Verona, Teatro Camploy: “Paradiso” con la Compagnia Virgilio Sieni

Verona, Teatro Camploy, l’Altro Teatro
“PARADISO”
Compagnia Virgilio Sieni
Regia, coreografia e spazio Virgilio Sieni
Musica Salvatore Sciarrino
Interpreti: Jari Boldrini, Nicola Cisternino, Murizio Giunti, Andrea Palumbo, Giulio Petrucci
Costumi Silvia Salvaggio
Luci Luisa Giusti
Allestimento Daniele Ferro
Produzione Comune di Firenze, Dante 2021 Comitato Nazionale per le celebrazioni dei 700 anni dalla morte del poeta,  in collaborazione con il Teatro Ponchielli di Cremona
Verona, 17 dicembre 2021
Anche se lo ammette lo stesso Sieni, non possiamo solo considerare questa sua eccellente coreografia come la traduzione in gesti degli endecasillabi della Divina Commedia di Dante. Sebbene egli voglia omaggiare i 700 anni dalla morte del sommo poeta, rimane una personale messa in scena dei momenti in cui la nostra anima si spoglia dell’ultimo peso (il peccato) che la lega a un luogo terrestre per ascendere in cielo, verso il suo creatore, nel Paradiso celeste. Dopo la performance Nudità, vista proprio al Camploy come ultimo spettacolo prima del lockdown (febbraio 2020), Il Paradiso di Sieni è un balletto solo al maschile, dove non c’è l’allegoria dello stato d’innocenza dell’uomo (Matelda per Dante), perché sostituita dalla prepotenza del luogo, considerato allo stato primordiale, dove egli l’ha persa (col peccato originale).
L’anima penitente ritorna lì dove è stata cacciata e per purificarsi, come ha fatto Dante, deve perdersi nel giardino rigoglioso di piante dell’Eden, quindi immergersi nei fiumi (Letè ed Eunoè) per cancellare la memoria del male commesso e rinnovare quella del bene compiuto. Questo processo di superamento dei limiti dell’umano, trasumanazione, come dice Dante, Sieni lo crea dal nulla, suggerendolo dalla penombra molto cupa di una scena illuminata dall’alto e dal fondo. Cinque danzatori si muovono in gruppo, sempre molto informe; dapprima nascosti dalle foglie di rigogliose piante che tengono in grembo, poi striscianti a terra, quasi tuffati, sempre un po’ di spalle a noi. Su questo concetto composto di misteriose movenze, poggia un apparato di suoni, che invadono costantemente la scena, come colonna sonora. Sono battiti, flauti distorti, corni, fruscii metallici e tamburi lontani, e, alla fine, si ode una voce gutturale con eco, come un sussurro antico. Un’ambientazione musicale più confacente ad una giungla tenebrosa, che a un giardino incantato, per cui lo spettatore si sporge in avanti e scruta attentamente, in silenzio, i movimenti, pressoché impercettibili, dei danzatori che si muovono tra la vegetazione che ora ricopre quasi l’intero palcoscenico. Siamo nel Paradiso terrestre, posto alla sommità del Purgatorio, invenzione concettuale dantesca; un’essenza pura nata dal gesto della creazione divina. Prendiamo coscienza, conoscendo entrambi ormai da parecchio tempo, che Virgilio (Sieni) è costantemente alla ricerca dell’attimo impercettibile da cui nasce il gesto, come Dante (Alighieri) ha maniacalmente composto in rima ogni suo pensiero. Il gesto di Sieni è cittadino del corpo; il verso di Dante è cittadino dell’anima (dannata, penitente e beata). Quindi, ammettendo i ballerini come presenze evanescenti (anime), il loro gesti non toccano nulla: non c’è mai contatto fisico ma reciproca intesa: gesti che sono volute di fumo che si avvolgono ascendendo e poi fiamme piegate dal vento (come le braccia della bagnante di Picasso), ovvero piante che nascono e crescono. Per Sieni “i danzatori creano un gioco di vicinanze e di prossimità […] dove il tocco non tange la pelle ma lo spazio auratico dei corpi”.
Il balletto in una parola: convivenza: La convivenza tra spazio e materia, il primo lento e la seconda presta (per dirla come Dante), che insieme sono la Natura che cresce orizzontalmente e verticalmente, come ci suggeriscono gli allunghi dei danzatori per terra, e braccia allungate al cielo, vero la luce che è simbolo di salvezza. Possiamo magari azzardare anche solidarietà, quella che si auspica Leopardi avvenga tra gli uomini (la Ginestra), perché sappiano sopportare il loro eterno stato di infelicità. I fondo la memoria è ciò che distingue l’essere vivente, essendo una cosa che nasce, cresce e poi decade finendo nel ricordo di chi vivrà. E siamo alla fine: scompare l’accompagnamento musicale per lasciar spazio al suono dei colpi volutamente fragranti dei danzatori che si battono le mani al petto e riprendono l’idea della processione dantesca che avanza verso di noi mentre si spengono le luci. È un richiamo alla processione mistica che chiude la cantica del Purgatorio per rappresentare la storia dell’uomo e del suo rapporto con la fede. Foto Salvatore Pastore