Novara, Teatro C. Coccia: “Rapimenti d’amore”

Novara, Teatro C. Coccia, stagione d’autunno 2021
“RAPIMENTI D’AMORE”
Opera in un prologo e a quattro atti su libretto di Davide Rondoni
Musica di Cristian Carrara
Fosca SONIA PRINA
Dante ENRICO MARABELLI
Cavalcanti LORENZO IZZO
Padre di Fosca MATTEO D’APOLITO
Simone ETTORE AGATI
Serva VERONICA NICCOLINI
Padre di Duccio ANTONIO DE GOBBI
Beatrice CHIARA VALLI
Randazzo MARIANO OROZCO
Orchestra del Teatro Coccia di Novara
Direttore Matteo Beltrami
Regia e scene Andrea Chiodi
Costumi Ilaria Ariemme
Prima rappresentazione assoluta commissione Teatro Coccia Novara
Novara,  21 novembre 2021
Il settecentesimo anniversario della morte di Dante non sembra aver ispirato particolarmente i nostri teatri da cui rimangono praticamente assenti i titoli operistici d’ispirazione dantesca che pure sarebbe stato interessante proporre per l’occasione.
Il Teatro Coccia di Novara con la consueta sensibilità è stato tra i pochi e ricordarsi del fondamentale anniversario commissionando per l’occasione una nuova opera secondo un’ormai consolidata prassi di attenzione per i compositori italiani contemporanei. Purtroppo non tutte le ciambelle riescono con il buco e il rischio questa volta non è stato ripagano. “Rapimenti d’amore” ci è apparso infatti un lavoro sostanzialmente privo di vita anche a confronto con le proposte contemporanee degli scorsi anni.
La musica di Cristian Carrara è d’impianto  ecclettico. Si riconosce una forte influenza della scuola minimalista con l’uso ribattuto di microcellule armoniche e timbriche unito a una spruzzata di ricordi della Giovane Scuola e delle avanguardie storiche fuso da un andamento melodico d’impianto tradizionale. Il problema è che tutto risulta freddo, ripetitivo, privo di qualunque accensione vitale. Le strutture minimaliste alla Philipp Glass funzionano quando si ha il genio del compositore americano ma qui risultano alquanto stancanti. Il risultato sono settanta minuti in cui si attende invano un colpo d’ala che elevi una partitura che invece resta un asettico  lavoro d’occasione.
Il libretto di Davide Rondoni non aiuta. Il testo appare fin troppo pretenzioso manca di chiarezza in molti snodi essenziali, il tentativo di concentrare nel tempo di una giornata – quella del rapimento di Fosca – i fatti di alcuni decenni della vita dantesca dalla formazione all’alba dell’esilio con al centro la lacerazione dell’appoggio dantesco al bando dell’amico Cavalcanti crea non poche difficoltà di comprensione. La scelta di inserire elementi della nostra contemporaneità nel contesto medioevale è stata un azzardo. Non solo certe espressioni contemporanee con tanti d’inglesismi alla moda suonano stridenti con la vicenda, ma spesso scivolavano in trovate di dubbio gusto (i giochi di rime sul nome del bandito Randazzo).
Le premesse non giocavano certo in favore degli esecutori cui bisogna riconoscere il merito di essersi impegnati a dare il massimo per dare un senso all’operazione. Matteo Beltrami è un ottimo direttore e lo ha dimostrato più volte. Anche in quest’ occasione fa suonare l’orchestra al meglio e si nota la volontà di dare una vita alla partitura. La nitidezza è ammirevole così come la cura tutte le componenti. Si nota anche un tentativo di dare un senso teatrale a un lavoro così limitato. Poi se le cose non funzionano non è in questo caso colpa del direttore.
Sonia Prina dispone sempre di una voce più che ragguardevole. Il timbro bello e caldo, la cavata ampia e sonora e l’ottima dizione emergono anche in un ruolo come Fosca molto lontano dal suo repertorio abituale e di certo non ideale per esaltarne le doti.
Buona la prova anche di Enrico Marabelli un Dante dalle buone doti vocali e soprattutto dall’espressività nobile e calibrata che unita all’ottima dizione danno ragione al personaggio del poeta chiamato ad esprimersi su versi spesso direttamente derivati alle sue opere. L’altro elemento di forza del cast è Mariano Orozco che al bandito Randazzo presta una voce di basso veramente bella e sonora.
Il resto del cast è nell’insieme funzionale. I due padri – di Fosca e di Duccio – sono svolti con solida professionalità da Matteo D’Aponzio e Antonio de Gobbi. Vocalmente molto leggera ma spigliata e comunicativa la serva di Veronica Niccolini.Qualche perplessità per il tenore Lorenzo Izzo non sempre centrato come Cavalcanti e per il fin troppo flebile il controtenore Ettore Agati nei panni di Simone, l’amato di Fosca.  L’attrice Chiara Valli completa il cast nella parte muta di Beatrice, presenza evocata e lontana.
La regia si pone sulla scia del libretto . Le scene sono della più assoluta essenzialità, di fatto limitandosi a un praticabile bianco con due piccole scalette laterali per accadervi che nel corso dell’opera di arricchisce di qualche isolato elemento alcuni alberi a rappresentare la foresta in cui è nascosta Fosca e poco altro. I costumi richiamano un medioevo fortemente stilizzato. All’interno dell’insieme sono inseriti – analogamente a quanto avviene nel testo – alcuni elementi della nostra contemporaneità (biciclette, palloni da calcio, lampadine) il cui effetto risulta meno disturbante di quanta accada sul piano verbale. La scarsa affluenza di pubblico risultava in questo caso fin troppo comprensibile.