Nikolaj Georgiev Gjaurov , noto in Italia come Nicolai Ghiaurov; (13 settembre 1929, Velingrad, Bulgaria – 2 giugno 2004, Modena)
C’è qualcosa nel suono primordiale di un basso slavo che scende in fondo all’anima e fa scorrere gli umori dell’immaginazione. Quel tono un po’ granuloso, quel profondo timbro oscuro, quell’aria di melanconia e di tetraggine evocano un mondo speciale, uno spesso carico di dolore e di disperazione, perfino di intenti diabolici. Per il mondo occidentale, il galvanizzante Feodor Chaliapin è il compendio dell’eterno basso russo, la figura che ha lasciato il suo segno Incancellabile sullo zar Boris Godunov ed in altre grandiose figure. Poi vennero Alexander Kipnis ed il basso bulgaro Boris Christoff. Infine, un altro bulgaro, Nicolai Ghiaurov ha regnato su questo speciale repertorio.
A metà degli anni ’50 Ghiaurov studiava ancora canto, ma era un allievo che aveva conquistato i massimi riconoscimenti al conservatorio di Mosca. La vincita del Prix de Paris fu il varo di una carriera che si mosse in rapida successione da centro operistico europeo a un centro operistico mondiale. Alcune acclamate apparizione a Chicago lo portarono, nel 1965, al suo debutto al Metropolitan nel Faust. Dovunque Ghiaurov andasse, era chiaro che una voce e una figura eccezionali stavano portando avanti una nobile tradizione.
Ma Ghiaurov non era sempre stato un cantante. Nella sua città le città natale in Bulgaria, aveva inizialmente attirato l’attenzione come un bravo pianista, violinista e clarinettista, che mostrava talento musicale unito a quello di attore in lavori sia scolastici sia professionali. Solo dopo che la sua voce cambiò, apparvero segni che suggerivano che sarebbe potuto diventare un cantante. Ma a quel tempo aveva deciso di diventare direttore d’orchestra. Ghiaurov continuò a perseguire questo sogno anche quando, con l’aiuto del compositore bulgaro Peter Stainov, ricevette una borsa di studio per studiare accanto a Mosca, dove rimasi cinque anni. Il basso fa frutto di tutte le sue esperienze, ritenendo che il suo contributo vocale all’opera deve fare un tutt’uno con l’intero concetto musicale e drammaturgico. “Le parti che scelgo, ha detto, “devono essere storicamente provocanti ed emotivamente soddisfacenti, qualcosa in cui mi possa immergere.”
Ghiaurov non sembra emulare la marcata teatralità di Chaliapin, almeno quella descritta dagli scrittori: invece, si avvicina in modo più tranquillo, più moderno, a Boris, a Filippo II, a Mefistofele. La sua statura e del fisico atletico naturale gli permettono di dotare la sue personificazioni di belle caratteristiche virili. La sua lunga collaborazione con la Scala, di in particolare con Claudio Abbado, come pure con Salisburgo ed Herbert Von Karajan, l’hanno portato alle interpretazioni riccamente delineate di Fiesco (Simon Boccanegra), di Banco (Macbeth), di Filippo II (Don Carlo), di Zaccaria (Nabucco). Nel frattempo i suoi lavori slavi comprendono la Chovanscina, Eugenio Onegin e Una vita per lo zar. I confronti con Chaliapin, perfino con Christoff, sono sempre inevitabili, anche se Ghaiurov preferisce evitarli. “Preferisco essere un piccolo primo Ghaiurov che un grande secondo Chaliapin”, disse all’inizio della sua carriera. Indipendentemente da come lo si vuole indentificare, Nicolai Ghiaurov ha saputo conquistare la corona nel mondo tragico e demoniaco dei bassi. ( Estratto da “Gente dell’Opera” di Robert M.Jacobsen, foto di Christian Steiner, New York 1982)