Milano, Teatro Martinitt, Stagione 2021/22
“PERSONE NATURALI E STRAFOTTENTI”
Due tempi di Giuseppe Patroni Griffi
Donna Violante MARISA LAURITO
Mariacallàs GIANCARLO NICOLETTI
Fred GIOVANNI ANZALDO
Byron LIVIO BESHIR
Regia Giancarlo Nicoletti
Costumi Giulia Pagliarulo
Disegno luci Daniele Manenti
Produzione Altra Scena in collaborazione con Sycamore T Company
Il 12/03 a Rende (CS); per le altre date della tournée si veda qui
Milano, 6 febbraio 2022
Poco più di sedici anni fa scompariva Peppino Patroni Griffi, e l’anno scorso ne ricorreva il centenario della nascita. Eppure per il regista e scrittore napoletano nessuna celebrazione ufficiale è stata pensata, nemmeno una piccola retrospettiva dei suoi film, una ristampa delle sue opere. L’Italia ancora non è pronta, evidentemente. Il paradosso, tuttavia, è che negli anni Sessanta, Settanta e Ottanta era ben più che aperta alla portata scandalosa e corrosiva, lurida e aristocratica, poetica e sguaiata della sua opera, cinematografica e letteraria. Oggi, invece, a quanto pare, fa più comodo considerarlo un “minore”, un “dilettante di successo”, un amateur: nell’Italia del politically correct un uomo irrevocabilmente libero, alieno a qualsivoglia incasellamento (politico, sessuale, estetico), fa più paura che ai tempi andati della Diccì e del Compromesso Storico, e dei suoi film si tende unicamente a ricordare il compositore delle colonne sonore – Ennio Morricone. Dei suoi sette romanzi, di una raccolta di racconti e di undici scritti teatrali, nemmeno quello. Con grande gioia – e un filo di aspettativa – abbiamo dunque accolto la notizia di una nuova produzione (con bella tournée annessa) di “Persone naturali e strafottenti”, pièce abbastanza nota un tempo, anche se, da un punto di vista della drammaturgia di Patroni Griffi, seconda almeno a “In memoria di una signora amica” e “Metti una sera a cena”. Questa produzione, con la messa in scena di Giancarlo Nicoletti, rende, tuttavia, solo in parte giustizia al suo autore: sebbene impreziosita dalla performance di Marisa Laurito, con tutto ciò che questa si porta dietro (maestria, charme, schiettezza, ma anche una recitazione che ci appare forse un po’ datata), lo spettacolo stenta a decollare, poiché costretto in un’estetica impersonale, quasi ordinaria – la scena è pensata, infatti, senza alcuna pretesa artistica, ma solo come agevole contenitore per gli attori. La costruzione dei personaggi, comunque, funziona, con l’eccezione di Mariacallàs, interpretata, peraltro, dallo stesso Nicoletti: quella che dovrebbe essere una splendida creatura al di là del bene del male, l’incarnazione di un terzo sesso favoleggiato, si ritrova spesso imbrigliata tra smorfie e vocine e quindi solo saltuariamente godibile, oltreché di posticcia napoletanità e visto il tipo di personaggio, nulla di posticcio può essergli associato, considerato che la prima delle “persone naturali e strafottenti” del titolo è proprio lei. Simpatica, e senza dubbio compiaciuta al punto giusto, la già citata Marisa Laurito, nel non semplice ruolo di Donna Violante, un’ex serva di bordello che per vivere subaffitta il proprio appartamento alla travestita Mariacallàs; un plauso anche al giovane Giovanni Anzaldo, che mostra un buon approfondimento del ruolo del borghese intellettuale omosessuale a caccia di una notte di sesso facile, ma perseguitato dalla sua stessa piccolezza, mentre decisamente più ingessato (e non solo per il rigore della parte) è risultato Livio Beshir, nel ruolo di Byron, livoroso attivista per i diritti dei neri, per il quale essere gay significa letteralmente “metterla in culo al mondo”, ma non è in grado di gestire nemmeno la propria identità; si crede poco a quello che Beshir dice e fa, forse anche a causa del testo (ambientato nel 1974, che oggi lo rende un personaggio parzialmente anacronistico) e della regia, che non si è preoccupata dell’adattamento, di pensare a una rinascita di questo testo, ma si è limitata a rendercelo qual era quarant’anni fa, eliminando solo i nudi integrali maschili. E invece è chiaro che il teatro di Patroni Griffi, trattandosi di un classico del Novecento, un imprescindibile tassello della scena napoletana contemporanea (che va da Eduardo a Ruccello, fino a Moscato), debba essere ridisegnato per il suo pubblico migliaia di volte, giacché intaccarlo sarebbe quasi impossibile. Nel complesso uno spettacolo godibile, ma che avremmo preferito più ricercato, coraggioso, vero, com’era il suo straordinario autore. Insomma, più naturale e strafottente. Foto Luana Belli