Verona, Teatro Filarmonico: “Il segreto di Susanna” & “Suor Angelica”

Verona, Teatro Filarmonico, Stagione Lirica 2022
“IL SEGRETO DI SUSANNA”
Intermezzo in un atto su libretto di Enrico Golisciani.
Musica di Ermanno Wolf-Ferrari
Conte Gil VITTORIO PRATO
Contessa Susanna LAVINIA BINI
Sante ROBERTO MORO
Regia Federica Zagatti Wolf-Ferrari
Scene Serena Rocco
Costumi Lorena Marin (Fondazione Teatro Regio di Parma)
Luci Andrea Tocchio
Nuovo allestimento della Fondazione Arena di Verona
“SUOR ANGELICA”
Opera in un atto su libretto di Giovacchino Forzano
Musica di Giacomo Puccini
Suor Angelica CHIARA ISOTTON
La zia Principessa GRAZIELLA DE BATTISTA
La Badessa TIZIANA REALDINI
La Suora zelatrice ALESSANDRA ANDREETTI
La Maestra delle novizie ALICE MARINI
Suor Genovieffa ROSANNA LO GRECO
Suor Osmina SONIA BIANCHETTI
Suor Dolcina JESSICA ZIZIOLI
La Suora infermiera ELISA FORTUNATI
Prima cercatrice MANUELA SCHENALE
Seconda cercatrice GRAZIA MONTANARI
Prima conversa EMANUELA SIMONETTO
Seconda conversa MIRCA MOLINARI
Una novizia CECILIA RIZZETTO
Orchestra e Coro della Fondazione Arena di Verona
Direttore Gianna Fratta
Maestro del Coro Ulisse Trabacchin
Regia Giorgia Guerra
Scene Serena Rocco
Costumi Lorena Marin (Fondazione Teatro Regio di Parma)
Luci Andrea Tocchio
Nuovo allestimento della Fondazione Arena di Verona

Verona, 30 gennaio 2022
Per l’inaugurazione della stagione lirica 2022 al Teatro Filarmonico, la Fondazione Arena di Verona si affida ad un dittico singolare ed apparentemente contrapposto, in realtà capace di saldare due elementi, il segreto e l’emancipazione femminile da obblighi, costrizioni e pregiudizi. Da una parte Susanna, stretta nella morsa di una mentalità maschilista abbastanza comune agli inizi del ‘900 (epoca in cui Wolf-Ferrari scrisse il suo lavoro), dall’altra Angelica nella struggente solitudine imposta dalla forzata vita monastica. Due donne unite quindi dalla custodia di un segreto e dal prepotente desiderio di sottrarsi alle rigide regole imposte ora da un marito geloso, ora da una zia incapace di comprendere il desiderio d’amore della nipote. In prima esecuzione a Verona, Il segreto di Susanna è una brillante commedia che si regge in equilibrio tra il gusto tedesco di matrice classica e la tradizione italiana, in particolare gli intermezzi settecenteschi: è evidente il richiamo alla pergolesiana Serva padrona anche nelle forze vocali in scena (soprano, baritono e mimo). La scrittura di Wolf-Ferrari getta lo sguardo all’Impressionismo, con una breve citazione del Préludes à l’après midi d’un faune di Debussy, e alle avanguardie coeve ma rimane tuttavia ancorata alla tonalità strizzando l’occhio anche a Rossini e al Verdi di Falstaff (“Tutto è fumo in questo mondo”); come prevedibile anche l’impianto scenico e registico non poteva che rispettare la sua collocazione temporale attraverso la morbida fusione di forme classiche e moderne. In particolare la regìa di Federica Zagatti Wolf-Ferrari, pronipote del Maestro,  muoveva i passi in una semplice e quotidiana ambientazione fatta di leggerezza ma sempre sorretta dall’idea di “forza rinnovatrice” che animò l’illustre avo nel comporre la partitura. La semplicità dell’azione scenica è stata resa quindi con convincente efficacia dai protagonisti, in particolare Lavinia Bini, soprano che unisce alle già conosciute doti vocali anche spiccate capacità attoriali nei ruoli brillanti (senza però dimenticare il recente tratto drammatico ne La voix humaine sempre al Filarmonico) confermando la piacevole impressione già avuta negli spettacoli precedenti. Nei panni del marito geloso l’altrettanto efficace e bravissimo Vittorio Prato, giovane baritono che può contare su un bel timbro omogeneo ed una controllata e musicalissima proiezione del suono; come terzo incomodo, il fido (ma in realtà complice silente di Susanna) maggiordomo Sante interpretato dal mimo veneziano Roberto Moro.
