Fiorenza Cossotto (Crescentino, Vercelli, 22 aprile 1935)
Se all’inizio della carriera La giovane Fiorenza Cossotto (esordio nel 1957 come suor Matilde ne “I dialoghi delle Carmelitane” di Poulenc) dovette adattarsi per qualche anno alle parti di fianco già le avvisaglie di una grande carriera se erano comunque notate davanti a parti di maggior caratura musicale, come nel sensuale tratteggio della Maddalena del Rigoletto (in due incisioni discografiche degli anni) e soprattutto quando, nel 1960 era stata chiamata sostituire Giulietta Simionato in Aida all’Arena di Verona, dando l’avvio alla maturazione di uno dei personaggi di maggior peso della sua carriera, un vero segno di predestinazione, giacchè l’Amneris della Cossotto è stato uno dei suoi ruoli feticcio. La formazione vera di questa voce e gagliarda insieme esibita con accortezza da professionista si è verificata dunque nel corso degli ’60, per trovare la pienezza durante tutto l’arco degli anni ’70. I palcoscenici internazionali e le sale di registrazione se la sono contesa in tutte importanti parti mezzosopranili del repertorio italiano. Accanto alla già citata Amneris, la Cossotto è stata una delle massime interpreti di Adalgisa, Leonora (La Favorita), Azucena, fino a Santuzza (Cavalleria rusticana). Catalogata quale mezzosoprano autentico per il colore lucente e gradevolmente brunito, non scurissimo, del medium e del grave e la facilità della acuto, la Cossotto ha vantato sicuramente un posto di preminenza nell’agone delle specialiste italiane del dopoguerra e nell’ambito internazionale in genere. La corposità e l’aggressività del fraseggio ne avrebbero fatto una cantante di mero temperamento se non fosse che tale visceralità fosse sempre sublimata in virtù di un dominio impeccabile delle ragioni tecniche del canto. Ciò non è mai stato disgiunto dalle spesso geniali intuizioni psicologiche dell’interprete. Citiamo in particolare la sua Azucena, misteriosa e notturna, cupa nella sua superstizione, consacrata nell’incisione discografica diretta da Zubin Mehta che ancora oggi rimane, forse, la più convincente dell’intera storia dell’interpretazione moderna di questo personaggio.