Opéra-comique in tre atti su libretto di François-Benoit Hoffmann, da Euripide. Prima rappresentazione: Parigi, Théâtre Feydeau, 13 marzo 1797.
Il musicologo Giulio Confalonieri (1896-1972) ha spiegato il significato di Medea nella storia del melodramma, la sua portata rivoluzionaria., poiché si trattò realmente di una rivoluzione anche se Cherubini, a ben vedere, portò ai massimi sviluppi le premesse della riforma gluckiana e anche se gli certamente non fu il solo ad approfondire una concezione musicale che doveva rivelarsi futuristica. Ciò che ancora oggi maggiormente resiste ai segni del tempo, è il sinfonismo, che sprigiona una cupa drammaticità; un sinfonismo antitetico rispetto a quello di Mozart, come del resto la vocalità, benché vi si possa scoprire qualche traccia di Donna Anna e di Fiordiligi, o dell’ultima scena del Don Giovanni. È uno strumentale aspro e rude, privo di suggestioni coloristiche, implacabilmente monocromo. La mancanza di varietà timbrica sfiora la monotonia, ma fa emergere ancor più il rigore di una scrittura che conosce la forza di una articolazione serrata e coerente, la capacità di edificare poderose strutture musicali. In questo senso appunto le anticipazioni di Beethoven, più volte sottolineate, sono di chiara evidenza, addirittura stupefacenti (Medea, ricordiamolo, è del 1797, e precede di oltre un decennio Fidelio e di un ventennio le prime affermazioni di Weber). Pensiamo alle introduzioni del primo e del terzo atto, che sono già un archetipo di sinfonia d’opera protoromantica tedesca, da affiancare al Coriolano e al Franco calciatore o alla Rosamunda di Schubert.Ma il preromanticismo di Medea ha un segno diverso: non è teso e tagliente, bensì grandiosamente tragico, quasi ieratico.
Quanto alla vocalità Cherubini esplora il mistero della parola, anche anche a costo di ricorrere ad una scrittura “scomoda”, che richiede dalla protagonista suoni cupi e slanciate incisività. Ma la temerarietà di Cherubini (evidentemente suggestionato da un soggetto che attingeva a Euripide e a Corneille e che sviluppava la tragica vendetta della principessa di Colchide su Giasone) arrivò addirittura costruire un’opera su un solo personaggio, che domina la scena da cima a fondo, affrontando un discorso univoco e crude crudamente “monocorde”. Solo oltre un secolo dopo Strauss con Elektra avrebbe tentato tanto, rischiando ancora di produrre lo stesso disagio sull’ascoltatore. Va però anche segnalato un elemento negativo che si è creato successivamente, ossia i recitativi accompagnati, composti da Lachner, in sostituzione dei dialoghi parlati, pensati da Cherubini, secondo Le consuetudini dell’Opéra-comique:questi recitativi anche se drammaturgicamente decorosi, sono stasi prosastiche che appesantiscono il discorso, doppiamente dannose in un’opera basata principalmente sull’uso del declamato e della arioso. Cherubini certo si rivela un costruttore di vigorosi blocchi drammatici, ma non sempre un autentico inventore di musica.