“When the rain stops falling” di Andrew Bovell

Napoli, Teatro Bellini, Stagione 2021/22
“WHEN THE RAIN STOPS FALLING”
Drammaturgia di Andrew Bovell
Spettacolo di Lisa Ferlazzo Natoli / lacasadargilla
Traduzione Margherita Mauro
Gabrielle York adulta CATERINA CARPIO
Gabriel York MARCO CAVALCOLI
Andrew Price LORENZO FREDIANI
Elizabeth Perry in Law adulta TANIA GARRIBBA
Gabriel Law FORTUNATO LECCESE
Gabrielle York giovane ANNA MALLAMACI
Henry Law EMILIANO MASALA
Elizabeth Perry in Law giovane CAMILLA SEMINO FAVRO
Joe Ryan FRANCESCO VILLANO
Regia Lisa Ferlazzo Natoli
Scene Carlo Sala
Costumi Gianluca Falaschi
Luci Luigi Biondi
Suono Alessandro Ferroni
Videoproiezioni Maddalena Parise
Produzione ERT/Teatro Nazionale, Teatro di Roma – Teatro Nazionale, Fondazione Teatro Due
Napoli, 5 aprile 2022
In scena fino al 10 aprile –  Dal 19 al 24 aprile  al Teatro Carignano di Torino
Per raccontarvi ciò che abbiamo veduto al Bellini di Napoli, esordiamo citando Emil M. Cioran: «Ciò che veneriamo nei nostri dèi non sono che le nostre sconfitte in bello.». Sì, perché, al Bellini, s’è materializzato un teatro “narcotizzante”: in esso, cioè, abbiamo avvertito tutto il grigiore che tanto angustia l’epoca nostra e che tanto c’affatica. Ma, infantilmente, c’incaponiamo – e pretendiamo, così, d’amare un teatro che “c’ammazza”. Perché, When the rain stops falling racconta dell’inutilità dell’istituzione della famiglia, e della decadenza che l’affligge: alla porta d’un papà, Gabriel York, bussa quel figlio che egli ha abbandonato a sette anni. Quel papà, figlio d’un altro papà, a sua volta figlio d’un pedofilo.Quello de lacasadargilla è, dunque, un racconto diaristico d’una serie d’eventi famigliari – che, però, si pongono al di là del tempo, fuori della storia. Sempre per dirla con Cioran. È un racconto “metastorico”: la sua forma, benché nettamente fissata in segni linguistici totalmente concreti, pare tenti costantemente la fuga dalla sua fissità, la fuga da se stessa: è un testo organicamente polifonico, un contrappunto di soliloqui e scene combinati in modo fatalmente inestricabile. Reiterate digressioni ritmicamente armonizzate, stupendamente integrate, dunque, nel tema centrale. Che è quello della dissoluzione di due gruppi familiari. Andrew Bovell, drammaturgo, e Lisa Ferlazzo Natoli, regista, s’accaniscono sui personaggi, li fanno “a pezzetti”, li smascherano: piaghe, ferite, errori, orrori… tutto ciò viene esposto alla luce della scena – ed assume, astrattamente, la gravità di pezzetti di «carne macellata» (Deleuze docet) gettati a corvi o pescecani. Quei corvi, quei pescecani siamo noi spettatori, ovviamente. Tutto ciò, però, se non rende “irreali” i personaggi, li fa apparire come degli avviliti, degli alienati. E, in fondo, hanno anche motivo per esserlo: vivacchiano in una stanzetta – quella dello scenografo Carlo Sala –, occupata da una decina di seggiole, un cucinino a gas ed un attaccapanni in legno con sopra qualche cappello di feltro. Mobilio che pare “staccato” da un fondo riproducente una parete stonacata, sopra cui videoproiezioni – quelle di Maddalena Parise – gettano, all’occorrenza, evocativi manti stellati. Ecco ciò che resta di famiglie tutte frantumate e, peraltro, stupendamente “allargate”: intorno ad un tavolone s’ammassano papà, mamme e figli – quelli dei gruppi Law e York – accompagnati dai loro alter ego giovani e vecchi – provenienti, dunque, da momenti o del passato o del futuro. Ed è con quest’escamotage che i fatti si pongono al di là del tempo e della storia – nonostante, però, fuori dalla stanzetta, la storia stia potentemente agendo. Perché, mentre s’affondano cucchiaiacci di metallo in scodelle soltanto bagnate di zuppa di pesce – fuori, il tempaccio sta intasando le fogne, sta invadendo le case. Pioggia costante e consumazione della zuppa c’appaiono come due esteriori leitmotiv: reiterazione d’immagini avente funzione tutta teatrale, quella d’incollare le digressioni nel tema centrale – quella d’integrarle fatalmente in esso. Sopra il tavolone, scintillano scodelle biancastre, tutte teneramente vivificate da luci giallognole ed albeggianti – quelle di Luigi Biondi. E quelle teste, così sottilmente illuminate e tutte chine su mezze porzioni di zuppa ieraticamente succhiata, paiono quelle degli apostoli… scene che, dunque, assumono una santa austerità, pressoché biblica.
Le entrate e le uscite degli attori paiono esteriormente schematiche, tanto meccaniche, geometriche. D’ora in poi, per spiegare l’inspiegabile, utilizzeremo termini sottratti al glossario della fisica. Le entrate e le uscite paiono tutte istantanee. Però, l’entrata d’un personaggio (alter ego, solitamente, del personaggio già in scena) c’appare, almeno inizialmente, come una interferenza tra due onde visive: un’immagine s’affianca all’immagineoriginaria”, quella che è già in scena, fino a mescolarsi con essa, per poi farla fuori. La risoluzione dell’interferenza avviene, dunque, in due modi – divenendo, cioè, o interferenza costruttiva (quando il personaggio ed il suo alter ego coabitano gli stessi spazi) o distruttiva (quando l’alter ego soppianta il personaggio – che, nel frattempo, esce di scena).
All’inizio, abbiamo ammesso d’aver amato questo teatro. Ciò, però, è accaduto perché le nostre sconfitte le abbiamo ritrovate tutte avvolte in un linguaggio accademicamente corretto, potentemente “cinematografico”. Linguaggio iperrealista, se vogliamo. No a balbettamenti o borbottii. No a deformazioni o variazioni interne. Quel parlare (accompagnato da effetti sonori curati da Alessandro Ferroni) è tutto mormorante, fluidamente sciorinato a fior di labbra, e ottimamente amplificato da microfoni. Apparecchi fonici utilizzati correttamente, e che gonfiano ed enfatizzano alterazioni e modulazioni timbriche, altrimenti soltanto appena percettibili in un parlare tutto intimo, fatto a mezza bocca. Ottimi, dunque, tutti gli attori – avvolti, peraltro, negli appropriati costumi di Gianluca Falaschi: Caterina Carpio (Gabrielle York adulta), Marco Cavalcoli (Gabriel York), Lorenzo Frediani (Andrew Price), Tania Garribba (Elizabeth Perry in Law adulta), Fortunato Leccese (Gabriel Law), Anna Mallamaci (Gabrielle York giovane), Emiliano Masala (Henry Law), Camilla Semino Favro (Elizabeth Perry in Law giovane), Francesco Villano (Joe Ryan).Pieno successo di pubblico che, nelle prossime repliche, si spera ancora più numeroso. Uno spettacolo che merita immensamente di essere visto! Foto Sveva Bellucci