Milano, Teatro alla Scala, Stagione lirica 2021/22
“LA BAYADÈRE”
Libretto di Marius Petipa e Sergej Kudekov
Musica Ludwig Minkus (Orchestrazione John Lachbery)
Coreografia Rudolf Nureyev da Marius Petipa (ripresa da Florence Clerc e Manuel Legris)
Nikiya SVETLANA ZAKHAROVA
Solor JACOPO TISSI
Gamzatti MARIA CELESTE LOSA
Il Fachiro RINALDO VENUTI
Alto Bramino GIUSEPPE CONTE
Il Rajah MICK ZENI
Lo Schiavo GABRIELE CORRADO
Aya GIUSEPPINA ZEVERINO
Due soliste d’Jampe CAMILLA CERULLI, DENISE GAZZO
L’Idolo d’oro MATTIA SEMPERBONI
Danza “Manou” AGNESE DI CLEMENTE
Solisti danza tamburo DENISE GAZZO, DOMENICO DI CRISTO
Pas d’action:DANIELA CAVALLERI, GIORNATA GRANATA, CAMILLA CERULLI, MARTA GERANI, LETIZIA MASINI, GIULIA LUNARDI, ALICE MARINI, GAIA ANDREANÒ, EMANUELE CAZZATO, GABRIELE CORRADO
Tre ombre soliste: AGNESE DI CLEMENTE, CAMILLA CERULLI, GAIA ANDREANÒ
Orchestra e corpo di ballo del Teatro alla Scala di Milano
Direttore Kevin Rhodes
Scene e costumi Luisa Spinatelli
Luci Marco Filibeck
Milano, 28 gennaio 2022
Non tutti i mali vengono per nuocere. Tra cancellazioni, rimandi, cambi di programma, il 28 gennaio ha permesso di poter ospitare al Teatro alla Scala Jacopo Tissi, nominato da pochissimo Principal del Bol’šoj. Non è il primo ritorno in quello che fu il Teatro in cui si è diplomato. Era il 2018 l’ultima volta in cui Tissi fu ospite con tutta la compagnia del Bol’šoj, sempre con la Bayadère, ma con la coreografia di Grigorovich. La sala era gremita, il pubblico ha accolto in modo molto caloroso la sua étoile sin dalla prima scena. E possiamo dire che Svetlana Zakharova ha dato un ottimo spettacolo. Mette d’accordo tutti, adottando una linea espressiva che media sempre il calore umano con la maestosità apparentemente algida del repertorio classico. Ogni passo ci dona qualcosa, la tecnica è forte, le braccia sono andate ben oltre quello che nella tecnica si chiama port de bras. E questo è stato evidente nella variazione terminante il secondo atto, dove le braccia fanno veramente la differenza. Proprio in questa variazione, tra l’altro, è presente un passo che ho sempre visto sfidare la saldezza di ogni ballerina, poiché si avverte un’esitazione che penso sia strutturale e ineliminabile dalla coreografia: Nikiya comincia la diagonale di bourrées, soutenu en tournant, e poi si ferma in quinta sulle punte, perché deve fare retiré restando in punta (per poi sviluppare la gamba in attitude en arrière mentre va in pliè). In questi attimi, in cui i piedi sono fermi in quinta e Nikiya medita sul passo successivo, il tempo sembra dilatarsi; e non ho mai visto nessuna grande étoile non vacillare, un minimo di tremore nei piedi lo si nota sempre, portando così lo spettatore a interrogarsi: “Nikiya, ce la farai?”. Credo che questo sia un momento molto bello, poiché permette di partecipare in prima persona alla vicenda della protagonista, che in quel momento sta ballando per la festa di fidanzamento dell’uomo che ama, e che sta per sposare un’altra. Jacopo Tissi si conferma essere un ottimo ballerino. Equilibro, bei salti, ottima la gestione dei cambi di épaulements nel cosiddetto pas de deux del velo “ – che fa parte di una delle aggiunte di Nureyev per la parte maschile: nelle coreografie precedenti, Solor teneva semplicemente il velo di Nikiya – che ci fanno dimenticare la presa incerta dell’ultimo atto, quella più difficile. Ho apprezzato anche il rapporto instaurato con Gamzatti e Nikiya. Quello di Tissi è stato un Solor un po’ sornione, che prima incrocia le braccia con un sorriso smagliante, come un divo da copertina, mentre aspetta Gamzatti verso la fine del grand pas d’action del secondo atto, e poi si affrange subito dopo davanti a Nikiya quando la vede entrare, mentre Gamzatti fa la gatta morta per ritirarselo dalla sua parte. La Gamzatti di Maria Celeste Losa raggiunge ottimi risultati tecnici, pur mascherando l’altezzosità in una maschera da finta brava ragazza. Proseguendo con il cast, Mattia Semperboni, che ha interpretato la variazione dell’Idolo d’oro, continua ad essere un ballerino capace di grande virtuosismo, com’è ormai noto: pulizia, ballon nei salti, molto bello il lavoro sulle braccia con le mani a “fiore di loto”. Ci tengo infine anche a sottolineare la bravura delle tre ombre soliste Agnese Di Clemente, Camilla Cerulli, Gaia Andreanò: sincronia nelle coreografie a tre, variazioni pulite, ed espressione evanescente, coerente con il clima etereo che un’ombra senza neanche un nome deve avere. La Bayadère è un balletto ricchissimo, deliziosamente infarcito di fantasioso orientalismo, di danze differenti, di divertissement, in cui Petipa era abile: rispecchia tutte le caratteristiche dei cosiddetti balletti à grand spectacle, ed è però molto attento anche ai molti risvolti espressivi in termini di danza e di personaggi. Non esiste una sola Nikiya, e nemmeno un solo Solor. Ed è soprattutto lui, a mio avviso, che in questo balletto può trovare le più varie soluzioni espressive, perché è un guerriero – e quindi imperioso, come lo era Laurent Hilaire nella Prima di questa coreografia a Parigi –, ma anche un uomo innamorato – e quindi si presta anche a interpretazioni più sognanti e romantiche, come ha dichiarato che fosse il suo Solor Manuel Legris (da qui il nostro approfondimento sulla coreografia), nel secondo cast di quella stessa produzione del ’92. Bayadère è un grande banco di prova, sia per i primi ballerini, che per il corpo di ballo – messo a dura prova specialmente da quel développé alla seconda tenuto dopo l’entrata delle ombre; ma soprattutto dimostra come uno spettacolo così datato sia ancora vivo, e sempre diverso. Foto Brescia & Amisano