Torino, Regio Opera Festival 2022: “Tosca”

Torino, Cortile di palazzo Arsenale, Regio Opera Festival seconda edizione.
“TOSCA”
Dramma lirico in tre atti su libretto di Luigi Illica e Giuseppe Giacosa da “La Tosca” di Victorien Sardou

Musica di Giacomo Puccini
Floria Tosca  MARIA  AGRESTA

Mario Cavaradossi  GIORGIO  BERRUGI
Il Barone Scarpia  ELCHIN  AZIZOV
Il Sagrestano  DONATO  DI GIOIA
Spoletta  ENZO PERONI
Cesare Angelotti  ENRICO DI GERONIMO
Sciarrone LORENZO BATTAGION
Un carceriere  RICCARDO MATTIOTTO
Un pastorello  VIOLA CONTARTESE
Orchestra e Coro del Teatro Regio di Torino                                      Coro di voci bianche del Teatro Regio Torino
Direttore Stefano Ranzani
Maestro del coro Andrea Secchi                                                    Maestro del coro di voci bianche Claudio Fenoglio
Regia Vittorio Borrelli
Scene Claudia Boasso
Costumi Laura Viglione
Luci Christian Zucaro
Nuovo allestimento del Teatro Regio Torino
Torino, 5 luglio 2022
Il Regio Opera Festival prosegue, con gran successo di pubblico e del botteghino, nell’ormai mitico cortile dell’Arsenale. Tosca è la nuova e vincente tappa del percorso. Una Tosca “della nonna”, dal sapore antico: da un passato idealizzato vengono ripescati gusto, aspetto, profumo e colore, e riproposti come parrebbe fossero. Nessun azzardo e nessuna astruseria, scene semplici e comprensibili, luci che fanno luce e costumi adeguati al passaggio di secolo del libretto. Suppellettili e mobili sono pochi e lineari, obbligatoriamente di stile indecifrabile. Gli attori sono liberi di muoversi a piacere con le sole avvertenze di non intralciarsi e di ricordare, visto che il pubblico sta in platea, di rigorosamente volgersi ad esso quando c’è l’aria o il cantabile. Le interazioni tra personaggi richiederebbero troppe prove e tempi lunghi, meglio ridurre tutto al minimo. Per il Te Deum poi, c’è sempre l’usato sicuro zeffirelliano: mille tra coristi e comparse, stipati sul palco in rigoroso schieramento simmetrico, intabarrati con tutte le sottane “prelatesche”, “pretesche”, “fratesche” e “suoresche” disponibili, che meravigliosamente elevano l’inno di lode e di ringraziamento fissando il pubblico pagante, in teatro, unico vero dio.
Da Vittorio Borrelli, provvidenziale, affidabile e consumato allestitore di tutti gli spettacoli fatti in casa del Regio, vorremmo conoscere perché la serata si sia aperta, a luci ancora spente, con una voce sommessissima che recita il testo di “lucean le stelle” facendo temere a tutti il ripetersi degli sproloqui sentiti nella Carmen del mese passato. Vorremmo avere poi la conferma dellaa sua nuova, molto efficace, intuizione registica: Cavaradossi non viene ucciso dal plotone di esecuzione che, in ubbidienza all’ambiguo ordine di Scarpia, ha armi caricate a salve ma da una pistolettata alla schiena del fido Spoletta. Le luci che devono vincere la concorrenza di uno splendido tramonto, solcato da stridenti storni, sono di Christian Zucaro. Magistrale la sottolineatura tragica della scena di tortura tramite l’arrossamento di tutto il palcoscenico. Sant’Andrea della Valle in tre maxi-pannelli, palazzo Farnese con due dipinti di Annibale Carracci e infine l’Angelo di Castel Sant’Angelo in cartapesta, sono le belle e funzionali ambientazioni sceniche di Claudia Boasso. Per Tosca Laura Viglione confeziona, nell’atto iniziale, un lungo abito bianco con candida stola da sventolare, nel resto della recita al bianco si sostituisce un assai appariscente verde smeraldo, trapuntato di luccicanti swarovski. Gli altri, tutti maschi, vestono come ci si dovrebbe sempre vestire quando si fa Tosca. Maria Agresta si conferma una delle più belle voci in circolazione. Non denuncia