Franz Joseph Haydn (1732 – 1809): “Il ritorno di Tobia” (1775)

A 290 anni dalla nascita del compositore
Oratorio per soli, coro ed orchestra Hobb:XXI:1, su libretto di Giovanni Gastone Boccherini. Prima esecuzione: Vienna, Kärntnertortheateater, 2 Aprile 1775

Quarto (primo in ordine di tempo) oratorio di Haydn e sicuramente quello meno eseguito in assoluto.
Quale difetto si può rimproverare al “Ritorno di Tobia “che non sia in relazione con le solite deficienze del libretto dovuto a Gastone Boccherini, “pecora nera” della famiglia dell’autore del Minuetto ” ? Uno solo, intendendo però per difetto un ostacolo alle esecuzioni, ovvero la “lunghezza” eccessiva l’oratorio, in forma integrale senza la minima amputazione, dura quasi tre ore. Sfrondare sarebbe però  impossibile senza incidere sulla sostanza musicale trattandosi non di una successione di una trentina di recitativi e arie di varie dimensioni, bensì di solo 17 numeri, molto elaborati ed estesi.  Ci si trova di fronte ad un poema musicale senza zone vuote. Dappertutto Haydn  impone la sua visione di sinfonista interpretando il quadro rigido dell’aria “con da capo”” alla luce delle sue conquiste rivoluzionarie nel campo della forma sonata, ed evitando ripetizioni e monotonia del vecchio oratorio napoletano del XVII secolo, con l’azione drammatica confinata in un interminabile serie di recitativi. Haydn crea un rapporto musicale dei più sostanziosi. È l’epoca immediatamente posteriore alla grande fase preromantica degli anni 1770-1772, in cui Haydn aveva voluto esprimere nella sinfonia e in altre forme strumentali un dramma interiore e sentimenti di rivolta estranei alla eloquenza normale di un musicista del tempo. Nel 1775, anno di composizione del “Tobia”, ha spostato l’interesse sul settore lirico, e in particolare sull’opera. L’ouverture è un vero primo movimento di sinfonia, proceduto da un adagio, e apre un primo spiraglio su un mondo musicale tormentato da modulazioni, cromatismi e drammatiche rotture ritmiche e dinamiche.
È l’Ha
ydn “prebeethoveniano”, instauratore di un clima appassionato che sarà quello di questo oratorio. Il compositore moltiplica gli interventi orchestrali nei recitativi, trasformandoli in brani intensamente espressivi  che preludono  al dramma musicale ottocentesco. Inoltre, amplifica il ruolo del coro che emerge con un rilievo è una potenza ignoti agli oratori italianizzati dell’epoca. Pagine come il recitativo e aria n. 10 (Raffaele), la già citata overture il grandioso insieme nr.13 (recitativo, aria e coro “Svanisce in un momento”, quest’ultimo aggiunto una decina d’anni più tardi, in occasione di una ripresa) rappresentano tra le più geniali dell’autore. Il “Tobia” ha sofferto delle conseguenze di giudizi sbrigativi basati sull’ignoranza di una partitura difficilmente accessibile e raramente eseguita.  Questo oratorio rappresenta invece nella musica vocale un punto fondamentale, come nel  gruppo delle sinfonie “ruggenti” la “Funebre” e gli “Addii” lo sono  nel settore orchestrale: il momento delle grandi esperienze delle audacie nel campo della strumentazione e dell’armonia.  In nessun altro oratorio di nessun altro compositore del ‘700 si ritrova un equivalente di queste arie sterminate, veri blocchi sinfonici: e neppure nel resto della produzione di Haydn, che dopo il “Tobia”, punterà  prevalentemente al melodramma, e ritornerà all’oratorio se non quarto di secolo più tardi, quando il genere si era già sensibilmente evoluto.