Venezia, Teatro La Fenice: la Settima di Mahler, diretta da Robert Trevino

Venezia, Teatro La Fenice, Stagione Sinfonica 2021-2022
Orchestra del Teatro La Fenice
Direttore Robert Trevino
Gustav Mahler: Sinfonia n. 7 in mi minore
Venezia, 29 maggio 2022
Grande ritorno di Gustav Mahler tra gli autori previsti per l’attuale Stagione Sinfonica del Teatro La Fenice. Dopo l’esecuzione della sua sublime Seconda sinfonia, sotto la direzione di Myung-Whun Chung, avvenuta nel marzo 2019, il compositore boemo è questa volta rappresentato da un altro monumento sonoro: quella Settima sinfonia, che dagli intenditori viene considerata una delle espressioni più alte e avanzate dell’arte mahleriana, cogliendovi le radici di tanta musica contemporanea, a partire dalla seconda Scuola di Vienna. Sul podio dell’Orchestra del Teatro veneziano era il maestro Robert Trevino, texano di origini messicane, uno dei più apprezzati direttori della nuova generazione, al suo debutto alla Fenice.
Tra le più difficili e complesse sinfonie mahleriane, la Settima riscosse, in occasione della prima esecuzione assoluta – avvenuta a Praga il 19 settembre 1908 sotto la direzione dello stesso autore –un mediocre successo di pubblico, ma suscitò notevole interesse nell’ambiente musicale. In particolare Schönberg e Berg ne apprezzarono soprattutto le innovazioni a livello armonico e timbrico; il che non stupisce, data l’importanza che questi elementi assumeranno nella concezione schönberghiana. Del resto l’orchestra della Settima di Mahler è indubbiamente ricca, sotto questo profilo, di soluzioni nuove e originali allo scopo di aderire alle implicazioni psicologiche e descrittive di quel programma interiore, che Mahler aveva in mente componendo la partitura, pur senza sentirsene troppo vincolato: interrogarsi sul rapporto contraddittorio dell’Uomo rispetto alla Natura, dalla quale si è allontanato, pur rimpiangendone, ancora e sempre, i colori, i suoni, la purezza. Proprio simili considerazioni andavamo facendo, in attesa dell’inizio del concerto. Poi, le prime battute dell’esecuzione hanno subito messo in evidenza, quanto la lettura di Trevino andasse nella stessa direzione. All’inizio della sinfonia – in forma di un’implacabile marcia funebre – i passaggi melodici, gli squarci lirici – espressioni del sentimento di fronte alla Natura – assumevano un tono drammatico, in ragione dei colori particolarmente accesi, che caratterizzavano i vari interventi strumentali, con inflessioni ora funeree ora grottesche, compreso l’arioso del corno, cui è affidato il tema fondamentale dell’introduzione, nella quale – a parte la continua oscillazione tra il modo maggiore e quello minore – gli improvvisi sbalzi di tonalità e i cambiamenti di armonie sembravano quasi anticipare l’atonalismo schönberghiano. Questi contrasti formali quanto psicologici si coglievano anche nell’Allegro risoluto, ma non troppo.
Ancora il parametro timbrico – con le sue implicazioni sempre anche simbolico-evocative – aveva un decisivo rilievo nella prima Nachtmusik, nel secondo movimento, dai colori spettrali, dove l’intervento di campanacci (Herdenglocken) evoca il pascolare di una mandria, mentre i due Trii hanno caratteri opposti: brillante il primo, con triangolo e Glockenspiel; triste il secondo, con il suono penetrante dell’oboe e i trilli del clarinetto. Un che di spettrale (“Schattenhaft”, indica Mahler) aveva anche lo Scherzo – sorta di sfrenata danza macabra, tra ritmi irregolari e interventi parodistici della tuba, del controfagotto e dell’oboe – tradizionalmente inframezzato dal Trio: un canto popolare armonizzato per gli oboi e interrotto da un vanamente patetico assolo del violino.
Di nuovo un sospirante assolo del violino ha aperto la seconda Nachtmusik, nel quarto movimento, un pezzo di straordinaria delicatezza musicale – ricco di emozioni e suggestioni romantiche e tipico prodotto dell’inventiva liederistica mahleriana –, che mette insieme chitarra, mandolino, arpa e orchestra da camera: al corno è affidato il tema principale, caratterizzato da una cantabilità affettuosa, come del resto indica quell’Andante amoroso segnato dal musicista all’inizio del movimento.
Un’esplosione di gioia, più esibita che reale, si è colta nel Rondò-Finale con le sue sonorità vigorose, tra squilli di fanfare, colpi di timpani e scampanii fragorosi. Qui l’orchestra – che Mahler esalta in tutte le sue componenti – ha risposto, ancora una volta, con straordinaria musicalità, regalandoci un tripudio di colori e climi festosi, per quanto l’ipertrofia della forma e l’enfasi espressiva conferissero a questo movimento qualcosa di eccessivo, come se rappresentasse l’ultima ostentata espressione di una felicità perduta per sempre. Incontenibili applausi hanno salutato la fine di questa straordinaria esecuzione con vere acclamazioni per il direttore americano e le varie sezioni dell’orchestra.