Fernando Corena (Ginevra, 22 dicembre 1916 – Lugano, 26 novembre 1984)
Già nel 1938 il suo nome compare nel cartellone della stagione lirica estiva a Bologna, ma l’esordio ufficiale, dopo gli studi regolare compiuti a Milano, avverrà nel 1947 al Teatro Verdi di Trieste (Varlaam del Boris Godunov)., si produce quindi in altri teatri italiani, per lo più in ruoli di basso comico, in Svizzera e in Belgio. Nel 1949 l’esordio alla Scala con la prima rappresentazione del Cordovano di Petrassi, e nello stesso teatro prese parte, nelle successive stagioni, a numerose recite; apparve in quegli anni anche in altri importanti teatri, sino a che debuttò nel febbraio 1954, le ruolo di Leporello, al Metropolitan di New York. Nel massimo teatro statunitense, se si eccettuano saltuarie apparizioni europee (Edimburgo, Londra, Roma ed in pochi altri centri) rimase stabilmente per oltre un ventennio interpretando i principali ruoli del repertorio di basso-baritono comico (Leporello, Bartolo, Dulcamara, Mustafà, Don Pasquale, Falstaff, Melitone, Gianni Schicchi…). Nel canto di Corena c’era qualcosa di corrosivo, di graffiante, perfino di sinistro di cui prima non si aveva neppure sentore. Non tanto il suo Leporello quanto il suo Don Bartolo, il suo Don Magnifico, il suo Mustafa e soprattutto Dulcamara portavano il segno di una mente che guida il canto e lo toglie ai guittismo istrionesco e incontrollato di altri tempi. Al senso melodrammatico è lasciato intatto il significato della sua iperbole anche nel genere comico, ma la musica è restituita, sottomessa e funzionale, una tradizione che, forse troppo a lungo, avevo ignorato il parametro dell’obbedienza e della fedeltà al testo. Su queste, più che su certe caratteristiche, magari non sempre ortodosse, di vocalità, e di certe altre, eccepibili, di tecnica si deve porre l’accento nel presentare Corena che, dopo Bruscantini, è stato il buffo più scopertamente moderno del teatro lirico della sua generazione.