Piacenza, Teatro Municipale – Stagione d’Opera 2021-22
“LA FAVORITA”
Dramma in quattro atti di Alfonso Royer e Gustavo Vaëz; versione ritmica italiana di Francesco Jammetti.
Musica di Gaetano Donizetti
Alfonso XI SIMONE PIAZZOLA
Leonora di Gusman ANNA MARIA CHIURI
Fernando CELSO ALBELO
Baldassarre SIMON LIM
Don Gasparo ANDREA GALLI
Ines RENATA CAMPANELLA
Orchestra Filarmonica Italiana, Coro del Teatro Municipale di Piacenza
Direttore Matteo Beltrami
Maestro del Coro Corrado Casati
Regia Andrea Cigni
Scene Dario Gessati
Costumi Tommaso Lagattolla
Luci Fiammetta Baldiserri
Nuomo Allestimento in coproduzione Teatro Municipale di Piacenza, Teatro Regio di Parma
Piacenza, 20 febbraio 2022
La scelta del Teatro Municipale di Piacenza e del Teatro Regio di Parma di riportare sulle scene “La Favorita“ di Gaetano Donizetti è certo felice: quest’opera, di grande fascino, ha sempre goduto in passato di molta popolarità, e si profila come probabilmente la migliore delle opere del periodo parigino del compositore bergamasco. Nata come grand opéra, oggi viene riproposta in una veste all’italiana, cioè senza i ballabili e in traduzione: tuttavia il maestro Matteo Beltrami decide di integrare la più breve versione nostrana anche con l’aria del tenore sul finale del primo atto (“Sì che d’un solo accento“), che chiarisce meglio gli intenti e le ragioni del personaggio di Fernando. La direzione di Matteo Beltrami è inoltre singolarmente riuscita: il gesto energico, la timbratura decisa degli strumenti, l’insofferenza per il larmoyant fine a se stesso, riescono a dare nuovo lustro alla partitura donizettiana, cavandone una ricca gamma espressiva e un più marcato eroismo – contraddistinto dal buon rilievo dato ai fiati. L’attenta direzione d’orchestra trova nel cast una buona corrispondenza: Anna Maria Chiuri si conferma cantante di rango; Leonora di Gusman le calza a pennello, sia per la sensuale fisicità, sia per la dolente costruzione del personaggio, e le non poche insidie che riserva la parte vocale vengono risolte dalla Chiuri con naturalezza, un fraseggio attentissimo e intelligenza musicale. Accanto a lei Simone Piazzola (Alfonso XI) si rivela un altrettanto ammirevole cantante per stile ed eleganza, forse solo un po’ impacciato sul piano scenico. Altro interprete che mostra qualche limite scenico è Celso Albelo (Fernando): tenore senz’altro di doti comprovate, la sua interpretazione ha risentito, tuttavia, di un suono che, nella prima ottava appare poco gradevole, con suoni nasaleggianti. Impeccabile, invece, il passaggio di registro e quindi anche gli acuti, sono come sempre facili e timbrati. Renata Campanella è una Ines di bel rilievo per eleganza, interpretazione e musicalità. Simon Lim, nel ruolo di Baldassarre, si è rivelato una piacevole sorpresa: il suono ampio e sonoro, la dizione chiara e scandita – perfettibile la varietà del fraseggio. Sul piano della correttezza anche la performance di Andrea Galli (Don Gasparo), tenore leggero ma di bel carattere. Gli esiti del team creativo, d’altro canto, si sono rivelati più discutibili: la scelta del regista Andrea Cigni di ambientare l’opera in una sorta di medioevo distopico, fantascientifico, non manca certo né di fascino né di illustri precedenti, ma è un terreno minato, su cui ogni passo va coscientemente soppesato. Se le scene di Dario Gessati sono senz’altro suggestive, da tutto quel metallo satinato e quel bianco ottico spira un vento gelido che alla lunga disturba e non aiuta la chiara comprensione dei caratteri (già ostacolata dalla non impeccabile traduzione italiana del testo); in tal senso, l’idea di fondo di ambientare tutta la vicenda in una specie di futuristico teatro anatomico, in cui il coro (in tute bianche) commenta la vicenda riportata in vita da personaggi letteralmente “scongelati”, risulta troppo fantasiosa, tanto metateatrale da sconfinare nell’incomprensibile. Inoltre, forse a causa di prudenze da periodo Covid, spesso gli interpreti cantano immobili, l’uno affiancato all’altro, letteralmente congelando la vicenda – e mettendo ad ulteriore prova la pazienza dello spettatore, che è a teatro per vedere un drama (dal greco: “azione”) e non assistere a un concerto. Il movimento latita, e certo non è il praticabile rotante che domina il centro del parco a conferirne – e in questo caso nemmeno l’intervento di Fiammetta Baldiserri può farci qualcosa, poiché non sono previste proiezioni, né un light design di concezione ardita, se si escludono le luci finalmente calde sul quarto atto. Uniche note di colore e quindi di movimento scenico, poiché spezzano questo ritmo rotatorio tra bianco e metallo, sono i costumi di Tommaso Lagattolla, dalle tinte decise, ma dalle linee medieval-futuristiche francamente opinabili, che ci riportano alle atmosfere da film kitsch fantascientifici degli anni Ottanta, come “Dune” di David Lynch o “Flash Gordon” di Mike Hodges. Insomma, una messa in scena piuttosto arbitraria, che nella sua totalità rischia spesso di distogliere l’attenzione dello spettatore dagli apprezzabili risultati dell’apparato musicale. Il pubblico, infatti, si lamenta di quello che vede, e non solo durante l’intervallo, negli applausi finali. Si replica a Parma venerdì 25 e domenica 27 febbraio Foto Cravedi