Venezia, Palazzetto Bru Zane, Festival L’universo di César Franck, 2 aprile-27 maggio 2022
Strumentisti dell’Accademia Teatro alla Scala
Pianoforte Marco Francesco Schirru
Violino Paloma Martin
Viola Rachele Fiorini
Violoncello Julia Caro Trigo
Alexis de Castillon: Quatuor pour piano et cordes op. 7; Vincent d’Indy: Quatuor pour piano, violon, alto et violoncelle op. 7
Venezia, 28 aprile 20220
Il quarto concerto del ciclo “L’universo di César Franck” è frutto della collaborazione tra il Palazzetto Bru Zane e l’Accademia Teatro alla Scala, già iniziata la scorsa stagione con la partecipazione – sul tema del canto lirico in Francia nel XIX secolo – degli artisti dell’Accademia di perfezionamento per cantanti lirici. Per quanto riguarda quest’ultimo appuntamento nel nome di Franck, protagonisti della serata erano alcuni artisti dei corsi di perfezionamento per professori d’orchestra e per maestri collaboratori di sala e di palcoscenico – specializzatisi in brani strumentali del compositore belga o della sua scuola –, che hanno affrontato due lavori cameristici rispettivamente di Alexis de Castillon (Quatuor pour piano et cordes op. 7) e di Vincent d’Indy (Quatuor pour piano, violon, alto et violoncelle op. 7).Di questi giovani strumentisti ha colpito, fin dalle prime battute, la maturità interpretativa, oltre alla capacità di ascoltarsi reciprocamente; il che ha loro consentito di sfoggiare un affiatamento e una coerenza nel condurre il discorso musicale, veramente ragguardevoli, cui si è unita un’estrema pulizia sotto il profilo della tecnica strumentale e della qualità del suono.
Così del pezzo di Castillon – uno dei lavori più riusciti del compositore di Chartres, presentato con successo alla Société Nationale de Musique nel febbraio 1872 – si è potuta apprezzare la raffinata architettura che lo caratterizza, oltre all’originalità o all’intensità espressiva di certi passaggi: in particolare, nel Larghetto iniziale, che parte con un’introduzione lenta e grave, il cui motivo generatore, torna anche nel successivo Allegro deciso più violento; nello Scherzando, più vicino a un Minuetto, il cui ritmo elegante è costantemente scompigliato da un gioco di accenti spostati e dagli intermittenti interventi degli archi; nel Larghetto, quasi marcia religiosa – influenzato dal ricordo della marcia funebre del Quintetto op. 44 di Schumann e percorso da grande lirismo – dove si sono imposti il violoncello, con la sua frase melodica sulle spoglie armonie del pianoforte, e la viola, cui è affidato un canto espressivo dal ritmo ternario; nel Finale: Allegro – “Di curiosa concezione”, secondo Vincent d’Indy –, che si basa su una progressiva accelerazione del tempo fino alla fine.
Alla Société Nationale de Musique vide la luce – sei anni dopo il Quartetto di Castillon, ma con esito infelice – anche il Quartetto per pianoforte, violino, viola e violoncello di Vincent d’Indy, che precede di poco il Quintetto del suo maestro César Franck e rappresenta la prima opera da camera che il compositore, appartenente a una nobile famiglia originaria delle Cevenne, portò a termine. Analogamente encomiabili sono risultati i solisti nell’esecuzione di questo brano, che procede tra un innato romanticismo e una spontaneità, che non esclude il ricorso alla forma ciclica o a una scrittura fittamente contrappuntistica. Nel primo movimento, Allegro non troppo, ha brillato, in particolare, il pianoforte, fin dalle prime battute, accompagnando con una profusione di biscrome l’impetuoso primo tema, avviato con grande sensibilità dal violoncello, mentre il violino si è fatto valere nell’enunciazione del secondo tema (Un poco più lento), su alcuni accordi sincopati del pianoforte. La viola ha, invece, tenuto il campo nel secondo movimento, Ballade – una pagina modalizzante, presto invasa da cromatismi, analogamente al primo movimento – con la sua melodia dal sapore di leggenda, accompagnata da pizzicati del violino e del violoncello. Un fiero e gioioso tema di ritornello ha aperto l’Allegro vivo finale in la maggiore, che si dispiega con foga nella forma di un Rondò un po’ irregolare e si conclude con una ripresa trionfale del tema del secondo movimento.Dopo i calorosi applausi del pubblico, un fuoripogramma ci ha magicamente immerso nella Spagna di Isaac Albéniz con la vivace esecuzione di Sevilla, dalla Suite española.