Verona, Piazza Bra, Anteprima del 99° Opera Festival
Orchestra e Coro della Fondazione Arena di Verona
Direttore Francesco Ommassini Maestro del Coro Ulisse Trabacchin
Soprano Gilda Fiume Tenore Lorenzo Decaro
Musiche di Giuseppe Verdi, Vincenzo Bellini, Giacomo Puccini e Georges Bizet
Verona, 26 maggio 2022
Come ormai consuetudine, la Fondazione Arena di Verona presenta alla cittadinanza il prossimo festival estivo tra le pietre secolari dell’anfiteatro romano. Un festival che, stando alle parole del sindaco di Verona (nonché presidente della Fondazione) e della sovrintendente Gasdia, tornerà ai fasti e ai numeri del periodo antecedente la sciagurata pandemia che ha condizionato tutti gli spettacoli a livello planetario. Un attesissimo ritorno alla normalità, dunque, celebrato con una grande festa musicale all’insegna della tradizione lirica e nel solco tracciato in decenni di attività. Al netto di ogni possibile imperfezione imputabile ad un concerto in piazza (compresa la rumorosa e fastidiosissima concomitanza con un evento nel vicino palazzo della Gran Guardia) sulla carta la serata si presentava come un evento mondano ed altisonante. Ma quanto si è potuto vedere (ed udire) non trovava rispondenza nella retorica introduttiva del sindaco e della sovrintendente; intendiamoci, due anni di covid hanno tagliato le gambe a tutti ma la recente programmazione lirica e sinfonica al Filarmonico ci aveva forse abituati bene con titoli e proposte godibili per audacia e spirito innovativo. Tante belle parole ma poi quanto offerto al pubblico non andava al di là di un mero saggio di conservatorio o di una serata al circolo lirico. Da una fondazione capace di grandi numeri, con un festival centenario costellato di fulgidi astri (uno su tutti, Maria Callas) ci si poteva aspettare qualcosa di più. Non un filo conduttore, non una presentazione per una sequela di brani buttati a casaccio (tra l’altro che ci azzeccano Norma e Tosca con il festival 2022?) e proposti ad un pubblico in larga parte neofita e perciò bisognoso di qualche cenno introduttivo. Ma entriamo nel merito della serata con il soprano Gilda Fiume, che ha proposto la celebre, quanto pericolosamente esposta a paralleli storici, Casta diva. Una buona vocalità la sua, ma decisamente lontana da quanto richiesto dalla partitura belliniana; troppa indulgenza ed autocompiacimento, alla ricerca di sfumature e pianissimi che però facevano di fatto sparire talvolta il suono. Anche qualche difficoltà nelle fioriture, non sempre a fuoco, hanno condizionato la sua esecuzione. Decisamente meglio in Traviata con “Ah, forse è lui” seguita dalla cabaletta “Sempre libera” dove il soprano ha trovato migliore agio in sede esecutiva. Con lei il tenore Lorenzo Decaro pronto a donare al pubblico, per la grande gioia dei presenti, due classici pucciniani popolarissimi: “E lucean le stelle” (Tosca) e “Nessun dorma” (Turandot). Qui le opinioni potrebbero anche essere divergenti, a seconda dei gusti; per quanto ci riguarda il materiale c’è sicuramente ma spesso i suoni risultano gonfiati a scapito della morbidezza e del fraseggio. L’Orchestra della Fondazione Arena era diretta da Francesco Ommassini, direttore di buon mestiere che nei mesi precedenti al Filarmonico ha alternato belle prove ad altre sbiadite. Qui ha felicemente condotto in porto la serata quasi a occhi chiusi, con un programma sicuro e collaudato, aperta con la Sinfonia dal “Nabucco” di Giuseppe Verdi; una menzione particolare va al primo flauto e al primo oboe, eccellenti strumentisti che già hanno avuto modo di mettersi in luce.
Musicalmente corretta la prova del coro, numericamente inferiore all’orchestra e da essa eccessivamente distanziato: la cura affidata ad Ulisse Trabacchin inizia a dare i suoi risultati, anche se talvolta la presunzione di conoscere a menadito un repertorio (che in effetti il coro ha nelle corde ma non sempre padroneggia con piena coscienza musicale) ne può inficiare le prestazioni con una certa noiosa routine. A questo aggiungiamo la discutibilissima postura delle sezioni maschili (chi con le braccia dietro la schiena, chi incrociate sul petto, chi a foglia di fico) che anche da seduti davano l’impressione di stanchezza e noia. Concludendo, una buona serata di festa nel nome della lirica, peraltro salutata da un pubblico entusiasta e felice con reiterate richieste di bis, arrivato con il celebre ed immancabile Brindisi da La traviata; ben vengano di questi eventi, ma siano curati un po’ meglio nei dettagli visivi, nella scaletta e nella presentazione. Foto Ennevi per Fondazione Arena