Torino, Teatro Regio, Stagione d’opera e di balletto 2022
“LA BOHÉME”
Opera in quattro quadri su libretto di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica, ispirato al romanzo di Henri Murger Scene della vita di Bohème
Musica di Giacomo Puccini
Mimì FRANCESCA SASSU
Rodolfo MARCELLO LIPPI
Musetta CRISTIN ARSENOVA
Marcello ILYA KUTYUKHIN
Schaunard JAN ANTEM
Colline BOZHIDAR BOZHKILOV
Benoît e Alcindoro MATTEO PEIRONE
Parpignol ALEJANDRO ESCOBAR
Sergente dei doganieri RICCARDO MATTIOTTO
Un doganiere MARCO SPORTELLI
Il venditore di prugne PIERANGELO AIMÉ
Orchestra e coro del Teatro Regio di Torino
Direttore Pier Giorgio Morandi
Maestro del coro Andrea Secchi
Regia Pietro Maranghi
Curatrice delle scene Leila Fteita
Curatrice dei costumi Nicoletta Ceccolini
Bozzetti di Adolf Hohenstein per la prima assoluta al Regio custoditi dall’Archivio Storico Ricordi
Produzione Teatro Regio di Torino
Luci Andrea Anfossi
Torino, 13 febbraio 2022.
Il Teatro Regio di Torino ha passato momenti molto difficili in cui alla situazione generale creata dall’epidemia si sono aggiunti numerosi problemi interni non ancora totalmente risolti e che hanno pesato non poco sulla programmazione di questa stagione. Nonostante tutte queste difficoltà la riapertura al pubblico in condizioni di normalità è già un segnale molto positivo.
L’occasione non poteva che avvenire nel segno di “La bohéme” l’opera torinese per antonomasia, quella più eseguita sul palcoscenico subalpino. Scelta quindi assolutamente naturale nonostante il titolo risulti ormai più che inflazionato alla settima ripresa in dieci anni seppur con cambi di allestimento.
Lo spettacolo proposto – con la regia di Pietro Maranghi – era previsto per la scorsa stagione passata ma era stato rimandato per ragioni sanitarie con l’eccezione di un’unica recita destinata alla trasmissione televisiva – e ora approda finalmente in scena. L’allestimento si caratterizza per una ricostruzione quasi archeologica delle scene e dei costumi tratti dai bozzetti originali di Adolf Hohenstein ripresi da Leila Fteita e Nicoletta Ceccolini. Quella che vediamo è “La bohème” come tutti l’abbiamo immaginato, precisa e dettagliata nei suoi elementi storico-ambientali, poeticamente immerse in atmosfere di un tempo perduto, della nostalgia per la gioventù sfuggente, degli amori che sfioriscono appena sbocciati, per le piccole cose di un tempo vicino, ma irrimediabilmente perduto. Il risultato è un’atmosfera quasi gozzaniana, molto torinese. Le scene di Hohenstein sono rigorose, nitide, lontane da quell’eccesso di arredi e orpelli cui ci hanno abituati spettacoli più recenti, risultano efficaci e non inutilmente cariche. Le luci danno all’insieme un tocco poetico e rompono con il realismo di fondo dando maggior risalto simbolico ad alcuni momenti.
La direzione d’orchestra è stata affidata a Pier Giorgio Morandi in sostituzione del previsto Daniel Oren. Morandi è un direttore di esperienza che sa reggere lo spettacolo con sicurezza ed è un buon accompagnatore, cosa importante con un cast di cantanti in media assai giovani. Manca una maggior personalità, una visione più originale e moderna della partitura, quel colpo d’ala che elevi dal pur buon artigianato musicale.
La compagnia – come detto precedentemente – risultava composta in gran parte da giovani e ha visto diversi avvicendamenti con l’avvicinarsi dell’andata in scena. A emergere è stata la coppia protagonista. Matteo Lippi è un buon Rodolfo. La voce è di marca schiettamente lirica, chiara e luminosa con buona facilità in acuto. Il fraseggio è buono e l’interprete gradevole anche se forse un po’ convenzionale. Sicuramente alcuni elementi sono da maturare ma nel complesso la prova risulta positiva.Francesca Sassu ormai è una certezza. La cantante sarda si è confermata interprete di qualità vocale ed espressiva. La frequentazione belcantista si nota nell’ottima qualità dell’emissione e nella sicurezza su tutta la gamma. Per vocalità e temperamento ha particolarmente brillanto nei momenti più drammatici con il momento più riuscito nel “Donde lieta uscì”.
Il resto del cast ci è parso meno interessante. Ilya Kutyukhin (Marcello) baritono lirico di bel colore e già in possesso di una buona dizione italiana. Sul piano del fraseggio, come su quello interpretativo deve ancora maturare molto anche se i segnali positivi si possono riconoscere. Cristin Arsenova è una Musetta corretta, vocalmente pulita e ben centrata nel canto. Anche lei molto giovane deve evolvere sul versante espressivo.
Jan Antem (Schaunard) centra il personaggio sul piano attoriale ma la voce è piccola e l’emissione non sempre a fuoco rispetto ai colleghi. Bozhidar Bozhkilov (Colline) avrebbe anche buone qualità vocali ma l’emissione è ben lontana dallo stile italiano, così come latita il senso del canto di conversazione senza il quale è impossibile approcciarsi correttamente a questo repertorio. Matteo Peirone riprone con la solita classe il doppio ruolo di Benoît e Alcindoro, ormai una seconda pelle per il basso piemontese. Funzionali nell’insieme le parti di fianco.
Ottima la provo del coro – che si conferma una delle certezze del teatro piemontese – mentre l’orchestra avrebbe avuto bisogno di qualche stimolo direttoriale in più per rendere al meglio.
La ripartenza c’è stata, il vento è tornato a spirare sulle vele del Teatro Regio, ora ci si augura che la navigazione possa riprendere propizia.
Le foto si riferiscono alla prima compagnia in mancanza di materiale pertinente al cast analizzato.