Vicenza, Basilica Palladiana: La fabbrica del Rinascimento

Vicenza, Basilica Palladiana
La fabbrica del Rinascimento Processi creativi, mercato e produzione a Vicenza
Dall’ 11 dicembre 2021 al 18 aprile 2022
Orari: Tutti i giorni dalle 10.00 alle 18.00
Chiuso il Lunedì
Aperture straordinarie: 11 – 18 aprile
Biglietti: Intero 13 € / Ridotto vedi sito Mostra
Chi ha seguito in questi anni la squadra capitanata da Guido Beltramini non può perdersi questa mostra alla Basilica Palladiana.
Ricordiamo, per questo, il passato con la mostra di Padova su Pietro Bembo (2013); quella di Venezia su Aldo Manunzio (2016) e infine quella di Ferrara su Ludovico Ariosto (2017). Questo elenco ci rivela subito il metodo di lavoro dei curatori che non realizzano mostre d’arte con opere, collegamenti tra esse e biografie di artisti, ma ricercano con costanza e realizzano una panoramica del tempo, in questo caso la seconda meta del XVI secolo a Vicenza.

Andrea Palladio, Palazzo Porto, Vicenza

Un’altra volontà presente nei lavori dei curatori è la ricerca di esempi che demoliscano i luoghi comuni sull’arte, e in questa mostra è un vero piacere andare a scovare tutti questi stereotipi, scoprendo con stupore le atmosfere delle botteghe, i processi creativi, le difficoltà del lavoro mal pagato degli artisti e la voglia di un’intera comunità cittadina di un’affermazione sociale che la distingua dalla troppo ingombrante Venezia.
In questa mostra non vedrete opere spostate da lontani musei per creare l’effetto mediatico, da articolo sui giornali, e non si costruiscono connessioni forzose, ma si guarda, con la guida dell’arte, all’ambiente storico nel suo complesso e alle manifestazioni sociali, religiose, estetiche ed economiche.
Lo stile di vita opulento di Vicenza diventa concreto, in questi cinquant’anni, nella costruzione di ville e palazzi cittadini e qui fa la prima apparizione, l’architetto Andrea Palladio, che è rappresentato all’inizio della mostra dai plastici lignei dei più importanti edifici vicentini.

disegno Palazzo Porto

Insieme all’architettura non potevano mancare i nuovi aristocratici che si facevano ritrarre dal giovane Paolo Caliari detto il Veronese, che per cercar fortuna si era trasferito a Vicenza, è lui l’affreschista delle ville e insieme allo scultore Alessandro Vittoria, con i suoi stucchi e statue il decoratore delle dimore di questa nuova classe sociale che ricca di denari cercava una storia nel passato che ne confermasse l’autorevolezza.

Alessandro Vittoria: busto d’uomo

Ed è, per questo, che vediamo come gli intellettuali e gli artisti, che già si erano rivolti all’antichità greco-latina per riscoprire da quelle radici il mondo moderno, diventare il faro di una nuova rinascenza che si fa cittadina.Tra le cose da non dimenticare nella formazione di questo tempo – anch’esso presente in mostra – il venticello della Riforma Protestante che percorre la città portato da predicatori, da piccoli testi stampati a Venezia e dalle fitte relazioni commerciali dell’oligarchia vicentina con le terre d’Oltralpe, che si sviluppò non solo tra gli intellettuali ma anche tra i ceti popolari e artigianali.
All’inizio dell’esposizione dopo i modelli architettonici, qui riuniti per la prima volta, sono rappresentati da Paolo Veronese e Giovanni Antonio Fasolo i committenti, gli uomini e le donne che vollero grande la loro città. Quattro le grandi tele visibili: la famiglia di Iseppo Porto – di lui si ricorda l’aiuto dato al consuocero fuggito dalla città per questioni religiose – delle Gallerie degli Uffizi; la tela della moglie Livia Thiene, proveniente dal Walters Art Museum di Baltimora (ora non presente causa Covid, ma la aspettiamo con trepidazione); i coniugi Gualdi provenienti dal vicino palazzo Chiericati.
Dopo questa prima sezione che inquadra la storia, si passa alla parte che indaga i processi creativi degli artisti, confrontando le opere, ma anche entrando nel farsi dell’opera con i bozzetti, i disegni e le varianti da proporre al committente, come per i disegni del Palladio. O dei veri rifacimenti come nel caso di Jacopo Bassano che realizza nel 1556/57 due versioni dell’Adorazione dei Magi la prima ora a Birmingham e l’altra a Vienna, riunite qui le due originali-repliche, diventano per il visitatore un divertente confronto “trova le differenze”.

Jacopo Bassano: adorazione dei Magi


E in questo confermando che è molto recente l’idea che l’originalità dell’opera e fondamentale: le opere si replicavano ed era una pratica molto comune. L’ultima parte, forse la più curiosa, curata da Edoardo Demo è una riflessione su mercato dell’arte sia come prezzo delle opere sia come valore dato ai manufatti dal fiorente mercato antiquario dell’epoca. In mostra la presenza di “maialini”, vicino alle opere, ci illustra visivamente il valore economico delle opere, usando come unità di misura, essendo inconfrontabili le varie monete in uso, il costo di un bene di largo consumo come il maiale mezzanotto, che aveva un valore medio di circa tre ducati. Straordinario, nella sua insensatezza per noi, il confronto tra il costo di una camicia di Ippolito Porto e Il Martirio di santa Caterina d’Alessandria di Jacopo Bassano.
La mostra termina con una serie di oggetti antiquari che testimoniano la smania dell’oligarchia vicentina di accaparrarsi il bello e il prezioso. Di questa mostra ci resta la consapevolezza della volontà degli uomini di questo cinquantennio, di trasformare una piccola città di provincia in un luogo dell’arte e dell’architettura d’avanguardia; ed è per questo che bisogna seguire l’ultimo consiglio della voce di Guido Beltramini nell’audioguida (offerta gratis, e in questo caso ne vale proprio la pena) che invita il visitatore a fermarsi a Vicenza, non solo per vedere la mostra ma per un tour tra palazzi e ville.