Madrid, Teatro Real – Stagione Concertistica 2022
Orchestra Il Pomo d’oro
Controtenore Jacub Jozef Orlinsky
Direttore e clavicembalo Francesco Corti
Musiche di autori vari
Madrid, 23 aprile 2022
Il Real di Madrid è un bel teatrone all’italiana, un po’ sordo forse, ma per l’occasione, con la correzione di una buona conchiglia in palcoscenico, l’acustica è stata definita e soddisfacente. In effetti proprio l’occasione richiedeva le migliori condizioni d’ascolto per la presenza di uno dei divi emergenti del canto barocco: Jacub Jozef Orlinsky, accompagnato nella circostanza da Il Pomo d’oro, un recente ma già noto ensemble internazionale a maggioranza italiana con cui ultimamente il giovane controtenore ha registrato e preparato vari progetti. La curiosità nel sentirlo dal vivo era tanta; Orlinsky non appare solo bravo nelle varie registrazioni, ma è evidente l’attenta costruzione mediatica e registica di un personaggio che ha tutto per piacere: tecnica, vocalità, bella presenza e un’espressione empatica e intensa nelle minime sfumature. È legittimo quindi chiedersi quanto si mantenga in palcoscenico di ciò che promettono i suoi curatissimi video-social.
Il programma presentava una coerente selezione soprattutto del tardo barocco, di vari generi e provenienze ma, al di là della nazionalità dei vari autori, fortemente marcata dallo stile operistico italiano dell’epoca, evidente anche nei brani sacri o di argomento sacro. Quindi svettava il modello dell’aria col da capo con tutto il campionario di genere, i relativi affetti e gli stilemi vocali e strumentali necessari per esprimere al meglio tali convenzioni, senza la cui corretta realizzazione ci troveremmo davanti solo uno scheletro tecnico e senz’anima. Diciamo subito che da questo punto di vista l’esecuzione è stata semplicemente impeccabile, di assoluto riferimento per qualità e coerenza dell’espressione, ottima articolazione del testo e, ovviamente, pulizia e precisione tecnica. Ma, mi direte, com’è dal vivo la vocalità di Jacub Orlinsky? Buona, anzi, ottima, anche se non spettacolare quanto le sue doti tecniche ed espressive. La voce, considerate anche le peculiarità del suo registro, non è particolarmente grande ma sonorizza senza problemi anche gli ampi spazi del Real, apparendo equilibrata con le sonorità dell’ensemble, ovviamente armato con strumenti adatti a un’esecuzione storicamente informata. La zona migliore del registro per bellezza, lucentezza del timbro ed espressione dinamica appare quella medio-acuta, intelligentemente messa in evidenza dal repertorio scelto; ciò che vocalmente più colpisce, oltre la scontata perfetta intonazione, è l’uguaglianza su tutta l’estensione: in oltre due ore di concerto non si è avvertita la minima defaillance o vuoto nel passaggio di registro, con una pulizia e una progressività veramente encomiabili.
Il Pomo d’oro ha mostrato, sotto la guida attenta e precisa di Francesco Corti, grande maturità e altrettanta perfezione tecnica ed espressiva nonostante la giovane età della maggior parte dei suoi membri, con una sorprendente varietà di dinamiche, sfumature, colpi d’arco e soluzioni timbriche. A ciò ha sicuramente collaborato l’articolata concertazione del continuo (con organo, cembalo, tiorba, fagotto e due violoncelli) che ha creato una notevole differenziazione dei livelli timbrici e dinamici.
Si parte coi fuochi d’artificio del Gratias Agimus Tibi dalla messa a cinque voci di Davide Perez: colorature stratosferiche sgranate senza la minima sensazione di affanno o precipitazione e con una tensione sempre coerente con la loro direzione espressiva; da sottolineare inoltre il perfetto insieme degli accenti nell’ensemble. Pubblico entusiasta poi per Il fonte della salute di Johann Joseph Fux, uno splendido cantabile con viola concertante che mette in evidenza le doti espressive di Orlinsky e l’uso calibrato della sua messa di voce. Dopo l’ottima esecuzione del Concerto a quattro in do minore, brano strumentale di Baldassarre Galuppi, la prima parte si conclude con la cantata tripartita di Jas Dismas Zelenka Barbara, dira, effera, dove è da segnalare l’eccellente articolazione del recitativo centrale, in cui Orlinsky trova gli accenti migliori del suo repertorio, ben accompagnato da una realizzazione del continuo varia e coerente con l’espressione del testo. Dopo la pausa la seconda parte segue una struttura simile con l’incipit ricco di colorature di Salve sis Maria di Francesco Conti, collegato senza soluzione di continuità da una bella cadenza della tiorba al cantabile di Francisco Antonio de Almeida Giusto Dio, forse il culmine espressivo del concerto: un’autentica ovazione ha salutato un’esecuzione tecnicamente ineccepibile, commovente, ricca di sfumature e appoggiature magistrali, che realmente collega la convenzione espressiva all’autentica espressione. Dopo un’aria da La Betulia liberata di Georg Reutter e un’Ouverture strumentale di Zelenka superbamente cesellata dall’ensemble, ecco una tipica aria di genere: A che si serbano di Gaetano Maria Schiassi, con le “furiose” e impeccabili colorature scolpite nella roccia e, per capire cosa siano i piani sonori strumentali, bisognerebbe sentire il finale, con l’antifona di Haendel Amen, Alleluja brano in se tutt’altro che indimenticabile, ma che ha la sua ragione d’essere proprio nell’efficace ripetizione in crescendo di intensità dinamica ed espressiva. Più di mille settecento spettatori in piedi e in delirio hanno preteso, e generosamente ottenuto, ben cinque bis, con qualche ripetizione del programma (da notare che Orlinsky introduce nella ripetizione di A che si serbano un’abile cadenza modificata rispetto alla prima esecuzione) e il culmine di uno dei suoi cavalli di battaglia: Vedrò con mio diletto da Il Giustino di Antonio Vivaldi, stupenda e delicatissima versione accompagnata con uno staccato alla corda in pianissimo da ricordare. Da notare che il Nostro, in una scamiciata esecuzione in bermuda di questo brano, ha ottenuto su YouTube più di otto milioni e seicentomila visualizzazioni (avete letto bene…) I Maneskin? Ma chi sono?