Torino, Auditorium RAI “A.Toscanini”, Stagione Sinfonica 2022. 14°concerto.
Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI
Direttore Marc Albrecht
Violino Simone Lamsma
Dmitrij Šostakovič: Concerto n.1 in la minore per violino e orchestra op.77 (1948 – ‘55); César Franck: Sinfonia in re minore (1888).
Torino, 27 Maggio 2022.
Il Concerto per Violino n.1 di Šostakovič è di certo un capolavoro assoluto, un eccellentissimo vertice della musica del’900 che primeggia tra tutti i concerti per violino. L’autore, fiaccato dalla tempesta che Ždanov aveva suscitato contro il “formalismo”, è costretto a ritardarne la pubblicazione e l’esecuzione di 7 anni (dal 1948 al 1955). Da qui le confusioni sul numero di opus: prima op.77, poi op.99 e finalmente ritorno all’attuale op.77, con il 99 reindirizzato ad altra assegnazione. Il concerto è dedicato al grandissimo David Oistrack che, alla Filarmonica di Leningrado, con Mravinsky sul podio, lo “creò” il 29 ottobre 1955. A dispetto di Ždanov e di Stalin, è una composizione iperformale: ineccepibile nella scrittura, scrupolosamente attenta alla tecnica strumentale ed esecutiva del violino, immersa in una struttura formalmente baroccheggiante, quasi una suite o una partita che nulla conceda al trionfalismo ed all’ottimismo di maniera.
Un’aerea melodia continua del violino, aleggiante su un oscuro tessuto orchestrale, caratterizza l’iniziale “Notturno” ove passaggi di insidioso virtuosismo vengono discretamente occultati. Come una immancabile vena amara e grottesca, tipica dell’autore, si snoda lo scatenato “scherzo”, inquietante secondo tempo; è qui che il violinista deve dar prova delle proprie doti acrobatiche. Assolutamente barocca la “passacaglia”, terzo tempo, il cui tema, anticipato da violoncelli e contrabbassi, implacabile vaga, più o meno modificato, nel costruire le otto variazioni che costituiscono il movimento. Il violino, sfoggiando le sue abilità, sorvola leggero le trame dell’orchestra fino ad atterrare solitario, con una prodigiosa “cadenza”, iperbolicamente virtuosistica, quasi un lungo bis anticipato e incastonato nel corpo del concerto. Tale è la qualità musicale del brano, da far trascurare che sia lì al solo scopo di mettere in mostra il virtuosismo del solista. La “Burlesque”, quarto e ultimo movimento, chiude nella maniera più classica di una esaltante giga, la fantastica partita del grande Dmitrij.
Fin dagli anni 60 del Novecento circolano delle stratosferiche registrazioni del concerto con l’inarrivabile David Oistrack, dedicatario dell’opera, affiancato nell’esecuzione da mitici direttori. La prestazione, di questa sera, del duo Marc Albrecht e Simone Lamsma, può essere accostata assai degnamente all’insuperabile modello. L’orchestra tiene il suo ruolo di fondamentale co-protagonista senza sommergere il violino, un poco in affanno, nei rapidi, scherzo e burlesca. Il direttore poi, con discrezione, sostiene il formidabile Stradivari “Mlynarski” della solista nel notturno e nella passacaglia in cui, con la bellezza di suono di lunghe arcate legate e suadenti, Simone Lamsma prende il volo. Ugual maestria e tenuta vengono dispiegate nella micidiale “cadenza”, anticipazione del bis finale, che le interminabili ovazioni del pubblico avrebbero preteso.
Dal capolavoro novecentesco di Šostakovič al fine Ottocento della Sinfonia in re minore di César Franck, il passo indietro, non solo temporale, è enorme. Solamente una sessantina d’anni separa le due opere ma tra loro si annoverano due grandi guerre e una rivoluzione. Franck, belga di nascita, francese di cultura ma tedesco di simpatie musicali, è ancora completamente affascinato dal cromatismo post-wagneriano e non sente i nuovi tempi che avanzano. Con questa sinfonia si affianca, forse inconsapevolmente, al coetaneo Bruckner che, come lui, è un grande organista, frequentatore di sacrestie e “bidello del Walhalla” (così Beniamino Dal Fabbro). La sinfonia tripartita è resa possente da una robusta e articolata orchestrazione che impegna a fondo tutti i timbri orchestrali compreso un inaspettato “corno inglese”. Come in Bruckner, improvvisi fortissimi ripiegano, in modo assai repentino, in diminuendi che si smorzano in pianissimo. Fervono temi, suasivi e accattivanti, ben stagliati, incisivi pur se non poco ripetitivi e anche ossessivi. In letteratura musicologica, si è voluto forse dare eccessivo merito all’autore per la ripresa, nei vari movimenti e nel finale, degli stessi motivi, con l’esaltazione di una presunta “circolarità” dell’opera e relativo perenne ritorno sui propri passi. Immagine mutuata dal serpente che in eterno si addenta la coda.
Molti del pubblico hanno mostrato di apprezzare il fascino sonoro della sinfonia di Franck e non si sono sentiti turbati dall’allegata ipertrofia musicale.
Marck Albrecht, con una direzione lucida e razionale non ha ceduto a facili eccessi piaciosi e rumoristici, esaltando, con la sua interpretazione, aspetti più convincenti quali la riconoscibilità e l’empatia dei temi e il sapiente e vario colore orchestrale che è stato splendidamente dispiegato dall’OSN RAI, con l’abilità e la bellezza di suono dei suoi strumentisti e delle sue sezioni. Non è mancato l’apprezzamento del pubblico, che alla fine di concerto ha premiato l’esibizione con scroscianti applausi.
La stagione dell’OSN RAI si è così conclusa con questo 14° bel concerto in calendario. Era iniziata in gennaio con ancora molte preoccupazioni e precauzioni per il COVID19 ed è poi proseguita fortunatamente senza gravi inconvenienti. Si è comunque dovuta constatare una forte resistenza del pubblico a rientrare in sala e inevitabilmente ci si interroga se il fenomeno sia temporaneo o definitivo. Pare purtroppo che, se le cose non cambiassero, la doppia serata debba considerarsi un lusso d’altri tempi, non più sostenibile. La situazione è ancor più lamentevole se si considera l’altissimo livello artistico delle serate e l’eccellenza assoluta, più volta da noi rilevata, dell’Orchestra padrona di casa. Non consola, ma va doverosamente sottolineato, constatare che la scarsità di pubblico colpisce tutte le manifestazioni di musica colta e, da quanto si legge e si sente, ovunque e non solo in Italia.