Teatro dell’Opera di Roma – Stagione Lirica 2021/22
“I PURITANI”
Opera seria in tre atti su libretto del conte Carlo Pepoli dal dramma storico Tetes rondes et Cavaliers di Jacques-Francois Ancelot e Joseph Xavier Boniface.
Musica di Vincenzo Bellini
Elvira Valton JESSICA PRATT
Lord Arturo Talbo JOHN OSBORN
Sir Riccardo Forth FRANCO VASSALLO
Sir Giorgio Valton NICOLA ULIVIERI
Lord Gualtiero Valton ROBERTO LORENZI
Sir Bruno Roberton RODRIGO ORTIZ
Enrichetta di Francia IRENE SAVIGNANO
Orchestra e Coro del Teatro dell’Opera di Roma
Direttore Roberto Abbado
Maestro del coro Roberto Gabbiani
Regia Andrea de Rosa
Scene Nicolas Bovey
Costumi Mariano Tufano
Luci Pasquale Mari
Nuovo allestimento del Teatro dell’Opera di Roma
Roma 19 aprile 2022
Finalmente in scena I Puritani di Vincenzo Bellini già eseguiti in forma di concerto all’Opera di Roma durante il periodo di chiusura per il Covid e che speriamo di esserci lasciati alle spalle. La regia per l’occasione è stata affidata ad Andrea de Rosa il quale ambienta l’opera in uno spazio novecentesco che ricorda per alcuni aspetti le prospettive dell’architettura razionalista immerse però in una luce fredda e in una monotonia cromatica alienanti. Punto centrale infatti di questa lettura è il tema della follia di Elvira che assurge a personaggio centrale dell’opera. La vicenda inizia in una specie di non ben definito ambiente psichiatrico come in una sorta di déjà-vu forse confondendo la pazzia della protagonista dei Puritani con quella della quasi contemporanea Lucia di Lammermoor che finisce assai drammaticamente e nella quale fin dall’inizio si scorgono nel volto i segni dei patimenti subiti e dell’alienazione mentale incipiente. Elvira a quanto è dato sapere viceversa è una quindicenne che all’epoca era in età più che da marito, nel pieno degli entusiasmi giovanili e della freschezza dei sentimenti ma alla quale non crediamo che possano adattarsi le attuali categorie dell’adolescenza. Soprattutto non incarna i turbamenti e le dinamiche mentali patologiche dei giovani di oggi che per fortuna solo talvolta sono spinti a commettere atti insensati di autolesionismo come ad esempio l’eyeballing. Ella infatti impazzisce improvvisamente, potremmo dire semplicemente e altrettanto rapidamente rinsavisce e la vicenda una volta tanto per la coppia degli innamorati si conclude felicemente. L’idea che la pazzia possa rendere ciechi è sicuramente affascinante e densa di significati simbolici ma in questo caso confligge con alcune frasi del testo risolte con l’approccio tattile, trascurando però il fatto che un malato mentale è ben difficile che accetti di farsi toccare o cerchi il contatto fisico, specie se non vedente, proprio perché prigioniero del suo mondo delirante. Infine Bellini all’epoca dopo una iniziale sicula diffidenza si consultò molto con Rossini nel corso della composizione dell’opera e se fu scelto il titolo de I Puritani e non per modo d’esempio Elvira ovverossia la pazza per amore, probabilmente un motivo valido vi sarà stato. Molte trovate come, fra le altre, il gioco con il velo di Elvira e i petali di non si sa che cosa mentre il tenore canta “A te o cara”, un momento in cui la melodia belliniana esprime da sola e senza bisogno d’altro la teatralità della vicenda è apparso oltre che non di buon gusto, francamente disturbante. Scarsa cura è stata dedicata alla gestualità dei cantanti che in molti punti ha rispolverato il più trito ed esecrato repertorio di braccio in alto, mano sul petto, sgonnellamento ad ogni girata e via dicendo. Infine in una composizione dalle ampie proporzioni e nella quale drammaticamente accade poco, la scelta della monotonia cromatica crediamo che non aiuti la narrazione facendo forse preferire dati il carattere e l’oggettiva bellezza della musica, l’esecuzione in forma di concerto.
Splendida è apparsa la direzione di Roberto Abbado per piglio, chiarezza della concertazione ed equilibrio narrativo. Di grande effetto teatrale le pause prima dell’esposizione delle attese e arcinote melodie e assolutamente non comune è apparsa la capacità del maestro di dipanare le lunghe melodie belliniane tratteggiate con un pennello intriso della tinta della malinconia senza mai cedere al sentimentalismo o al facile effetto. Buona la prova del coro diretto dal maestro Roberto Gabbiani. Nel ruolo di Elvira il soprano Jessica Pratt ha sfoggiato la solita grande musicalità ma anche l’esiguità del volume soprattutto nel registro medio-grave che in diversi punti rendeva faticosa la comprensione del testo. Ha tratteggiato comunque un ritratto intenso e convincente del personaggio secondo le intenzioni della regia riscuotendo un discreto successo ma certamente non un trionfo. Analogo discorso può esser fatto per il tenore John Osborn che ha impersonato Arturo Talbo. Probabilmente in serata non felice è giunto al termine della recita con onore, omettendo prudentemente il fa di Credeasi Misera ma alternando momenti di evidente fatica vocale a frasi anche molto commoventi. Franco Vassallo ha tratteggiato un Riccardo un po’ monocorde e veristicheggiante forse per indicazione di regia tuttavia ben compensando la debolezza del registro grave con acuti sicuri e luminosi. Ottimo il Giorgio di Nicola Ulivieri per nobiltà della linea di canto, omogeneità della voce e autorevolezza scenica. Corretto il lord Gualtiero di Roberto Lorenzi e al solito bravi e ben preparati i giovani del progetto Fabbrica rispettivamente Rodrigo Ortiz sir Bruno e Irene Savignano nei brevi ma difficili panni della regina vedova Enrichetta. Come sempre curato e ricco di belle immagini del tempo di Carlo I è stato il corposo programma di sala presentato. Alla fine applausi lunghi ma educati, forse con un velo di rammarico al termine di uno spettacolo lungo e sicuramente di buon livello ma al quale è mancato il fuoco d’artificio vocale che gli avrebbe fatto decretare il trionfo atteso in un titolo così celebrato, amato e di non frequente esecuzione. Foto Fabrizio Sansoni.