Milano, Teatro Franco Parenti:”La vita davanti a sé”

Milano, Teatro Franco Parenti, Stagione di Prosa 2022-23
LA VITA DAVANTI A SÉ”
tratto dal romanzo La vie devant soi
di Romain Gary (Émile Ajar) traduzione Giovanni Bagliolo edizione Biblioteca Neri Pozza
con SILVIO ORLANDO
Ensemble dell’Orchestra Terra Madre
Riduzione e regia Silvio Orlando
Direzione musicale Simone Campa
Scene Roberto Crea
Costumi Piera Mura
Disegno luci Valerio Peroni
Produzione Cardellino Srl
Spettacolo vincitore Le Maschere del Teatro Italiano 2022 per Miglior monologo
Milano, 20 settebre 2022
Qui il calendario di tutte le repliche

È ormai un paio d’anni che Silvio Orlando – probabilmente sulla scia dell’enorme successo internazionale che il film ha ottenuto – porta a teatro “La vita davanti a sé” di Romain Gary, il testo che ha riportato in auge all’ultimo decennio l’autore franco-lituano, già celebre negli Anni Settanta e poi caduto nell’oblio per il celebre inganno che ordì contro l’Académie de France (fu l’unico autore a vincere due volte il Premio Goncourt, poiché la seconda volta usò lo pseudonimo di Émile Ajar e suo zio come sostituto in carne e ossa). “La vita davanti a sé” – proprio il romanzo che portò a Émile Ajar il Goncourt nel ’75 – è senza dubbio il suo più celebre, portato sullo schermo già da una intensa Romy Schneider prima, e da Sophia Loren più di recente: un romanzo che ha esercitato la sua influenza su Pennac e ha sdoganato il volto agrodolce di quella Belleville protagonista di tante opere degli ultimi quarant’anni. Orlando lo riduce – ma neanche troppo – in un monologo che non conosce noia o tempi morti, gestito con il magistrale tocco di un interprete ormai ben più che navigato delle nostre scene. L’abilità migliore di Orlando è quella di rimanere esattamente se stesso sul palco, e contemporaneamente creare una dozzina di personaggi su di sé, con pochi accenti e una straordinaria intensità di narrazione. Accanto a lui, incaricati di alcuni brevi ed efficaci flash musicali tra una scena e l’altra – e di una lunga coda concertistica di cui avremmo pure fatto a meno – l’Ensemble dell’Orchestra Terra Madre diretta dal maestro Simone Campa, un gruppo di bravi musicisti intenti a rappresentare la multietnicità della Belleville descritta, unendo strumenti tipicamente occidentali (tra i quali il francesissimo accordéon) e altri delle tradizioni mediorientali e africane. La vicenda è quella di un bambino affidato a una vecchia ex prostituta, sopravvissuta ad Auschwitz, gestrice di un ricovero per i figli indesiderati delle prostitute parigine: il piccolo Momo cerca il suo posto nel mondo, tra madri sognate, distorsioni d’infanzia e un’atmosfera quasi almodovariana, in un mondo – la banlieu – dove già negli Anni Settanta la polizia si vedeva poco e male e la legge della strada la faceva da padrona. Momo è musulmano, ma impara presto cosa voglia dire essere francese ed essere ebreo, a rispettare se stessso e gli altri e a farsi rispettare, vero piccolo eroe del XX secolo – e forse ancora di oggi. La prova di Orlando, che emoziona, fa ridere e piangere, e non conosce cali di alcun tipo, si incornicia in una scena inaspettatamente ricca – curata da Roberto Crea e dominata da una specie di palazzo in cartapesta che ricorda i palazzi celestiali di Kiefer – ma in realtà funzionale alle molte vicende raccontate: vi troviamo le sedioline dei bambini compagni di Momo, la poltrona di Madame Rosa e il suo “cantuccio ebraico”, lo stereo di Madame Lola, transessuale con una passione per Françoise Hardy, e gli altri piccoli indispensabili oggetti che il racconto porta con se. Le luci di Valerio Peroni sono suggestive e perfettamente corrispondenti ai cambi di registro e/o di tensione della storia. Se proprio dovessimo trovare un “ma”, un neo a questa produzione, esso risiederebbe nel format stesso dello spettacolo: un monologo ha i suoi limiti, di certo; tuttavia, è innegabile che sia l’Orlando attore che l’Orlando regista si impegnino a fondo per non farceli percepire, e quasi riescono nel’intento. Bene così. Si replica un po’ in tutta Italia fino alla primavera. FOTO © Gianni Biccari, Salvatore Pastore, Laila Pozzo