Torre del Lago, 68° Festival Puccini 2022: “Tosca”

Torre del Lago (LU), Gran Teatro “Giacomo Puccini”, LXVIII Festival Puccini
TOSCA”
Melodramma in tre atti su libretto di Giovanni Giacosa e Luigi Illica, dal dramma omonimo di Victorien Sardou.
Musica di Giacomo Puccini
Floria Tosca SVETLANA AKSENOVA
Mario Cavaradossi IVAN MAGRÌ
Il barone Scarpia ROBERTO FRONTALI
Cesare Angelotti WILLIAM CORRÒ
Il sagrestano GIULIO MASTROTOTARO
Spoletta SHOHEI USHIRODA
Sciarrone ALESSANDRO CECCARINI
Un carceriere IVAN CAMINITI
Un pastorello GAIA NICCOLAI
Orchestra, Coro e Coro delle Voci Bianche del Festival Puccini
Direttore Enrico Calesso
Maestro del Coro 
Roberto Ardigò
Maestro del Coro delle Voci Bianche Viviana Apicella
Regia Scene e Costumi Pier Luigi Pizzi
Luci Massimo Pizzi Gasparon
Allestimento Fondazione Festival Puccini
Torre del Lago, 26 agosto 2022
Come ogni chef – anche il più grande – ha un piatto che proprio non gli riesce come vorrebbe, così il Festival Puccini sembra inseguire, in questi anni, “Tosca”, senza riuscire a trovare mai la giusta soluzione, l’equilibrio auspicato tra musica e teatro, ma anche tra buca e scena, tra scena e backstage e via dicendo. Il tentativo di questa edizione è dei più alti, giacché si recupera un allestimento di Pier Luigi Pizzi del 2013. La scena, sia chiaro, è minimale, quasi allo sfinimento: la giustamente molto celebrata pulizia dell’estetica pizziana, qui diventa quasi simbolica rarefazione, due porte, due statue, una scala in cima alla quale sta un altare o la Pietà di Michelangelo, e il cupolone dietro per dare un’idea di generica romanità – il tutto in due soli colori, bianco e grigio. L’ambientazione è Anni Trenta, almeno nei bei costumi (sontuoso il capo spalla rosa di Tosca nel secondo atto, forse azzardato il completo giacca pantalone androgino del terzo), ma anche questa è più una suggestione che una chiave di lettura: ne è la prova dello Scarpia/Mussolini che non ha un gesto del dittatore italiano, anche un vezzo, per renderlo più riconoscibile, uniforme a parte. D’altra parte, i rapporti tra personaggi sono ben organizzati, sia nelle pagine d’amore sia in quelle di massa, con chiare vette nel “Te Deum” magnifico e austero e nell’inizio del terzo atto, nel quale dieci giovani figuranti in penombra, tutti muniti di sigaretta, richiamano alla mente sia le Camicie Nere che i ragazzi di vita di pasoliniana e genettiana memoria, creando un contraltare torrido e violento all’arietta popolare del pastorello e all’imminente “E lucevan le stelle”.
Il cast di questa ripresa, ahinoi, non contribuisce se non in minima parte alla possibile riuscita della serata: la direzione del Maestro Enrico Calesso è senza dubbio sicura ed equilibrata, anche se troppo al servizio della scena, a discapito, talvolta, dei giusti ritmi di partitura – ci sembra tutta largheggiante, e in special modo generosa con Cavaradossi. Svetlana Aksenova è una Floria Tosca dalla linea di canto rigida e nervosa, pochi colori e un’intonazione qua e la calante. La sua è un’interpretazione senza particolare “appeal”, che solo nel “Vissi d’arte” sembra trovare un momento di morbidezza ed espressività. Anche scenicamente, la cantante appare a disagio, vaga come dsorientata sulla scena – che certo nel suo minimalismo non l’aiuta. Ivan Magrì, dalla sua, è un Cavaradossi all’estremo opposto, con qualche eccesso “istrionico”: tuttavia va riconosciuta al tenore una naturale musicalità, un fraseggio abbastanza maturo e una buona tecnica, che per lo meno lo avvicinano al ruolo – “Recondita armonia”, ad esempio, è interpretata con la giusta sognante prudenza, nel crescendo  del trasporto per Floria. Pienamente a fuoco l’interpretazione di Scarpia di Roberto Frontali. La solida esperienza, l’intelligenza e sicurezza del cantante fanno sì che il personaggio è colto in tutte le sue sfaccettature, senza inutili forzature veriste dai toni truci.  Un plauso anche al sacrestano di Giulio Mastrototaro, che, fuori dai soliti schemi caricaturali, costruisce qui un personaggio di un pio servo, gretto delatore del regime. La voce è solida, il fraseggio efficace. Tra gli altri ruoli di lato spicca il carceriere  di Ivan Caminiti per la pulizia della parola e il colore pieno della voce. Sul piano della correttezza tutti gli altri:  William Corrò (Angelotti), Alessandro Ceccarini (Sciarrone), Shohei Ushiroda (Spoletta) e Gaia Niccolai (Pastorello). Eccellente il Coro del Festival Puccini, e anche le Voci Bianche che sorprendono per coesione e buona emissione (un plauso ai maestri Roberto Ardigò e Viviana Apicella). Purtroppo questi piacevolissimi piccoli apporti non riescono a colmare le più ingenti aporie degli interpreti principali e della scena scarnissima, e si arriva alla fine stanchi e annoiati di ciò che si è visto e sentito – persino il pubblico applaude più ritroso del solito. Peccato: sarà per la prossima “Tosca”.