Opéra-ballet in due atti su libretto di C.R.Mendouze. Prima rappresentazione: Salle Montansier dell’Opéra di Parigi il 4 ottobre 1803.
La partitura cherubiniana appartiene al periodo così detto Parigino del grande compositore. Luigi Cherubini (Firenze nel 1760 – Parigi 1842), quando ebbe ventotto anni emigrò infatti nella capitale francese dove peraltro era già stato. Qui si liberò dalla “narcosi della consuetudine” che pesava sul teatri italiani: la riforma di Gluck (e le conseguenti “querelles” tra i seguaci del compositore tedesco e gli ammiratori di Niccolò Piccinni) stimolarono in in Cherubini un’ansia di rinnovamento o meglio di approfondimento del suo stile compositivo. Demophoon è la prima tappa del cambiamento. Rappresentata a Parigi nel dicembre del 1788, l’opera ebbe una accoglienza fredda. Gli intenditori più attenti riuscirono a vedere fino dall’ ouverture che la partitura portava il segno di un nuovo stile e s’innalzava all’altezza del ispirazione beethoveniana. Nelle opere successive (Lodoiska, Medéé…) la rivoluzione cherubiniana, maturata in un costante lavoro, si apriva a vari orizzonti. Molte partitura di allora odoravano di muffa accademica: ma queste di Cherubini erano nel rigore dell’architettura musicale, vive, originali, avevano un piglio drammatico antiretorico, una struttura ritmica incalzante, accento umanissimo, pura linea melodica. I personaggi, anche quelli mitologici ed eroici furono trattati dal compositore con calore, con la forza folgorante del rinnovatore geniale. Con la forza delle passioni il Cherubini sapeva scolpire, in tutti i suoi aspetti, non in abbozzata fisionomia, la persona umana, di cui il personaggio è una proiezione universale. L’opèra-ballet Anacréon (anche questa accolta freddamente dal pubblico parigino) è una partitura magistrale su un alquanto debole libretto di Mendouze. Tra le mani di Cherubini acquisisce però una composta ed elevata bellezza. L’ouverture, la prima aria di Corine e la sua canzone (“Jeune filles aux regardes doux”), le danze di Athénais, la tempesta che chiude il primo atto con i drammatici interventi vocali, il racconto di Amore, sono pagine di altissima levatura musicale.
La Trama
Atto primo – La giovane Corine (soprano) si strugge d’amore per il poeta Anacréon (tenore), nonostante disperi di essere corrisposta del grande poeta. È un giorno di festa due schiave (soprano e mezzosoprano) invitano la fanciulla di intonare un canto. Corine inneggia all’amore e alla bellezza della vita, poi chiede ad Athénais (soprano) di rallegrare la festa con le sue danze. Giunge Anacréon. Le schiave sanno che il poeta ama Corinee lo confortano: nel suo cuore dubbioso Anacréon nasconde la tristezza della fuggita giovinezza. Scoppia un temporale. Da lontano si ode la voce di un fanciullo implorare aiuto. Il fanciullo è Amore (soprano) sfuggito alle cure della madre, Venere.
Atto secondo
Il poeta ha accolto in casa Amore: lo interroga per sapere di dove venga. Amore dapprima commuove Anacréon con il falso racconto della sua infanzia infelice, poco dopo però si comporta in un modo irriverente e malizioso. Irritato Anacrén decide che il fanciullo dovrà essere restituito ai genitori. Amore si difende fieramente. Il poeta ancora una volta cede, mentre un sentimento dolcissimo lo invade. D’un tratto uno squillo di tromba. Una schiava porta un messaggio di Venere: la dea ha perduto il figlio e prometti di realizzare ogni desiderio di colui che glielo ricondurrà. Amore è smascherato e ancora una volta, cerca di commuovere con le sue lacrime Anacréon e Corine. Ma ecco giungere Venere (soprano) disposta a mantenere la promessa. Anacréon chiede di poter trascorrere la sua vita al fianco di Corine. Amore promette felicità e gloria all’anziano poeta.
In allegato il libretto dell’Opera