Milano, MUDEC: “Mondrian. Dalla Figurazione all’Astrazione”

Milano, MUDEC
PIET MONDRIAN
Dalla figurazione all’astrazione
Dal 24 novembre 2021 al 27 marzo 2022
Orari: lunedì: 14.30 – 19.30 / dal martedì alla domenica: 9.30 – 19.30 / giovedì e sabato chiusura alle 22.30
Biglietti: Intero 14 € / Ridotto 12€  
Il legame che mi unisce virtualmente a Mondrian risale alle Scuole Medie. Uno degli esercizi che la Prof. di Educazione Artistica aveva escogitato per farci eseguire delle tavole era quella di recuperare dalle riviste un ritaglio, incollarlo al centro del foglio, e disegnare partendo da quel frammento. Io scelsi una pubblicità che presentava una forchetta piena di spaghetti, con lo sfondo diviso in aree quadrangolari colorate di rosso, giallo, blu, e bianco. Senza saperlo, avevo scelto un quadro di Mondrian. Anni dopo, quando mi imbattei in Composizione con rosso, giallo e blu fu come assaggiare una madeleine di Proust. Ci pensai molto, e non riuscivo a identificare l’emozione a cui si riferisse. Poi riaffiorarono i ricordi. Ma lasciamo da parte i patetismi da romanzo decadente! Che l’astrattismo di Mondrian avesse radici nella figurazione è noto. Il Kunstmuseum Den Haag detiene la più grande collezione di quadri di Mondrian: è possibile avere un quadro completo degli inizi di questo artista proprio grazie ad essa – e per merito della digitalizzazione è possibile navigare al suo interno in questa pagina web. Si può partire dall’accademico Cestino di mele del 1891 (non in mostra), per poi passare al cosiddetto Albero rosso (non in mostra) – il cui titolo era in realtà Crepuscolo, esposto nel 1909 per la prima volta a fianco di due inquietanti autoritratti, che dicono molto sullo sguardo di Mondrian sul mondo –, seguito ancora dall’Albero grigio (anche questo non in mostra), che rappresenta  ulteriore passo avanti verso una sempre più accentuata destrutturazione della forma, la quale approda nelle varie Composizioni (tra queste, invece, in mostra abbiamo la Composizione n. VIII). L’ultimo gradino è il Neoplasticismo. Percorrendo questo itinerario assistiamo a una progressiva evoluzione che ha il suo punto di partenza nel naturalismo, e passa poi attraverso il post-impressionismo, i fauves, il simbolismo e il cubismo. Detto ciò, esiste anche un altro percorso intrapreso da Mondrian, e parte dalla pittura di paesaggio della Scuola dell’Aia. Ed è proprio su questo aspetto che la mostra di cui stiamo parlando pone l’attenzione. Un felice e curato allestimento espone più di 60 opere con l’obiettivo di mettere in evidenza come le radici di Mondrian affondino anche nella pittura paesaggistica di questa Scuola, esponendone anche diversi quadri: una lettura in più, oltre a quella nota, che già pone le radici della sua pittura nella figurazione (quella che ho cercato di tracciare in poche parole). Sono proprio le campagne, i mulini, i canali, gli alberi ad essere stati dipinti in varie ore della giornata dal giovane Piet. In mostra troviamo opere come La Fabbrica Reale di candele del 1895-99, Fosso vicino alla fattoria Landzicht del 1900 ca, o Alberi in fiore, di datazione incerta tra 1902-5 o 19016-18; ma altri ancora più suggestivi sono rimasti all’Aia, come, ad esempio, Fattoria a Duivendrecht del 1916 (tra l’altro, questo è un soggetto su cui era già approdato in fase giovanile: al Kustmuseum Den Haag abbiamo altre due tele e un disegno – tutti del 1905 – dello stesso soggetto, con la medesima composizione, ma esiti più vicini all’impressionismo). Sulla scorta del paesaggio olandese, i mulini furono un altro topos ricorrente del primo Mondrian: in mostra sono presenti, ad esempio, Mulino Oostzijdse con cielo blu, giallo e viola del 1907-8, e Mulino a vento di sera 1917, ma ci sono anche Mulino Rosso del 1911 o Mulino alla luce del sole del 1908 (non in mostra, ma anche questi sempre al Kustmuseum Den Haag). Dopo aver presentato alcuni lavori influenzati dalle avanguardie artistiche parigine, a partire dal suo trasferimento in quella città, si termina il percorso con la celebre Composizione con rosso, giallo e blu del 1921, che diede l’avvio al Neoplasticismo, ovvero all’astrazione: Mondrian si svincolò dall’emotività per un astrattismo geometrico, che – come per il jazz – desse piacere di per sé, e non in virtù del significato legato alla messa in scena di un’emozione. In qualsiasi modo la si voglia pensare, il De Stijl, che in olandese significa Lo stile, mostra come l’opera di Mondrian ebbe grandi ripercussioni nel design, e un piccolo saggio viene presentato nell’ultima sala. Tutto ciò spiega anche le svariate riprese del Neoplasticismo di Mondrian nei più disparati campi, a partire dal vestito di Yves Saint Laurent fino alla sconosciuta pubblicità su quel magazine in cui mi imbattei più di vent’anni fa. Ma arriviamo ad una conclusione. La prima mostra milanese interamente incentrata su Mondrian, che viene intitolata “dalla figurazione all’astrazione” – un’occasione rara per vedere le tele degli inizi di questo artista nel nostro paese – pone l’accento su un tema critico importante e arricchente, quello del legame con la Scuola dell’Aia; ciononostante, dobbiamo ammettere che non permette di approcciarci a molti capolavori della prima fase di questo importante artista della prima metà del Novecento.