Milano, Teatro alla Scala, stagione d’autunno 2021
“L’ELISIR D’AMORE”
Melodramma giocoso in due atti su libretto di Felice Romani da “Le philtre” di Eugene Scribe
Musica di Gaetano Donizetti
Adina BENEDETTA TORRE
Nemorino FRANCESCO MELI
Belcore DAVIDE LUCIANO
Il Dottor Dulcamara GIULIO MASTROTOTARO
Giannetta FRANCESCA PIA VITALE
Orchestra e coro del Teatro alla Scala
Direttore Michele Gamba
Maestro del coro Alberto Malazzi
Regia Grisha Asagaroff
Scene e costumi Tullio Pericoli
Luci Hans-Rudolph Kunz
Riprese da Marco Filibeck
Milano, 14 novembre 2021
Un’infinita serie di giri di walzer ha accompagnato questa ripresa di “L’elisir d’amore” al Teatro alla Scala. Del cast originariamente annunciato poco o nulla è rimasto. Dopo alcune sostituzioni già avvenute prima dell’inizio delle recite alla prima c’è stata l’indisposizione di Adina Garifullina sostituita da Benedetta Torre mentre le precarie condizioni di Paolo Fanale hanno spinto il tenore a rinunciare sostituito nella presente recita da Francesco Meli subentrato in extremis. Nonostante queste difficoltà la nuova produzione a traino genovese – sotto la Lanterna sono nati sia la Torre che Meli – ha trovato il suo piacevole equilibrio.
Michele Gamba – già direttore nella precedente ripresa del 2018 – propone una direzione raffinata ed elegante, quasi mozartiana. I tempi sono sostenuti con una ritmica molto marcata anche se mai contrastante con le ragioni del canto – Gamba si conferma ottimo accompagnatore – i colori orchestrali sono tersi, nitidi, ben equilibrati con le scelte dinamiche. Nei momenti più melanconici il direttore trova il giusto lirismo. Ovviamente perfettamente a suo agio in questo repertorio l’orchestra scaligera.
Francesco Meli ha in Nemorino uno dei suoi ruoli più congeniali e non ha deluso le aspettative. Il suo è un Nemorino di vecchia scuola, perfettamente inserito nella grande tradizione italiana del ruolo in cui a emergere è la radiosa solarità di un timbro caldo e carezzevole unita a una vocalità lirica ma non esangue, anzi di una schietta robustezza tenorile. L’emissione è facile e la voce corre splendidamente nella sala del Piermarini. Il naturale lirismo del canto di Meli emerge ovviamente nei punti consacrati – “Una furtiva lagrima” accolta trionfalmente dal pubblico – ma il tenore si è anche fatto apprezzare nelle parti più brillanti mostrando una buona vix comica (il lato attoriale – da sempre è un po’ il suo tallone d’Achille).
Bella sorpresa Roberta Torre soprano neppure trentenne ma già in possesso di una tecnica solida: voce di bella consistenza e omogeneità in tutti i registri. La Torre si fa anche apprezzare per la maturità del fraseggio e per la personalità scenica che almeno in questo ruolo è apparsa quanto mai brillante.
Giulio Mastrotataro è un Dulcamara molto misurato, tutto poggiato sulle ragioni del canto e senza eccessi caricaturali. Il materiale è interessante così come buona appare la preparazione tecnica. Quello che forse manca è una maggior capacità di imprimere un taglio personale a un ruolo così ricco di possibilità interpretative. Davide Luciano (Belcore) sfrutta una bella baldanza vocale unita a un temperamento giustamente guascone. Francesca Pia Vitale conferma le buone impressioni date in altre occasioni dimostrandosi un’ottima Giannetta cui giova la riapertura del quartetto del II atto.
Lo spettacolo è quello ormai storico nato nel 2001 e già più volte ripreso. Le scene di Tullio Pericoli mantengono tutta la loro incantata freschezza, la loro capacità di portarci come Alice in un paese delle meraviglie che restituisce tutto l’ingenuo stupore da favola che in fondo è sotteso a quest’opera. Comincia invece a mostrare qualche ruga la regia di Grisha Asagaroff dove, specie in mancanza di autentici mattatori del palcoscenico (nel 2019 Ambrogio Maestri come Dulcamare) si sente una certa stanchezza nella componente comica, con qualche caduta di stile. Funzionano meglio i momenti più elegiaci anche per la buona identificazione di Meli e della Torre con i loro rispettivi personaggi. Buona presenza di pubblico ma sala non piena, forse anche in conseguenza di qualche contestazione che ha accompagnato la prima. Foto Brescia & Amisano