mai fatica, sfuma il suono con milioni di colori e la voce, nel pur difficile Cortile dell’Arsenale, corre. La lama è lucentissima e il vissi d’arte, dopo un memorabile attacco in pianissimo, si espande in struggente lirismo. Tosca appassionata, mai aggressiva, fatica a trasformarsi in tigre e il proto-verismo dei “quanto” e “il prezzo” le sono, almeno per ora, sostanzialmente estranei. È una voce, quella del soprano campano, tecnicamente e psicologicamente intatta che, controvoglia, si assoggetta all’urlo e al grido. Nei duetti con Cavaradossi e con Scarpia si sente trascinata ad un confronto a cui volentieri si sottrarrebbe. Tutte le passioni sono filtrate e moderate da una tecnica e da una vocalità controllatissime. Un Vissi d’arte strepitoso e applauditissimo la fa trionfatrice della serata. Giorgio Berrugi, è un tenore “a modo”, ben preparato, dal caldo timbro lirico. Se fatica un poco a scalare il pentagramma, il suo Vittoria! Vittoria! è a fuoco e ben servito. Le recondite armonie, curiosamente cercate tra il pubblico e non nel dipinto, sebben velate di malinconia e sfumate di tinte pastello, affascinano ma non convincono appieno un pubblico renitente all’applauso. Sul Cavaradossi eroe perdente c’è chi si è costruito fama e carriera, ma ci devi credere e volere. Qui le tinte crepuscolari e tenui paiono più di natura che programmate e quindi ben meritano le cure che il tenore pisano sicuramente le dedica. Nel lucean le stelle, ben cantato e piacevole, latitano un poco l’eroismo e l’erotismo che son chiave per il trionfo. Un applauso convinto e sonoro, che si è sovrapposto alla coda orchestrale, c’è stato comunque a sottolineare la soddisfazione dell’ampio pubblico presente. Elchin Azizov, è un baldanzoso baritono azero di normale stanza al Bolshoi di Mosca. Moderatamente nella parte, truce, vocione, cattivone, il personaggio gli par cucito addosso. Buona la dizione e sempre intellegibili le parole. Gli si può imputare un vibrato un po’ troppo marcato, un timbro troppo ruvido e una tecnica non certo raffinata ma, dovendo fare il cattivo, gli concediamo le attenunati del casoo. È uno Scarpia, lui sì, “vecchio stile”: il personaggio c’è tutto e, suvvia, quanti ne abbiam sentiti di peggiori! Il pubblico ne è uscito soddisfatto. Un gruppo di eccellenti artisti completa il cast e fanno pensare che, se il Regio ancora riesce a mettere insieme seconde parti di tanta qualità, sicuramente non tutto è perduto. Convince il Sagrestano di Donato Di Gioia che ha scena e voce sonora da scavallare, senza difficoltà, l’immenso cortile. Spoletta Enzo Peroni, Sciarrone Lorenzo Battagion, manutengoli del capo, con la consueta perizia attoriale e vocale destreggiano bene le loro parti. Angelotti, Enrico Di Geronimo, corre sicuro sia verso la sua illusione che verso l’ineluttabile ed inesorabile fine. Franco Mattiotto è il corruttibile carceriere e Viola Contartese un avvenente Pastorello. Ugual scelta di genere nelle voci bianche del coro, “chierichette” in scena, tutte femminucce. Il grande Claudio Fenoglio le ha preparate al meglio. Il coro del Regio, istruito da Andrea Secchi, si riconferma una certezza di qualità del teatro. Così come lo è l’orchestra del Teatro Regio che la sapiente guida di Stefano Ranzani ha fatto destreggiare nell’avventuroso slalom tra lirismo e passioni. La buca, con accorto dosaggio del suono, non ha mai ammutolito il palco. I tempi si sono sia illanguiditi, accompagnando le voci dei solisti, che ringalluzziti, nei soli orchestrali e nelle scene di massa. La Tosca, se si evitano grandi svarioni, ha sempre un gran successo di pubblico e così è stato. Tutti premiati, tutti applauditi. Per Maria Agresta poi: un meritato successo personale.