Torino, Auditorium RAI “A.Toscanini”, Concerti d’autunno 2021.
Orchestra Sinfonica Nazionale RAI
Direttore James Conlon
Violino Nikolaj Szeps-Znaider
Johannes Brahms: Concerto in re maggiore per violino e orchestra op.77; Dmitrij Šostakovič: Sinfonia n. 12 in re minore op. 112 “L’anno1917”
Torino, 25 novembre 2021
Per il quinto concerto della Stagione d’autunno dell’OSNR, dopo anni passati come direttore principale dell’orchestra, ritorna sul podio dell’auditorio di via Rossini l’americano James Conlon con il concerto per violino di Brahms e la 12° sinfonia di Šostakovič, ivi mai eseguita. Al violino il quarantasettenne danese Nikolaj Szeps-Znaider che annovera successi internazionali e apprezzate registrazioni discografiche sia come strumentista che come direttore d’orchestra. Il concerto di Brahms nato sotto l’egida e i consigli dell’amico e virtuoso, il più apprezzato di metà ’800, Joseph Joachim dà agio al solista di dispiegare sia valentia tecnica che sensibilità. Avvalendosi del caldo e suadente suono del suo preziosissimo Guarnieri del Gesù 1741 “Kreisler”, Nikolaj ha conquistato il pubblico che avendolo insistentemente e calorosamente applaudito si è conquistato un bis: La Sarabanda dalla 2°partita per violino solo di J.S.Bach. Meravigliosa esecuzione se pur lontana da pregiudiziali filologiche.
L’orchestra che, nel rispetto del violino, in Brahms aveva morso il freno, nella 12° di Šostakovič si è “scatenata”. Ottoni e percussioni ci hanno dato dentro come di più non si potrebbe. L’OSNR ha un’ottima forma e qui ne ha abbondantemente approfittato. La sinfonia, in teoria, dovrebbe illustrare episodi che portano alla Rivoluzione d’ottobre e al “sol dell’avvenire. Si sa che l’autore, in periodo staliniano, era vissuto in preda al terrore, nel 1961, anno della sinfonia, il terrore non c’era più ma conveniva mantenere posizione e privilegi e quindi compiacere i manovratori. Non doveva essergli costato troppo scrivere sulla partitura didascalie che inneggiassero alla storia rivoluzionaria e ai suoi protagonisti, ben consapevole che i suoni, in realtà, parlano una lingua impossibile da decriptare in racconto esplicito. Nella 12° sinfonia, senza “programma” e senza farne impropriamente un poema sinfonico, sentiamo una musica, dalla netta derivazione mahleriana, molto ben strutturata e orchestrata. Eccessivamente bombastica ed esteriore lo è, ma una volta tanto, non troppo spesso, la si può anche programmare ed evitare che, dimenticata in archivi polverosi, se la mangino i topi. E’ un impegnativo esercizio per ottoni, legni e percussioni quindi un molto buon allenamento che mette in mostra e fa apprezzare, come avvenuto questa sera, le doti di queste sezioni, che Conlon ha singolarmente fatto alzare per cogliere l’applaudo finale. Conlon nel repertorio russo, come in tutto quello novecentesco, si muove consapevole, agile e pronto. Il rado pubblico presente, affascinato e conquistato dalla qualità dell’esecuzione nonché stordito dal frastuono di timpani e grancasse, ha lungamente festeggiato l’orchestra e il direttore.