Trieste, Teatro Giuseppe Verdi, stagione d’opera e balletto 2022
“CARMEN- SUITE”
Balletto in un atto basato sulla novella di Prosper Mérimée.
Musica Georges Bizet e Rodion Ščedrin
Coreografia Alberto Alonso
Carmen NATALIA MATSAK
Don José SERGEIJ KRYVOKOV
Escamillo SERGHEIJ DOZENKO
Zuniga DMYTRO DZENYK
Destino KATERYNA BURDIK
Tabaccaie ANASTASIIA KORNO, VIKTORIA KOSTIUCHENKO
“SHÉHÉRAZADE”
Balletto in un atto e quattro quadri di Michel Fokine
Musica Nikolaj Rimskij- Korsakov
Coreografia storica di Michel Fokine
Zobeide NATALIA MATSAK
Schiavo d’oro SERGEIJ KRYVOKOV
Schariar BOHDAN CHABANIUK
Compagnia dell’Odessa National Academic Theater of Opera and Ballet
Orchestra della Fondazione Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste
Direttore Igor Chernetski
Scene Evgenii Gurenko
Costumi Serhii Vasilievs
Trieste, 12 febbraio 2022
Il teatro Verdi di Trieste ha inserito nella Stagione Lirica e di Balletto 2022 uno spettacolo di danza, invitando la compagnia di balletto dell’Odessa National Academic Theater of Opera and Ballet. Iniziativa meritoria, che ricorda, però, come il teatro giuliano non abbia più da anni un proprio corpo di ballo. Dopo stagioni gloriose di autoproduzioni, fra le quali anche i titoli proposti in questa occasione, una scelta drammatica spinse qualche anno fa ad un taglio doloroso, che oggi comporta la necessità di ricorrere a spettacoli di importazione, spesso provenienti dall’estero, per garantire il giusto spazio alle proposte coreutiche. Questa compagnia, peraltro, era già stata ospite del teatro nel 2018, con La Bella Addormentata, spettacolo dal sapore antico, un po’ datato nelle scene , che piacque soprattutto al pubblico più tradizionalista.
Questa volta la proposta era articolata in due atti unici:Carmen Suite e Shéhérazade. Il primo lavoro racconta la vicenda della vita di Carmen, zingara bella sensuale, della quale si innamora don Jose, un giovane soldato che la fanciulla prima seduce e poi abbandona per il torero Escamillo. Di fronte al tradimento, don Josè accecato dalla gelosia uccide Carmen: il destino è compiuto. Le coreografie di Alberto Alonso, create nel 1967 per la grande Maja Plisetskaja, il cui marito, Rodion Ščedrin, adattò le musiche di Bizet per lo spettacolo. A Trieste le due parti principali sono interpretate da Alia Matsak, già nota al pubblico del Verdi come Odille nel Lago dei cigni proposto nel 2015 dal teatro di Lubiana e Sergij Kryvokon. La Matsak affronta con bravura la parte, dimostrando una tecnica rigorosa, che se da un lato appanna la componente sensuale del ruolo nonostante l’innegabile avvenenza, dall’altra le consente di brillare per resa tecnica e magnetismo. Sergeij Kryvokon riesce a tratteggiare gli aspetti umani di Don Josè con solida tecnica. Accanto ai due, solisti ospiti della compagnia, una intensa Mariia Riazanteseva (Destino) ed un aitante, anche se non particolarmente suadente, Escamillo interpretato da Serghij Dozenko. Brillante la resa della compagnia in questo primo atto, che le scene di Evgenii Gurenko riescono a sottrarre all’iconografia tradizionale, ma non al confronto con quelle realizzate per l’opera omonima di Bizet da Carlos Saura. Shéhérazade occupa la seconda parte della serata proposto nella storica coreografia di Fokine. La trama racconta l’antefatto alle Mille ed Una notte, con il Sultano Shahriar che cede alle provocazioni del fratello minore Shahseman, sostenitore dell’infedeltà femminile, e per mettere alla prova la consorte, finge di partire per la caccia. Le odalische convincono il capo eunuco di far entrare i loro amanti e la stessa Zobeide, la sposa di Shahriar, non si sottrae all’occasione, invitando lo schiavo d’oro. Al suo ritorno il Sultano si trova davanti ad un’orgia e fa uccidere tutti i partecipanti. Risparmia la moglie, che però sottrae il pugnale al marito e si suicida. Le scene di Gurenko ricreano una ambientazione orientaleggiante ricca di citazioni ed opulenta cromaticamente, che rimanda alle scene originali di Baskt. Analogamente i bei costumi firmati da Vasieliev sicuramente servono i ballerini in maniera efficace, anche se la componente sensuale appare decisamente smorzata e poco coraggiosa.Che è fatto non irrilevante per una vicenda come questa, in cui si narra di fedeltà tradite, orge sfrenate, schiavi lussuriosi e si conclude con il suicidio di una moglie fedifraga. In questa seconda parte Alia Matsak (Zobeide) mostra eleganza, un’ampia gamma di espressività unite a una solida tecnica. Convince meno, invece, Sergij Kryvokon (schiavo d’oro), sebbene tecnicamente sicuro, fisicamente accattivante, non riesce ad essere credibile e coinvolgente come oggetto della passione e del desiderio della protagonista. La sua espressività ci appare alquanto manierata. Piacevole la caratterizzazione del capo eunuco, così come positvia la prova dell’intero corpo di ballo che messo in luce grande sincronia e coordinamento. Igor Chernetski, nella recita cui abbiamo assistito, ha diretto con efficacia l’orchestra del Verdi, nella quale si è distinto Stefano Furini, intenso ed emozionante, che si inserisce con bravura nella tradizione dei grandi primi violini del teatro triestino.
Il pubblico, numeroso e con moltissimi giovani, ha accolto i solisti e la compagnia, con applausi copiosi e numerose chiamate al proscenio.