Eseguito per la prima volta intorno al 1645 presso la Corte di Sassonia, dove Heinrich Schütz era maestro di cappella, l’Oratorio-Passione “Sieben Worte Jesu Christi am Kreuz” (“Le sette parole di Gesù Cristo sulla croce”), fu pubblicato per la prima volta soltanto 240 anni dopo, nel 1885, nell’edizione dell’opera completa del compositore tedesco, curata dal musicologo Philipp Spitta. Alla sua pubblicazione seguì la sua prima esecuzione moderna che, avvenuta nello stesso anno presso la Gesellschaft der Musikfreunde (Società degli amici della musica) di Vienna, trovò, come riportato dall’autorevole critico musicale Eduard Hanslick, presente in sala, un pubblico attento, che, però, aveva ascoltato “visibilmente senza emozione profonda”. Il critico, poi, poneva a confronto questo oratorio con i lavori monumentali di Bach ed Händel a tutto sfavore di quello di Schütz, al cui scarso, per non dire inesistente, successo aveva contribuito anche la memoria del più recente oratorio Le sette ultime parole di Cristo sulla croce di Haydn risalente al secolo precedente. In realtà l’opera di Schütz va preservata da pesanti e inutili confronti con opere di epoche diverse che, quindi, presentano anche caratteristiche di linguaggio e di stile completamente differenti, ma va contestualizzata in un periodo storico in cui contava la ricerca di un particolare accordo, come di un intervallo o di una figura melodica particolarmente espressiva.
Dal punto di vista musicale l’oratorio si compone di 5 numeri, con due mottetti e due sinfonie che ne incastonano il nucleo centrale costituito dalla tragedia della crocifissione il cui testo è tratto dai quattro Vangeli. Il primo brano, Introitus, è un mottetto a cinque voci di carattere sommesso sul testo del corale Da Jesus an dem Kreuze stund del cui tema, però, Schütz non si avvale. Ad esso segue una sinfonia che, per la sua struttura contrappuntistica, costituisce quasi il volto strumentale del mottetto precedente e introduce il nucleo centrale dell’Oratorio, nel quale, Gesù, la cui parte è sostenuta da un baritono, alternandosi con l’Evangelista (di volta in volta, contralto, tenore e soprano), dopo aver invocato, in un declamato vibrante idoneo a rappresentare perfettamente il dramma, il Padre, parla con i due ladroni crocifissi accanto a lui. Una nuova sinfonia strumentale e un nuovo Mottetto a cinque voci sul testo dell’ultima strofa del corale Da Jesus an dem Kreuze stund concludono questo oratorio che si segnala per una scrittura sommessa e scevra da ornamenti, perfettamente aderente al triste clima della Passione di Cristo. Prescindendo da inutili quanto errati confronti, questo oratorio di Schütz è un lavoro breve ma intenso e sicuramente di grande suggestione.