Torino, Teatro Regio, stagione d’opera e balletto 2022
“LA SCUOLA DE’ GELOSI”
Dramma giocoso in due atti su libretto di Caterino Mazzolà
Musica di Antonio Salieri
Il Conte Bandiera OMAR MANCINI
La Contessa Bandiera ELISA VERZIER
Blasio ASKÀR LASHKIN
Ernestina CAROLINA LIPPO
Lumaca ALFONSO CORRADO
Carlotta ANNA MARSHANIA
Il tenente JOAN FOLQUÉ
Carosello Dubbio MARTIN DVOŘÁK
Orchestra del Teatro Regio di Torino
Direttore Nikolas Nägele
Regia e coreografia Jean Renshaw
Scene e costumi Christof Cremer
Luci Lorenzo Maletto
Torino, Teatro Regio, 15 maggio 2022
Antonio Salieri è figura centrale della storia musicale del secondo Settecento, snodo fondamentale per l’evoluzione della musica europea dall’ultimo barocco al romanticismo attraverso la stagione neoclassica, allievo prediletto di Gluck e maestro di Beethoven. Già questo dovrebbe attirare l’attenzione sul compositore veronese eppure la leggenda nera nata nel XIX secolo e diffusa da Puškin con la tragedia breve “Mozart i Salieri” (1830) continua a invischiarlo e a contrastare una riscoperta che si rende sempre più necessaria vista la capitale importanza della sua produzione.
Il dramma giocoso “La scuola de’gelosi” su un libretto di sapore schiettamente goldoniano di Caterino Mazzolà non tradisce al riguardo le attese. Musicalmente inferiore alle opere serie composte per Parigi – forse il vertice dell’arte di Salieri – l’opera è però un incunabolo d’idee e suggestioni che nei decenni seguenti sarebbero servite da lievito per i drammi giocosi mozartiani e non solo. Andata in scena per la prima volta a Venezia nel 1778 l’opera ha conosciuto una significativa revisione in occasione della ripresa viennese del 1783 che vede impegnati molti protagonisti della futura stagione mozartiana da Lorenzo da Ponte autore della revisione del libretto a molti degli interpreti vocali (Nancy Storace, Michael O’Kelly, Francesco Bussani).
Il Teatro Regio di Torino ha quindi non poco merito nel proporre in Italia l’opera nell’edizione viennese importando uno spettacolo originariamente prodotto dal Theater an der Wien e che rappresenta la proposta più interessante di una stagione torinese fin troppo nazional-popolare nella scelta dei titoli.
L’ascolto in teatro ha evidenziato i meriti dell’opera. La musica è godevolissima e se manca la sublimità del genio mozartiano si apprezza comunque una qualità compositiva di altissimo livello e un gusto leggero e ironico che non può lasciare indifferenti, molti brani s’imprimono immediatamente nella memoria e questo è merito non da poco. La macchina teatrale funziona alla perfezione e mostra anticipazioni non solo rispetto a Mozart ma nei confronti di tutta l’opera buffa successiva almeno fino a Rossini. Salieri rivolgendosi al colto pubblico viennese mostra una particolare capacità di giocare con i registri espressivi, di confondere alto e basso, di raggiungere il comico usando in forma parodistica gli stilemi dell’opera seria.
L’allestimento firmato da Jean Renshaw soffriva la provenienza da un palcoscenico molto più piccolo come quello viennese. Il blocco centrale in cui si svolge l’azione – uno spazio rotante composto di più elementi che compongono sui due lati un nudo maschile e uno femminile tratti dalla pittura del Settecento (quello femminile è la celeberrima “Odalisca bionda” di Boucher) risultava sottodimensionato rispetto al palcoscenico mentre ai suoi lati le quinte decorate da parati floreali risultavano sostanzialmente inutilizzate. Il piano prettamente registico ci ha offerto uno spettacolo assai godibile con una recitazione spigliata e vivace che faceva perdonare qualche superflua volgarità. I costumi di Christof Cremer giocano tra Settecento e contemporaneità sfruttando diverse composizioni formali dominate dalla bicromia bianco/azzurro.
Il versante musicale vede in primo luogo la bella prova di Nikolas Nägele giovane direttore svizzero dall’ottima formazione (già assistente di Thielemann a Salisburgo e Bayreuth) che ha offerto una direzione di grande brillantezza e di forte passo teatrale. Sonorità nitide e pulite, attenzione alle linee compositive sempre ben definite, ritmica vorticosa e trascinante. L’attenzione di Nägele è soprattutto quella di valorizzare la carica teatrale dell’opera – a tratti appesantita dai lunghi recitativi – e nel complesso il risultato si può considerare ottenuto.
La compagnia vocale è composta per l’occasione da giovani cantanti che nel complesso hanno offerto prestazione decisamente soddisfacenti. Elisa Verzier si è mostrata un’ottima Contessa. Il giovane soprano triestino dispone di una voce agile e brillante unita a bel timbro morbido e caldo ben adatto a un ruolo scritto per la Storace. Il personaggio si esprime spesso con un linguaggio modellato su quello dell’opera seria e la Verzier appare sicura e pulita sui passaggi di coloratura. Il suo sposo – il Conte di Bandiera – è Omar Mancini tenore uscito dalla Bottega Donizetti di Bergamo in possesso di un buon materiale d’impostazione schiettamente lirica e già in possesso di un’interessante personalità scenica. Anche la sua parte richiedere un certo impegno nel canto di coloratura risolto nel complesso positivamente così come sicuri e puliti sono apparsi gli acuti.
Il gradino inferiore sul piano sociale è occupato dalla coppia borghese Blasio ed Ernestina. Lui è il baritono uzbeko Askàr Lashkin. Voce chiara ma di bella sonorità, dizione italiana perfetta e ottima qualità scenica ha reso in modo compiuto il personaggio del marito geloso e ossessivo, forse la figura meno stereotipata dell’opera. La sua sposa è Carolina Lippo soprano lirico leggero brillante e ben impostato anche se la voce suona un po’ piccola per il Regio.
La piramide sociale del libretto si conclude con la coppia dei servitori Lumaca e Carlotta. Adolfo Corrado spicca per la qualità vocale. Bella voce da autentico basso, potente, con una bella dizione e una forte personalità scenica che fa risaltare il servitore Lumaca, coscienza di una servitù che guarda con occhio critico al mondo dei padroni imparando dai loro errori per vivere una vita più giusta e sincera. Carlotta è il mezzosoprano georgiano Anna Marshania, corretta, precisa, scenicamente spigliata ma la voce ci sembra quella di un soprano corto, allineandosi, di conseguenza con le colleghe, mostrando anche qualche limite della padronanza della lingua.
Il Sergente è assai interessante nel suo ruolo di costruttore di trame finalizzate ad aprire gli occhi e a spingere a una maggior consapevolezza gli altri personaggi, una sorta di anticipazione di Don Alfonso. Joan Folqué già apparso più volte sul palcoscenico torinese ci è parso più a suo agio che in atri repertori ma resta un cantante sostanzialmente anonimo sia sul piano vocale sia su quello interpretativo pur nella correttezza complessiva. Il ballerino Martin Dvořák (Carosello Dubbio) è la personificazione dell’infedeltà con grande bravura ma risultando anche un po’ troppo invasivo.
Il pubblico ha purtroppo disertato in massa la prima e l’opera merita decisamente una maggior attenzione. Ci si augura che con le successive recite possa esserci una maggior risposta.