Roma, Teatro dell’Opera: “Luisa Miller”

Teatro dell’Opera di Roma, stagione lirica 2021-22
“LUISA MILLER”
Melodramma tragico in tre atti, Libretto di Salvatore Cammarano tratto dalla tragedia Kabale und Liebe di Friedrich Schiller.
Musica di Giuseppe Verdi
Il Conte di Walter  MICHELE PERTUSI
Rodolfo ANTONIO POLI
Federica  DANIELA BARCELLONA
Wurm  MARCO SPOTTI
Miller  AMARTUVSHIN ENKHBAT
Luisa ROBERTA MANTEGNA
Laura IRENE SAVIGNANO*
Un contadino RODRIGO ORTIZ*
*Dal progetto “Fabbrica” Young Artist Program del Teatro dell’Opera di Roma
Orchestra e Coro del Teatro dell’Opera di Roma
Direttore Michele Mariotti
Maestro del Coro Roberto Gabbiani
Regia Damiano Michieletto ripresa da Andrea Bernard
Scene Paolo Fantin
Costumi Carl Teti
Luci Alessandro Carletti
Movimenti mimici Carlo Diego Massari
Allestimento Opernhaus Zurigo
Roma, 12 gennaio 2022
Con il mutare del gusto del pubblico e della critica Luisa Miller di Verdi nonostante l’indubbio valore teatrale e musicale cadde nell’oblio a partire dagli anni 70 dell’ottocento per tornare poi ad essere rappresentata a partire dai primi decenni del secolo scorso grazie al maestro Toscanini in primis e poi con maggior continuità al maestro Serafin che proprio al Teatro Reale dell’Opera di Roma la ripropose con successo, forte di un cast prestigiosissimo nel quale brillava, oltre a Maria Caniglia, anche il tenore Giacomo Lauri Volpi che più volte eseguì la parte di Rodolfo e l’aria fino a divenire poi negli anni ’50 del novecento il protagonista della prima incisione discografica, sempre con i complessi della RAI di Roma.La città vanta dunque un indubbio, profondo ed elettivo legame con questo splendido titolo più volte successivamente ripreso dal Teatro dell’Opera nel corso degli anni. La direzione della riproposta attuale è stata affidata al maestro Michele Mariotti che con questo spettacolo diviene ufficialmente il nuovo Direttore Musicale del teatro. Fin dalla sinfonia appaiono chiare la squisita cura del suono e del fraseggio, la chiarezza della concertazione e l’elegante respiro conferito alle celebri frasi melodiche. La narrazione procede spedita, senza autocompiacimenti o cadute di tensione, sostenendo sempre la linea melodica delle voci e riuscendo a conferire varietà, ricchezza ed espressione musicale anche agli accompagnamenti più in apparenza rigidamente ritmati e bandistici. Molto buona prova del coro diretto dal maestro Gabbiani per la bella tavolozza di colori trovata a dispetto del grigiore dell’allestimento. Ottimo poi anche per omogeneità il cast vocale scritturato. Roberta Mantegna, dalla quale forse ci si sarebbe aspettati un volume leggermente superiore, è stata una protagonista intensa, sensibile e partecipe. Superate con ammirevole disinvoltura le agilità della sortita e del duetto con il baritono ha saputo poi trovare accenti intensi e commoventi senza compromettere la morbidezza e l’uniformità dell’emissione o lasciarsi intimorire dalla lunghezza e dalla complessa tessitura della parte. Rodolfo è stato affidato al tenore Antonio Poli, artista sensibile e dalla gradevole figura scenica ma con qualche problema ancora da risolvere negli acuti estremi non tale da compromettere la complessiva positiva riuscita del personaggio. L’aria del secondo atto in particolare, eseguita con temperamento, ricchezza di fraseggio e poesia di non comune ascolto è stata applaudita con entusiasmo. Ottimo il baritono mongolo Amartuvshin Enkhbat nel ruolo di Miller sia sotto il profilo meramente tecnico che espressivo e del pari brava anche la coppia di bassi rispettivamente Michele Pertusi Walter e Marco Spotti Wurm, quest’ultimo obbligato dalla regia ad una recitazione stereotipata che ricordava in modo involontariamente ridicolo l’irresistibile e mai dimenticato Marty Feldman in Frankenstein junior. Federica di lusso è stata Daniela Barcellona che ha saputo ben interpretare con il proprio colore vocale l’autorevolezza aristocratica e l’orgoglio ferito del proprio personaggio. Infine bravi e promettenti i due giovani interpreti dei ruoli minori, Irene Savignano e Rodrigo Ortiz,  in formazione nell’ambito del progetto “Fabbrica”. Unico neo, spiace dirlo, la regia e le scene. Senza voler entrare nel merito della pertinenza o meno del taglio di lettura scelto, incentrato sul conflitto tra padri e figli visto in modo speculare tra le due coppie Walter e Rodolfo e Miller e Luisa, l’effetto complessivo è stato di un inutile e monotono grigiore atemporale, turbato da un frequente e disturbante movimento circolare della struttura centrale che partiva spesso in concomitanza dei passaggi musicali più attesi. Infine, Luisa che muore su un tavolino da cucina mentre i due bambini, alter ego della coppia di amanti in libero passeggio per tutti e tre gli atti, giocano a cuscinate su un letto matrimoniale, non ce ne voglia il regista ma crediamo proprio che non funzioni. Non si comprende il perché della scelta di questo spettacolo concepito per l’opera di Zurigo, francamente non bello e per il quale il regista stesso a quanto si legge non ha trovato il tempo di venire a Roma ed ha probabilmente provveduto ad inviare un collega per curarne la ripresa. Alla fine, rotazioni del palcoscenico a parte, tutti salvi da kinetosi, crisi emicraniche e comiziali, lunghi, meritati e calorosi applausi per tutti gli interpreti, per il direttore e soprattutto per la assoluta bellezza della musica. Foto Fabrizio Sansoni