Victoria de los Ángeles López García (Barcellona, 1 novembre 1923 – 15 gennaio 2005)
Giacomo Lauri-Volpi, che di voce se ne intende ha dichiarato che “il timbro, il colore, la purezza di voce e l’uguaglianza di emissione di Victoria de los Angeles richiamano la perfezione di un violino suonato da dita prodigiose”.
Nata Barcellona, catalana autentica, l’1 novembre 1923 ebbe sin da bambina di una passione per il canto che la famiglia giudico sconfinante nel fanatismo, Anche perché Victoria non amava le canzonette, ma brani impegnativi di Bach, di Mozart, di Brahms. Ma ci si accorse presto che non si trattava di una esaltazione passeggera: dopo un’audizione al Liceo Musicale di Barcellona, gli esaminatori rimasero interdetti non tanto per la bellezza del timbro e dell’entusiasmo della candidata, quanto dalle sue sorprendenti intuizioni interpretative e da un innato rigore stilistico. Con quelle doti, il debutto avvenne quando le sue coetanee stavano ancora ai vocalizzi. Fu un trionfo. E per la strada è più difficile, quelle del concerto. Victoria de los Angeles non prevedeva di diventare una cantante d’opera. Ancora oggi ella preferisce, per naturale inclinazione, le sale da concerto. Aggiungiamo, ed evitare equivoci, che la cantante è altrettanto affermata nei due campi; ma la sua celebrità ha trovato qualche limite nel grosso pubblico, particolarmente in Italia, proprio per i presupposti su cui tale celebrità è basata. Victoria de los Angeles detesta il canto ad effetto.
Rodolfo Celletti ha detto che la de los Angeles ha sempre rifuggito da quegli inutili virtuosismi e barocchismi vocali che spesso consentono di raggiungere facilmente il grosso pubblico. La celebre Luisa Tetrazzini fu vittima, giudicata retrospettivamente, proprio di questi barocchismi e virtuosismi che sin dalla fine dell’Ottocento erano diventati la regola, oltre che una necessità per ottenere l’applauso a scena aperta. Victoria de los Angeles della Tetrazzini è il più palese opposto. Nella sua unica apparizione quale Rosina nel Barbiere di Siviglia al Massimo del Palermo, con un po’ di delusione da parte del pubblico abituato a ben altre ginnastiche vocali, è stata prima alla mantenere un rigore stilistico, facendo piazza pulita degli eccessi da soprano leggero ormai invalse. Generalmente si pensa che i cantanti spagnoli, con la loro focosa e ardente eredità latina, siano più esuberanti a scapito della profondità e dello stile.
Dicevamo in principio che Lauri-Volpi ha lodato o quasi della voce di Victoria de los Angeles, meno l’estensione della voce che, a quanto affermano gli intenditori, è buona ma non eccezionale. Sottolineare questo elemento non significa diminuire, ma aggiungere all’arte della cantante. Lo troviamo conferma nelle parole dello stesso Toscanini il quale disse ad una cantante, con quella sua ben nota sincerità, di non confondere la percezione artistica e l’espressione vocale con la possibilità di raggiungere i sopracuti. Perché Victoria de los Angeles è considerato una cantante d’eccezione? In parte lo abbiamo già visto. Possiamo aggiungere un’ultima considerazione che ricaviamo dalle univoca opinione dei critici. Generalmente i concertisti sono preoccupati dallo studio della musica in sé e per sé e finiscono, anche se sono grandi, per venire sopraffatti della ricerca dello stile, del rigore interpretativo; si può facilmente diventare veicoli, sia pur perfetti, per esprimere i sentimenti che l’autore ha tradotto in musica. Portati sulla scena lirica i cantanti da concerto possono facilmente trovarsi a mal partito: nell’opera, oltre che con lo stile, bisogna fare i conti con il personaggio. È proprio in questa possibilità di scambio tra concerto ed opera che Victoria de los Angeles rappresenta un caso rarissimo. Può distinguersi da Bach o Mozart davanti al pubblico della Carnegie Hall e può commuovere la platea del Metropolitan come Mimi nella Bohème. Dall’austerità tedesca dei Maestri Cantori alla volatile atmosfera dei Pagliacci. Ha cantato in tutti i teatri del mondo, ma senza mai lasciarsi prendere da maratone artistiche. I grandi Maestri che l’hanno diretta e i suoi colleghi hanno sempre detto cantanti come lei si contano sulle punte delle dita. (Estratto da “Victoria de los Angeles: la spagnola dalla voce di violino” di Renzo Nissim, 1968)