A seguire, l’opera forse più delicata di Puccini, e da lui molto amata; dopo l’edizione del 2000, il ritorno a Verona di Suor Angelica è trasposto storicamente all’inizio degli anni ’20 per garantire una linearità drammaturgica con l’intermezzo di Wolf-Ferrari. La morte non è l’elemento di eterna dannazione ma il momento supremo del ricongiungimento con il figlio sotto la benedizione della Vergine, mirabile trasfigurazione della protagonista e il suo desiderio di maternità. Una vicenda che consentiva a Puccini di trattare contenuti a lui molto cari come l’amore disperato vissuto da una donna già condannata dalla rigida morale del suo tempo, e che il compositore immortala in un mirabile affresco sinfonico fatto di temi e dinamiche rarefatte ma anche di intensa passione.
Nel ruolo del titolo, chiamata a sostituire in extremis la collega indisposta, si è imposta con grande sicurezza scenica e vocale Chiara Isotton: il giovane soprano ha avuto un compito tutt’altro che facile per una parte che inizia quasi in sordina ma che via via svela il personaggio facendosi più densa di intimo lirismo. Nella celebre Senza mamma la Isotton ha saputo rendere la complessa trama che anima il brano, dalla semplice modalità armonica iniziale passando alla visione estatica centrale e il dialogo immaginario con il figlio, per concludere con il delicatissimo filato; la sua forza dirompente nella drammaticità del momento è stata davvero coinvolgente. Con la sua freddezza ostentata, la zia Principessa di Graziella De Battista si è mostrata all’altezza della situazione: nell’unico ruolo importante affidato da Puccini alla voce di contralto, la cantante maltese entra nella grigia e monotona realtà conventuale come la scure, mantenendo un atteggiamento algido e distaccato a cui Puccini affida una lapidaria declamazione, particolarmente convincente nella De Battista che è dotata di un bel timbro.
Nelle parti minori, alcune delle quali sostenute dalle artiste del coro della Fondazione, svettavano per caratterialità e controllo della voce Elisa Fortunati come suora infermiera, ma pure Cecilia Rizzetto, Alice Marini, Rosanna Lo Greco, Jessica Zizioli.
A guidare l’Orchestra e il Coro della Fondazione Arena vi era Gianna Fratta, già debuttante a Verona nella Stagione Sinfonica e che anche nel cimento con l’opera non ha deluso le aspettative. Una salda presenza sul podio la sua, con perfetta padronanza del collegamento orchestra/palcoscenico e capace di mantenere viva la tensione musicale in ogni momento; un bel gesto il suo, unito ad una grande abilità nella concertazione sia nella frizzante scrittura di Wolf-Ferrari quanto nella commovente partitura pucciniana. Cogliamo l’occasione, purtroppo, per tornare ancora una volta sulla vexata quaestio dell’orchestra scoperta che rende non sempre agevole ai cantanti proiettare il suono in platea; occorrerà in tal senso giungere ad una soluzione che accontenti l’ascolto pur nel rispetto delle norme di sicurezza. Corretti e bene inseriti gli interventi del coro femminile, istruito da Ulisse Trabacchin.
L’impianto scenico, firmato da Serena Rocco, giocava con efficacia sul contrasto tra le due vicende: un salotto luminoso con poltrona e divano bianchi per Susanna (ed un’ampia vetrata sullo sfondo da cui Gil può spiare e cogliere in flagrante la moglie), un chiostro oscuro e spoglio per Angelica seguendo un concetto di semplice linearità atemporale che risaltava i costumi, storicamente più specifici, di Lorena Marin provenienti dal Teatro Regio di Parma. Al grigio scuro del convento, specchio della solitudine della protagonista, si oppongono le figure bianche delle monache nei rari momenti di svago che spezzano la rigida regola conventuale. La regìa di Giorgia Guerra era protesa alla ricerca dell’autenticità di Suor Angelica, di come potesse essere la sfortunata donna prima del suo forzato internamento claustrale: la sua carnalità nel fiore degli anni e la gioia della maternità, crudelmente soffocate dalla famiglia. A completare l’aspetto visivo, le luci di Andrea Tocchio hanno saputo interagire garbatamente con quanto avveniva in scena. Un ulteriore dato confortante veniva dal pubblico presente in sala, assai più numeroso rispetto ai desolanti vuoti degli spettacoli precedenti. Repliche il  4 e 6 febbraio. Foto Ennevi per Fondazione Arena.