Giuseppe Verdi: “Macbeth” (versione di Parigi 1865)

Melodramma in quattro parti su libretto di Francesco Maria Piave tradotto in francese da Charles-Louis Étienne Nuitter e Alexandre Beaumont. Ludovic Tézier (Macbeth), Silvia Dalla Bennetta (Lady Macbeth), Riccardo Zanellato (Banquo), Giorgio Berruggi (Macduff), David Astorga (Malcolm), Francesco Leone (Un médicen), Natalia Gavrilan (La Comtesse), Jacobo Ochoa (un serviteur, un sicaire, premiere fantôme), Paolo Bolognini (seconde fantôme), Pilar Mezzadri Corona (troisième fantôme). Filarmonica Arturo Toscanini, Coro del Teatro Regio di Parma, Roberto Abbado (direttore), Martino Faggiani (maestro del coro). Registrazione: Parma: Parco Ducale, 11-13 settembre 2020. 2 CD Dymamic CDS7915.02
Il “Macbeth” eseguito in forma di concerto nell’edizione 2020 del festival Verdi è stata una delle proposte più interessanti viste nella manifestazione parmigiana che nonostante l’impegno – e i risultati spesso  apprezzabili – non è ancora riuscita a definire perfettamente il proprio spazio nell’ambito dei grandi festival internazionali.
Il dovere di un festival come questo è quello di recuperare titoli meno noti – percorso poco praticabile con il repertorio verdiano – e di garantire la correttezza filologica e il recupero delle prassi esecutive. Quest’obiettivo si può dire raggiunto con questa esecuzione che non solo presenta il rifacimento parigino del “Macbeth” nell’originale francese con cui andò in scena nel 1865 ma si è anche utilizzata la versione critica di David Lawton attentamente rivista da Candida Mantica. La revisione permette di apprezzare come già l’originale fiorentino – molti passi rimangono sostanzialmente immutati – fosse debitore di suggestioni francesizzanti e della diretta conoscenza delle formule del gran-opéra di Meyerbeer verso cui l’interesse verdiano era già palese in quegli anni. Certamente la revisione introduce una maggior raffinatezza – ad esempio in relazione alla scrittura orchestrale – e l’idea di una drammaticità più raccolta e meno enfatica non solo nel ben noto cambio del finale ma nel tono generale del testo francese, più intimo e personale rispetto alla classica versione italiana. L’analisi del libretto è assai interessante e si muove su due piani diversi e quasi contrastanti. Da un lato è evidente come Verdi parta dal testo italiano sovrapponendone l’andamento alla traduzione francese a costo di forzarne gli accenti prosodici dall’altro il nuovo libretto appare meno ingenuo dell’originale, recupera spesso direttamente da Shakespeare, evita gli adattamenti quasi grotteschi dei nomi, appare più intenso e partecipe in molti momenti – un esempio tra molti nel recitativo che precede l’aria di Banquo “si j’ai peur c’est pour toi” e molto più sentito dell’”Affretta il passo” della versione italiana. Il risultato è una tinta complessiva diversa nella quale per esempio i ballabili del III atto s’inseriscono con assoluta naturalezza cosa che non accade quando si tenta di proporli con la versione italiana.
La riuscita deve ovviamente molto all’esecuzione musicale – totalmente scoperta in un’edizione concertante dove l’allestimento non può venire in soccorso – e gran merito spetta alla direzione di Roberto Abbado. Il direttore si muove con invidiabile mestiere nelle pieghe della partitura, riesce a far collimare i contrasti, a dare una visione unitaria e compiuta al lavoro integrando il carattere originario – che resta immutato nelle scene stregonesche e marziali – con la nuova sensibilità espressiva. Una lettura in cui i ritmi tesi, ferrigni, barbarici, si uniscono a una grande cura per i dettagli orchestrali, per quel gusto tutto meybeeriano per i pizzicati e le sfumature sempre però collocati all’interno di preciso e compatte architetture sonore. La Filarmonica Arturo Toscanini  suona davvero molto bene fornendo una delle sue migliori prestazioni e ancora superiore è la prova del Regio di Parma magistralmente diretto da Martino Faggiani.
L’originale francese permette a Ludovic Tézier di sfoderare le sue armi migliori. La sua è una lettura centrata sulla parola e sui suoi valori espressivi che il canto accompagna ed esalta in virtù di una tecnica ferrea e di un esemplare controllo del fiato. Il suo è un Macbeth tormentato, dove anche il piglio eroico non nasconde la fragilità di fondo è che non casualmente ha il suo apice nell’aria de IV atto. Tézier riesce a rendere il prosciugarsi della vita in Macbeth, le frasi successive all’annuncio della morte della regina sono di una freddezza e di un’aridità che si aprono già su un mondo altro, su un abisso oltre la vita.
Subentrata in corsa all’indisposta Davinia Rodriguez Silvia Dalla Bennetta affronta la Lady con un temperamento al calor bianco e le vanno riconosciute tutte le attenuanti del caso. La voce non è di autentico soprano drammatico ma è comunque e sonora e di bell’impatto, non le difetta l’esperienza. Interprete sensibile e accorata, capace di scavare la frase e di mordere la linea con l’energia di una leonessa la Dalla Benetta riesce a compensare l’essere alle prese con una scrittura che la spinge spesso al limite con evidenti  segni di sforzo nel settore acuto. Piega i limiti a fini espressivi, tratteggiando un’asprezza imperiosa ben contrastante con il fragile lirismo dello sposo ma non si può sottacere al fatto che la cantante ci offre una prova vocalmente al limite.
Riccardo Zanellato con la sua bella voce di basso dall’emissione nobile e morbida e dalla cavata ampia e sonora è un Banquo autorevole e molto ben cantato. Positiva la prova dei due tenori. Macduff è Giorgio Berrugi. Voce di bel colore, chiaro ma non esangue, bella omogeneità su tutta la gamma, acuti sicuri e timbrati. David Astorga è un Malcolm più solido e centrato di quanto spesso si ascolti.
Natalia Gavrilan è quasi un lusso per la parte della Comtesse (che corrisponde alla Dama della versione italiana), Francesco Leone affronta con voce decisamente interessante la parte del medico. Completano il cast le apparizioni di Jacobo Ochoa (che affianca anche i ruoli del servitore e del primo sicario), Pietro Bolognini e Pilar Mezzadri Corona.