Milano, Teatro alla Scala: “AfteRite+Lore”

Milano, Teatro alla Scala, Stagione lirica 2021/22
“AFTERITE+LORE”
Coreografia Wayne McGregor
Musiche di Igor’ Stravinskij
AfteRite: FRANK ADUCA, ANTONELLA ALBANO, GAIA ANDREANÒ, TIMOFEJ ANDRIJASHENKO, MATTIA SEMPERBONI, CLAUDIO COVIELLO, AGNESE DI CLEMENTE, DOMENICO DI CRISTO, EUGENIO LEPERA, NICOLETTA MANNI, FRANCESCO MASCIA, SAÏD RAMOS PONCE, ALESSANDRA VASSALLO
LORE: MARCO AGOSTINO, CATERINA BIANCHI, MARIA CELESTE LOSA, ANDREA RISSO, VIRNA TOPPI, NAVRIN TURNBULL, GIORDANA GRANATA, CAMILLA CERULLI, ANDREA CRESCENZI, ALESSANDRO PAOLONI, MARTA GERANI, LINDA GIUBELLI, DARIUS GRAMADA, VALERIO LUNADEI, LETIZIA MASINI, MARCO MESSINA, BENEDETTA MONTEFIORE, RINALDO VENUTI
Coro e Orchestra del Teatro alla Scala di Milano
Direttore Koen Kessels
Scene e costumi Vicki Mortimer
Luci Lucy Carter, Jon Clark
Film design Ravi Deepres
Drammaturgia Uzma Hameed
Milano, 1 luglio 2022
La Scala ha ospitato nuovamente Wayne McGregor con AfteRite+LORE. Si tratta di una rivisitazione di due pezzi importanti della storia della danza, due balletti con musiche di Stravinskij dei famosi Ballets Russes: Le sacre du printemps coreografato da Vaslav Nijinskji, e Le Noces della sorella Bronia. Dopo il flop della prima del Sacre, il titolo fu ripreso da molti coreografi contemporanei, come ad esempio Béjard; ma quella che ha avuto luogo con McGregor non è una riproposizione, è piuttosto qualcosa di nuovo. Le noces, invece, ebbe una ripercussione meno vistosa.
Abbiamo assistito allo spettacolo del 1 luglio, purtroppo senza la partecipazione di Alessandra Ferri, con cui la coreografia è nata nel 2018. È difficile affermare di essere stati davanti ad uno spettacolo… “bello” (ammesso che il “bello” sia definibile). Ci siamo recati a teatro non avendolo mai visto, e, volutamente, senza aver letto molto. L’intenzione era quella di seguire la “filosofia” di Gasparo Angiolini, che già nel Settecento contestava al celebre Noverre di scrivere libretti troppo lunghi, mentre, a suo giudizio, la rappresentazione doveva parlare da sé. Per AfteRite poco abbiamo colto, nell’essenza, della dichiarata ispirazione al deserto cileno e dell’effetto nocivo dei pesticidi: “Che cosa sembra salutare ma, in realtà, è o diventa tossico? Che cosa lo alimenta e che cosa lo sostiene?”. C’è qualcosa nella presenza della serra in scena, ma di ciò che accade al suo interno lo spettatore lontano dal palco potrebbe avvedersene poco. Viceversa, altre considerazioni si possono fare per un’altra idea manifestata: “Nelle coreografie tradizionali, tali ritmi [quelli di Stravinskij ndr] sono spesso stati enfatizzati da movimenti all’unisono che privilegiano il gruppo sull’individuo […] In AferRite, invece, l’alienazione pervade la comunità. È come se la frantumazione e la dispersione delle armonie naturali all’interno dell’ambiente minassero anche la capacità di coesione sociale dei suoi abitanti, così che l’unisono, quando arriva, è un sollievo”. Alcuni passi frenetici, che sembrano quasi rincorrere la musica con affanno; alcune sezioni d’insieme, che hanno visto i ballerini andar per proprio conto, lasciando il dubbio nello spettatore che stessero sbagliando qualcosa; e poi, finalmente, alcuni momenti lirici in cui tutto il gruppo del corpo di ballo è effettivamente un corpo; tutte queste impressioni, che ci avevano un po’ sconcertato in prima battuta, sembrano invece avere conferma nell’intenzione poietica del coreografo che abbiamo riportato. Non ci soffermiamo sulle performance dei singoli ballerini, tutte di ottimo livello, ma ci limitiamo a segnalare il gradito ritorno di Claudio Coviello dopo un infortunio, e Domenico Di Cristo, giovane componente del corpo di ballo ma già nominato solista.
