Venezia, Palazzetto Bru Zane: I “Quartetti sfavillanti” del Quatuor Elmire

Venezia, Palazzetto Bru Zane, Festival “Eroica o tirannica? La musica all’epoca di Napoleone Bonaparte”, 25 settembre-12 novembre 2021
“QUARTETTI SFAVILLANTI”
Quatuor Elmire
Violini Cyprien Brod, Khoa-Nam Nguyen
Viola Hortense Fourrier
Violoncello Rémi Carlon
Hyacinthe Jadin: Quatuor op. 1 no 3 en fa mineur; Pierre Baillot: Quatuor op. 34 no 1 en si mineur; Ferdinand Hérold: Quatuor no 1 en ré majeur.
Venezia, 12 novembre 2021
Concerto conclusivo, al Palazzetto Bru Zane, del ciclo dedicato alla musica all’epoca di Napoleone Bonaparte: il programma era questa volta incentrato sul quartetto brillante. Schematizzando molto, si potrebbe affermare che nel primo Ottocento, mentre al di là del Reno i compositori di quartetti per archi puntano all’omogeneità delle diverse parti, in terra di Francia gli autori che scrivono per questa formazione prediligono il sottogenere del “quartetto brillante”, nel quale – erede della sinfonia concertante – assume particolare risalto il primo violino, che ha in pratica un ruolo virtuosistico di solista con accompagnamento di un trio d’archi. Nondimeno questa distinzione tra le due scuole nazionali appare poco convincente, se si considera il fatto che, oltre a Baillot – strenuo paladino, a Parigi, di Haydn e Beethoven –, anche Hérold e Jadin guardano alla scuola viennese. Se si accantonano i tradizionali preconcetti, non si può non delineare un’altra storia del quartetto in Francia. È quello che si è cercato di dimostrare in quest’ultimo appuntamento della rassegna veneziana. Solisti erano i componenti del Quatuor Elmire, formato da allievi del CNSMD di Parigi, ormai affermatisi a livello internazionale e, tra l’altro, fondatori e protagonisti di un loro festival di musica da camera, che si svolge nella capitale francese, riunendo musica classica, jazz e teatro: il Festiv’Elmire. Cyprien Brod e Khoa-Nam Nguyen al violino, Hortense Fourrier alla viola, Rémi Carlon al violoncello hanno padroneggiato questo repertorio, decisamente poco conosciuto, confrontandosi mirabilmente con il suo carattere brillante (soprattutto, ma non solo il primo violino) e nel contempo facendo percepire quanto di nuovo e originale si può cogliere in queste composizioni, che preludono alla stagione romantica nell’ambito cameristico francese; il tutto con estrema pulizia nell’articolazione melodica e nell’armonia.
Non sono mancate le sorprese nel Quartetto per archi op. 1 n. 3 in fa minore di Hyacinthe Jadin che, proprio per non essere un violinista riesce, alla fine del XVIII secolo, a distinguersi tra i compositori francesi di quartetti per archi a lui contemporanei. Il terzo quartetto dell’opus 1 è forse quello che colpisce di più per la sua originalità: basti pensare all’insolito Menuet – certamente non una danza, cui poco si confà la melodia all’unisono, lenta e seducente, suonata in ottave, che lo caratterizza –, al finale – una brillante rivisitazione della Polonaise, che cattura l’attenzione dell’ascoltatore dall’inizio alla fine –, al raffinato trattamento del violoncello, cosa molto rara per l’epoca, soprattutto in Francia. L’esaltazione delle capacità virtuosistiche del primo violino – tipica, come si è accennato, dello stile “brillante” – non è tra gli obiettivi dell’autore, che privilegia la ricerca di maggiore equilibrio tra le varie parti. Il compositore che lo influenza in questo senso è Joseph Haydn, cui non a caso dedica l’intera raccolta, che nonostante il richiamo al grande “classico”, già preannuncia la sensibilità romantica. In particolare, nel primo movimento, Allegro moderato, del terzo quartetto op. 1 si è imposto il primo violino, che presenta un tema meditabondo e poi instaura  un intrigante dialogo con il violoncello. L’insieme si è poi fatto apprezzare nel ragguardevole passaggio contrappuntistico all’interno dell’Adagio.
Nuova luce sulla produzione quartettistica francese del primo Ottocento è stata gettata anche dal Quartetto op. 34 n. 1 in si minore di Pierre Baillot, di cui abbiamo ricordato la vicinanza rispetto al classicismo viennese. Dedicato all’amico Joseph Fabre, questo quartetto venne pubblicato a Parigi nel 1805, insieme agli altri cinque del compositore. Il lavoro inizia in un modo molto beethoveniano con i quattro strumenti che eseguono all’unisono l’accordo di tonica, per poi  procedere tra contrasti e sfumature fino allo sviluppo, in cui ha colpito il dialogo serrato in fortissimo tra il primo violino e il violoncello. Un’aura di esotismo ha avvolto il Menuetto à l’espagnole, collocato in seconda posizione – il più notevole dei quattro movimenti –, che inizia, in modo del tutto inconsueto, con un tema lieve all’unisono che, per la ripetitiva ornamentazione e gli accenti tonici sfalsati rispetto alla battuta, evocherebbe il folklore spagnolo. Molto espressivo è risultato il Larghetto, che si basa su una sorta di ninna nanna e conduce verso tonalità remote. Assai brioso l’Allegro vivace, che termina in modo alquanto sorprendente su una ripresa del tema spagnoleggiante del secondo movimento – un esempio particolarmente precoce di scrittura ciclica, che sarà tipica del quartetto francese tardo-ottocentesco.In un panorama musicale francese, dominato tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento dal quartetto “brillante” o “concertante”, anche il Quartetto n. 1 in re maggiore di Ferdinand Hérold si distingue per il suo ricorso abbastanza limitato al virtuosismo del primo violino. Nel 1814, Ferdinand Hérold termina il suo soggiorno romano, lasciando Villa Medici, per trasferirsi in quello che era il centro dell’opera italiana nel primo Ottocento, Napoli, dove curerà la rappresentazione della sua prima opera: La Gioventù di Enrico Quinto. Nel suo secondo anno di pensionato era tenuto ad inviare all’Institut varie opere vocali, profane e sacre, in francese e in italiano; diversamente, il suo “invio” – a parte una cantata italiana – conteneva solo lavori strumentali, tra cui questo quartetto per archi, insieme ad altri due. Lungi dal reagire a questa trasgressione rispetto al regolamento, l’Académie des Beaux-arts accolse favorevolmente tali lavori, riconoscendovi idee stimolanti e nuove, oltre a una scrittura corretta e di facile fruizione. Anche nell’esecuzione di questo quartetto si sono apprezzati gli interventi solistici come l’insieme: nell’Introduzione dai toni diffusamente pacati, seguita dall’Allegro molto, caratterizzato da un tema cantabile, da un breve ma struggente squarcio lirico e da sorprendenti cadenze bruscamente interrotte, oltre che da un bellissimo passaggio contrappuntistico; nell’Andante moderato dal nobile tema al violino, cui risponde con trepidazione il violoncello; nel Minuetto dal ritmo spedito col suo tema energico e gaio, inframezzato da un cullante Trio di carattere pastorale; nel Rondò, che inizia con un breve moto perpetuo, ed è percorso da un  tema ricorrente, che ha un andamento concitato, oltre che da inaspettate, quanto divertenti cadenze interrotte. Calorosi applausi alla fine con il bis di quest’ultimo Rondò.