Verona, Teatro Filarmonico, Il Settembre dell’Accademia 2022
Academy of St. Martin in the Fields
Direttore e Violinista Joshua Bell
Ludwig van Beethoven: “Egmont”, ouverture op. 84; Pëtr Il’ič Čajkovskij: Concerto per violino e orchestra in re maggiore op. 35; Ludwig van Beethoven: Sinfonia n. 7 in la maggiore op. 92
Verona, 12 settembre 2022
Per il secondo appuntamento del Settembre dell’Accademia, prestigioso festival internazionale che porta a Verona le orchestre più blasonate, era molto attesa la formazione londinese dell’Academy of St. Martin in the Fields, celebre per le sue interpretazioni brillanti in particolare della musica del Settecento. Creata nel 1958 da Sir Neville Marriner, già violinista della Philarmonia Orchestra e della London Symphony, l’orchestra riunì da subito i migliori musicisti creando quel suono elegante e raffinato che ancora oggi ne contraddistingue le esecuzioni. Il nome si deve all’omonima chiesa situata a Trafalgar Square dove ebbe luogo il primo concerto nel 1959. Inizialmente gli incontri musicali avvenivano con un gruppo di archi, senza direttore, ma ben presto la formazione si allargò alla sezione fiati e percussioni ampliando così il repertorio anche al classicismo viennese ed alle opere teatrali di Mozart e Rossini. Negli anni si è anche presentata come orchestra sinfonica per eseguire Schubert e Schumann e nel 1975 venne costituito anche il coro omonimo che, sotto la guida di Làszlo Heltay, si è distinto per l’impeccabilità tecnica e per la pulizia di suono. L’Academy of St. Martin in the Fields vanta inoltre una vasta discografia con L’Oiseau-Lyre, Decca e Philips e nel 1985 vinse il Grammy Award con la colonna sonora del film “Amadeus”. Al Filarmonico si presentava con il suo attuale direttore, il celebre violinista americano Joshua Bell che ha scelto per i due lavori di Beethoven di rinunciare alla bacchetta per guidare l’esecuzione da spalla, seduto con i violini come primus inter pares. La serata si è aperta con l’ouverture Egmont, il brano più celebre delle musiche di scena scritte per la tragedia di Goethe; la superba fierezza del comporre beethoveniano è emersa da subito, nella pulizia degli archi ma anche nel nitore degli ottoni, soprattutto dei corni la cui intonazione perfetta e la spavalderia negli attacchi (mai però sguaiata) richiamavano con efficacia la terribile scure che il Duca d’Alba fece sibilare sulla testa di Egmont Lamoral. Una lettura brillante dal cui impeto narrativo è scaturita la fascinazione per uno degli eroi dell’indipendenza belga; l’allegro finale che chiude questa pagina è stato un vero tripudio di suono che ha strappato applausi vibranti ed entusiasti. A seguire, Joshua Bell ha offerto all’ascolto quel capolavoro che è il concerto per violino di Čajkovskij, banco di prova tra i più difficili per gli esecutori; scritto nel 1878 e rifiutato da due violinisti (tra i quali Leopold Auer) per le difficoltà tecniche, fu stroncato da Eduard Hanslick che lo definì “musica selvaggia dove il violino non suona ma raglia”. Giudizio impietoso dal momento che di lì a poco questo concerto cominciò giustamente a diffondersi in Europa e nel mondo. Bell lo ha eseguito con grande perizia tecnica, tale da rendere lo sforzo esecutivo come fosse un gioco da ragazzi, con l’intonazione esemplare ed una cavata di suono formidabile; una vera e propria lotta tra cantabilità e virtuosismo, in uno sforzo teso al più limpido dei fraseggi musicali, e che il violinista americano ha saputo riversare nel suo portentoso Stradivari del 1713. A chiusura del concerto vi era ancora Beethoven con la sua Sinfonia n. 7 che ha confermato lo stato di grazia dell’orchestra; questo superbo capolavoro sinfonico, definito da Wagner Apoteosi della danza, vede il ritmo ergersi ad elemento stesso che genera il flusso creativo. In questo i musicisti londinesi sono stati magnifici soprattutto nei movimenti forti, poco meno (in realtà scarsamente apprezzabile) nell’Allegretto dove era comunque sedimentata una certa cantabilità più ritmica che melodica. Fino a qui il programma ufficiale, il bis concesso è arrivato però al termine della prima parte, dopo il concerto di Čajkovskij, con un omaggio alla memoria di Queen Elizabeth: il tema principale del film Ladies in Lavender, le cui musiche sono di Nigel Hess e le cui protagoniste erano legate da amicizia con la regina. Applausi calorosi da parte del vasto pubblico (da tempo non si vedeva il Filarmonico così pieno) che ha mostrato di gradire un programma godibile e di eccezionale cifra esecutiva. Foto Brenzoni