Torino, Auditorium RAI “A.Toscanini”, Stagione Sinfonica 2022. 9°concerto.
Orchestra Sinfonica Nazionale RAI
Direttore Daniel Harding
Violino Leonidas Kavakos
Béla Bartók: Concerto n.2 per violino e orchestra BB117 (1937-38); Johannes Brahms: Sinfonia n.1 in do minore op.68 (1876)
Torino, 8 aprile 2022
Il concerto per violino n.2 dell’ungherese Bartók, pezzo forte del programma della serata, conferma come l’attuale stagione concertistica dell’OSN RAI abbia focalizzato, come perno della programmazione, le composizioni, con violino solista, della prima metà del Novecento. 1935 è la data di creazione del concerto di Berg, ascoltato la scorsa settimana, 1938 quella di Bartók, quindi quasi contemporanei e di due musicisti, fino ad una ventina d’anni prima, connazionali. Nonostante ciò, si tratta di musiche diversissime sia nella forma che nello spirito. In Berg continua a vivere, pur con profonde innovazioni di linguaggio, la tradizione del classicismo viennese, negata dall’ungherese Bartók che, viceversa, etnomusicologo nazionalista ed indipendentista, si concentra su melodie, ritmi e armonie popolari delle sue terre. Lo stile violinistico zingaresco pervade l’intera composizione e trionfa nei due tempi estremi, dove la brillantezza esecutiva trova un massimo di espansione. Leonidas Kavakos è campione assoluto di un virtuosismo vertiginoso non disgiunto da una grandissima sensibilità nel cantabile e nell’appassionato. Il suo Stradivari “Willemotte” 1734 ha, già di suo, un suono possente e fascinoso che un polso d’acciaio e dita d’oro sanno dispiegare in tutta la sua prepotente arroganza. Le idee musicali sono generate dalle corde del violino solo, l’orchestra servizievole le riprende e le espande. Il committente e dedicatario Zoltan Székely, violinista di spalla ad Amsterdam e primo leggio del celebre Quartetto Ungherese, pretese che poco fosse lo spazio riservato al dialogo paritario e al protagonismo orchestrale. Kavakos sfrutta a pieno questa primazia sia nella parte virtuosistica degli allegri estremi che nel patetico cantabile del centrale andante tranquillo. Harding, anche provetto pilota nei ranghi di AirFrance, si rende ossequioso alle regole del gioco e non invade le rotte riservate alle quattro corde del solista.
A Leonidas Kavakos è tributato un grande successo che, senza troppi indugi, viene ricompensato con la Loure dalla Partita lll° per violino solo di J. S. Bach. Può essere che la prassi esecutiva adottata dal virtuoso non sia quella “storicamente informata” ma sia stata fascinosamente manipolata dal gusto dell’interprete. Risultato: una meraviglia! Aspettiamo impazienti che Sony pubblichi l’integrale di sonate e partite, l’incisione è già stata completata, per avere la conferma dell’eccezionale prestazione artistica del violinista greco, qui solo accennata nei tre minuti di fuori-programma.
Le sinfonie di Brahms sono ormai uno scotto obbligatorio che in tutte le programmazioni di stagioni sinfoniche si deve pagare. L’OSN RAI, con il maestro Gatti, ne ha dato l’integrale di tutte e quattro durante il lock down del 2021. Daniel Harding si limita qui alla gigantesca prima in do minore op.68. È noto che per Brahms la “sinfonia” è stata un’ossessione a cui, per molto tempo, per un forte timore di inadeguatezza, si è negato. Finalmente, dopo vari tentativi di approccio con opere di minor portata e complessità, a 43 anni ci arrivò. Ne sortì una partitura di confezione perfetta e ossequiente, nella forma, al dettato della tradizione classica viennese se pur rinnovata, arricchita e drammatizzata da Beethoven. Risuonano appunto, nel finale di questa prima, gli echi ben distinti e riconoscibili del finale della 9° beethoveniana, che ne certificano il collegamento e la derivazione. Lo sterminato archivio di interpretazioni, fissate su disco e nei nostri ricordi, lascia pochissimo spazio ad approcci nuovi e originali. Harding, interprete diligente ed ordinato, si conferma restio ad incamminarsi su percorsi rischiosi e complessi. Abbado e Rattle, suoi validissimi maestri ed estimatori, hanno lasciato una forte traccia nei suoi modi di condurre e di interpretare. I tempi, di questa prima brahmsiana, adottati da Abbado nel cd DGG sono perfettamente sovrapponibili a quelli di questa sera di Harding. L’orchestra, sotto la sua bacchetta, gira bene, senza scossoni e sobbalzi, come il motore ben revisionato di un Airbus. I fiati solisti e il timpanista della formidabile OSN RAI sanno dare al flusso sonoro le spinte necessarie a districarlo dalla statica massa degli archi che Brahms e Harding, di conserva, tendono a mantenere eccessivamente compattata. Direttore ed orchestra hanno goduto del sonoro meritato apprezzamento che il folto pubblico, richiamato in sala dalla fama degli interpreti, gli ha tributato.