovina e la scena degli enigmi con il Wanderer è realizzata con i personaggi che si minacciano con una pistola. Il secondo atto è ambientato in una zona oscura delimitata da un reticolato elettrificato mentre nel terzo la stanza dove si svolge il colloquio tra Wotan ed Erda si muta alla fine della scena, con un effetto molto spettacolare, in una lussuosa camera da letto dove giace l’ addormentata Brünhilde. Anche se sono presenti i principali oggetti di scena come la spada Notung e la lancia di Wotan, il lato debole di questa concezione registica è che il mondo magico e mitico della natura tradotta in realtà sonora dalla musica di Wagner passa in secondo piano, a faore di una recitazione abbastanza chiaramente ispirata ai drammi di Strindberg e Ibsen. A parte questo rilievo, lo spettacolo si fa comunque apprezzare per una recitazione complessiva sobria, efficace e soprattutto senza cadute di gusto e volgarità inutili.
Per quanto riguarda la parte musicale, la direzione di Cornelius Meister ci è sembrata non molto in sincronia con la messinscena, che avrebbe richiesto una lettura aspra, di stile quasi espressionistico. Il quarantaduenne Generalmusikdirektor della Staatsoper ha impostato invece la sua interpretazione dando un forte rilievo agli episodi lirici e a un tono di progressiva carica passionale culminante nell’ ebbrezza passionale ed estatica del „leuchtende Liebe, lachender Tod“ che conclude in maniera grandiosa la partitura. La Staatsorchester Stuttgart ha suonato con quella precisione e compattezza sonora che la rendono uno tra i migliori complessi strumentali tedeschi. Molto buona la resa di tutta la compagnia di canto, quasi interamente composta da cantanti che debuttavano nei rispettivi ruoli. Il cinquantaduenne tenore americano Daniel Brenna, che già aveva interpretato qui a Stuttgart il ruolo di Siegfried e quello del Tambourmajor nel Wozzeck con esiti notevoli, è stato un protagonista di voce solida e ben gestita. Dopo un primo atto amministrato con una certa cautela, soprattutto nella tessitura durissima della scena conclusiva, Brenna ha fornito una prestazione in crescendo, con una resa complessiva perfettamente adeguata alle grosse difficoltà vocali di una parte tra le più faticose che esistano. Notevolissima anche la Brünnhilde di Simone Schneider, una tra le artiste più amate dal pubblico di Stuttgart, soprattutto per le sue splendide interpretazioni straussiane. Dopo le sue ottime caratterizzazioni come Elsa e come Sieglinde, la cantante di Hagen ha impressionato per sicurezza vocale e capacità di reggere una tessitura impegnativa come poche altre. Autorevole nel fraseggio il Wanderer del basso-baritono finlandese Tommi Hakala, capace di accenti significativi espressi tramite una voce risonante e ben proiettata. Molto bravo anche Matthis Klink, il tenore nativo di Fellbach anche lui uno tra i beniamini dei melomani di Stuttgart, per la vivacità e l’ arguzia ficcante del fraseggio. Molto interessante è stata anche la Erda del mezzosoprano lipsiense Stine Marie Fischer, per il bel timbro scuro e omogeneo in tutta la gamma. Adeguate vocalmente e scenicamente erano anche le caratterizzazioni di David Steffens come Fafner e del baritono francese Alexandre Duhamel come Alberich, cosí come il Waldvogel del soprano austriaco Beate Ritter. Successo entusiastico alla fine, con grandi festeggiamenti anche a Jossi Wieler, venuto ad assistere alla ripresa della sua creazione.