Novara, Coccia d’estate 2022: “Don Pasquale”

Novara, Cortile del Castello Visconteo – Coccia d’Estate 2022
DON PASQUALE
Opera comica in tre atti di Giovanni Ruffini e Gaetano Donizetti
Musica di Gaetano Donizetti
Don Pasquale MICHELE GOVI
Ernesto YUXIANG LIU*
Dottor Malatesta RANYI JIANG*
Norina YESOL PARK*
Un Notaro SEMËN BASALAEV*
Orchestra delle Alpi –
Alpen Symphonie Orchester
Coro del Teatro Coccia di Novara
Direttore 
Roberto Gianola
Maestro del Coro Yirui Weng
Regia Salvatore Sito*
Costumi Silvia Lumes
Luci Ivan Pastrovicchio
*allievi Accademia AMO del Teatro Coccia
Coproduzione con Associazione Euritmus
Novara, 22 luglio 2022
La natura accademica che si vorrebbe caratterizzasse la produzione del “Don Pasquale” novarese viene fortemente rifiutata dalla stessa direttrice del Teatro Coccia, che tiene a sottolineare, in una lunga introduzione allo spettacolo, il valore altamente professionalizzante dell’Accademia dei Mestieri dell’Opera cittadina, annunciando anche l’avvenuto acquisto dello spettacolo da parte del Teatro Zandonai di Rovereto (TN) per la prossima stagione. Di fronte a una simile presentazione, non possiamo, dunque, che porci in maniera onesta di fronte a quanto vediamo e ascoltiamo, con alcune piacevoli sorprese, specie nell’apparato musicale. In primis, vera protagonista dell’evento, l’Orchestra delle Alpi, giovane formazione di grande professionalità e passione, condotta con altrettanto trasporto dal maestro Roberto Gianola. La compagine orchestrale è ricca, forse fin troppo per le voci e/o il contesto in cui è immersa, tanto che spesso – nonostante i microfoni sul palco – sommerge i cantanti; al suo interno i suoni sono comunque molto ben equilibrati, e apprezziamo singolarmente il tocco morbidissimo della tromba di Simone Abeni nell’assolo introduttivo al secondo Atto. Parimenti, l’apporto del Coro del Teatro Coccia, istruito dalla maestra Yirui Weng, per quanto compaia brevemente, è compatto e coinvolgente, e “Che interminabile andirivieni!” risulta uno dei momenti più riusciti e divertenti dalla serata. Nella compagnia di canto, di certo una performance all’altezza della sua carriera ci offre Michele Govi, baritono poliedrico, dalla solida e omogenea vocalità. Il suo è, nel senso migliore del termine, un Don Pasquale di tradizione, quindi perfettamente inserito nel contesto; accanto a lui il soprano leggero Yesol Park (Norina) precisa in acuti, agilità e in tutti gli armamentari della sua vocalità, ma anche  sufficientemente padrona del fraseggio – forse con qualche leziosità di troppo, ma perdonabile. In crescendo la prova del baritono Ranyi Jiang (Malatesta) con una bella vocalità unita a un’ottima  gamma espressiva, in perfetta aderenza alla brillantezza del personaggio. Breve ma cantata correttamente la parte del Notaro, ad opera di Semën Basalaev. Forse un po’ acerbo, o semplicemente non in serata, Yuxiang Liu, (Ernesto): tenore contraltino, dall’emissione un po’ troppo orientata al falsetto, poco proiettata e poco in linea con il belcanto donizettiano e, nonostante la spiccata malinconia di cui si tinge questo dramma giocoso, senza quel mezzo carattere che dovrebbe comunque contraddistinguere il ruolo, soprattutto a causa dei limiti enunciati. Potrà sicuramente trovare ampi margini di miglioramento e trovare una più definita identità vocale. L’apparato creativo dello spettacolo solleva più dubbi: la scena in quanto tale non c’è, ma, data la natura low cost della produzione, non ci stupiamo, né ci allarmiamo – abbiamo infatti più volte notato come, specie nell’opera buffa, la scena si faccia con le dinamiche tra personaggi, le prossemiche, le mimiche. Quello che vediamo, tuttavia, ci sembra un po’ troppo scarno: Salvatore Sito imposta, in un anonimo contenitore, giocato tra bianchi ottici e toni di grigio, una regia  oltremodo misurata, trattenuta, anche un po’ impacciata nelle relazione tra i personaggi. Ciò, alla lunga, risulta ripetitivo e senza mordente, a un passo dalla noia; i costumi di Silvia Lumes, liberamente ispirati al mondo della Commedia dell’Arte (ma anche un certo surrealismo alla Picasso), danno un tocco di colore, ma non basta: per movimentare una scena statica – o nella quale praticamente solo Don Pasquale e Norina si muovono, tentando una caratterizzazione – ci sarebbe bisogno di maggior coraggio anche in quella direzione (basti, come esempio, il costume di Norina, sui toni del rosso cremisi, cioè una cromia spenta: un colore più vivace, un fucsia o semplicemente uno scarlatto avrebbe dato maggior vitalità all’insieme). In conclusione:  un impianto scenico che va “riempito” in qualche modo, se non di scenografie e attrezzeria, per lo meno di movimento, di dinamismo, a partire dalla sinfonia – che si è voluto sceneggiare, ma con azione appena abbozzata e poco chiara. Una nota in margine: la location del cortile del Castello è letteralmente invasa di zanzare. Vedere il povero direttore d’orchestra che, mentre dirige, sia costretto a spruzzare repellente sul leggio non è il massimo. Auguriamoci che il Comune di Novara intervenga in tal senso. Foto Mario Finotti