Il secondo titolo di questa serata è stato LORE, nuova creazione di McGregor per i ballerini della Scala. Un lavoro differente, “cubista”, nelle dichiarazioni del coreografo. Adotta infatti un altro linguaggio, con geometrie e alternanze di gruppi e passi a due con uno stile che si potrebbe definire più “contemporaneo”, più aderente a quello noto di McGregor, se proprio dobbiamo trovare un’etichetta. Uno stile che mette maggiormente in difficoltà sia gli spettatori che i danzatori. Non perché siamo di fronte a danza pura, anche Balanchine ci mette di fronte a ciò con tutt’altro linguaggio (ne abbiamo parlato nelle nostre recensioni su Jewels e sullo Spettacolo della Scuola di Ballo della Scala). La scelta estetica “di stile” è, comunque, di superficie (e con ciò non vuol dire che sia superficiale), piuttosto è sempre importante che ogni movimento sia mosso da intenzione. Infatti, con una coreografia si può narrare qualcosa, e in questo caso l’accumulo di momenti fa sì che nello spettatore di inneschi un processo di comprensione che somma gli istanti, e il ballerino può far lo stesso, perché la storia e il personaggio lo aiutano a “intenzionare” i propri movimenti; una coreografia definibile come astratta, invece, è maggiormente sfidante sia per il ballerino sia per il coreografo, poiché quello che noi abbiamo chiamato “intenzionare il movimento” possiede uno strumento in meno. In questo caso l’abilità del coreografo è di far sì che il danzatore possa essere un qualcosa nel momento, e innescare in ognuno di essi un processo di apprendimento nello spettatore che non andrà più a sommarsi agli altri: in tal modo la comprensione totale potrà anche essere nulla, e conterà esclusivamente quella nel momento, destinata subito a volare via. Per questo il rischio di assistere ad una coreografia di “soli passi” è altissima, saranno le abilità comunicative del coreografo o la sensibilità del danzatore a contravvenire a ciò. Ci siamo dilungati per far comprendere in che modo, a nostro avviso, LORE abbia avuto a volte alcuni cali di tensione emozionale, forse dovuti a qualche intenzione coreografica non capita o comunicata efficacemente. Ad ogni modo, ci è apparso chiaro, e danzato con una notevole poesia, il messaggio con cui si chiude anche il libretto de Les Noces. Tra i frammenti dello spettacolo, tre coppie danzano dei passi a due, mescolandosi anche fra loro: un uomo e una donna, due donne, due uomini. E sono proprio i due uomini, Marco Agostino e Andrea Risso, che chiudono lo spettacolo, con quest’ultimo che termina protendendo le braccia in allongé verso di noi, sostenuto dal suo partner. È un invito? Protendiamo anche noi le nostre braccia grazie a questi incantevoli ballerini. “Chi ha veduto mai un letto più candido? Tutto di piume, fatto per l’amore […] Ebbene, dolcezza del mio cuore, fiore dei miei giorni e miele delle notti, fiore della vita, io vivrò con te come conviene si viva, e per l’invidia del mondo intero”, chiunque tu sia. Foto Teatro alla Scala / Brescia & Amisano