Torino, Regio Opera Festival 2022: “Cavalleria rusticana”

Torino, Cortile del Palazzo dell’Arsenale, Regio Opera Festival 2022
“CAVALLERIA RUSTICANA”
Melodramma in un atto su libretto di Giovanni Targioni-Tozzetti e Guido Menasci dall’omonimo dramma di Giovanni Verga
Musica di
Pietro Mascagni
Santuzza ANASTASIA BOLDYREVA
Turiddu MARCO BERTI
Alfio MISHA KIRIA
Lucia AGOSTINA SMIMMERO
Lola VALERIA GIRARDELLO
Orchestra e Coro del Teatro Regio di Torino
Direttore
Francesco Ivan Ciampa
Maestro del coro
Andrea Secchi
Messa in scena
Anna Maria Bruzzese
Scene e costumi
Paolo Ventura
Luci
Lorenzo Maletto
Allestimento del Teatro Regio di Torino
Torino, 11 giugno 2022
La sala del Teatro Regio è chiusa, per la seconda estate consecutiva, per terminare i lavori di adeguamento del palcoscenico (la prima tranche si era svolta un anno fa); cosicché la Fondazione ha replicato l’esperimento del 2021 di spostare le proprie attività all’aperto, dando vita a un vero festival d’opera estivo, nella prestigiosa cornice del cortile del Palazzo dell’Arsenale, sede della Scuola d’Applicazione dell’Esercito. Le serate che rendono più suggestivi gli spettacoli sono quelle prossime al solstizio d’estate, quando il protrarsi del crepuscolo permette di assistere al primo atto (nel caso specifico, all’intera opera) durante l’imbrunire, e di ammirare il variare dei colori del cielo nel corso la recita: per Cavalleria rusticana, questo ha significato un avanzare dell’oscurità via via che il dramma si faceva più cupo, cioè un valore drammaturgico aggiunto di cui ringraziare la natura. E non si possono dimenticare gli uccelli che si sono messi a volteggiare sul cortile proprio mentre veniva intonato l’inno pasquale, come se partecipassero anch’essi alla gioia della Risurrezione.
L’allestimento era stato creato al Regio esattamente tre anni fa, per la regia di Gabriele Lavia, la cui firma oggi non figura, sostituita da quella di Anna Maria Bruzzese, all’epoca assistente alla regia. Si tratta di uno spettacolo tradizionale ‒ dominato dal rosso dei papaveri e dal nero della lava e di una buona parte dei costumi ‒ che posticipa lievemente la vicenda ma senza sottrarla a un ambito sociale arcaico, mostrando una buona capacità di esaltare le singole interazioni tra i personaggi (in particolare durante le tesissime scene conclusive); anche se i limiti del palcoscenico estivo non sempre permettono di mettere in evidenza con limpidezza i diversi piani dell’azione e il sovrapporsi di dimensione pubblica e dimensione privata.Comporre oggi un cast convincente per il repertorio fin de siècle, tanto più senza ricorrere ai grandi nomi dello star system della lirica, risulta impresa ardua: il rischio del gridato o dell’incolore è sempre dietro l’angolo. Per questo merita un particolare plauso la direzione artistica del Regio che è riuscita a trovare un gruppo di solisti affiatati, che hanno valorizzato la partitura di Mascagni senza cadere in stereotipi né risultare inferiori alle richieste delle parti. Assai apprezzabile, sia come figura sia come strumento, è risultata la Santuzza di Anastasia Boldyreva, voce calda e sfumata, fraseggio curato capace di esprimere il tormento interiore di una giovane che vive di forti passioni. Sono risaltate in particolare la celebre «Voi lo sapete, o mamma» e le scene di dialogo con Mamma Lucia, vivificate dal contrasto tra lo slancio lirico e passionale della Boldyreva e le ombre contraltili, velate e scure, del mezzosoprano Agostina Smimmero. Non ha nuociuto alla produzione la sostituzione del tenore avvenuta a ridosso della prima, poiché Marco Berti è stato un Turiddu pregevole. Se è suonata un po’ generica la siciliana iniziale (cantata in scena), poco variegata nei colori, l’interpretazione è maturata nel corso della recita, e ha messo in luce la schiettezza caratteriale del protagonista maschile, grazie allo squillo luminoso e all’ottima proiezione del suono accompagnata dalla sempre nitida dizione del testo. Berti ha saputo dare il meglio nelle scene finali, quando lo slancio gagliardo del brindisi è sfociato con naturalezza nel duro confronto con Alfio e nel disperato addio alla madre. Il baritono Misha Kiria ha dato voce ad Alfio incarnandone con spigolosità il carattere rude e vendicativo; mentre la figura, vocalmente meno rilevante, di Lola è stata interpretata dal mezzosoprano Valeria Girardello.
Un anno fa, quando fu inaugurato il festival, si notò che l’acustica della location lasciava alquanto a desiderare. Dopo progressivi aggiustamenti tecnici, si può dire che si sia giunti a un punto di equilibrio decisamente soddisfacente. L’amalgama del suono è buono, le voci giungono nitide in platea senza essere quasi mai sovrastate dall’orchestra. Certamente il merito va anche all’attenta concertazione di Francesco Ivan Ciampa, che si rivela nella nitidezza, carezzevole ma non priva di nerbo, delle pagine orchestrali, e nella sapiente gestione delle scene d’insieme. Orchestra e Coro del Teatro Regio hanno mostrato, anche all’aperto, la salda professionalità che sempre li contraddistingue. I titoli operistici che ‒ insieme a concerti e balletti ‒ completano il cartellone della rassegna estiva sono Carmen, Tosca e il raro Don Checco di Nicola De Giosa.