Como, Teatro Sociale, Stagione d’Opera 2021-2022
“LA BOHÈME”
Opera in quattro quadri su libretto di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica, dalla raccolta di racconti “Scenès de la vie de bohème” di Henri Murger.
Musica di Giacomo Puccini
Mimì ADRIANA IOZZIA
Rodolfo MATTEO DESOLE
Marcello LUCA GALLI
Musetta GRETA DOVERI
Colline ROCCO CAVALLUZZI
Schaunard PAOLO INGRASCIOTTA
Benoit e Alcindoro MATTEO PEIRONE
Orchestra Sinfonica di Savona
Coro As.Li.Co
Coro di bambini della Dna Musica di Savona
Direttore Giovanni di Stefano
Maestro del Coro Massimo Fiocchi Malaspina
Direttore del Coro di Voci Bianche Liana Saviozzi
Regia Renata Scotto
Scene Michele Olcese
Costumi Concetta Nappi
Luci Andrea Tocchio
Nuovo allestimento in coproduzione con Teatro dell’Opera Giocosa di Savona e Fondazione Rete Lirica delle Marche.
Como, 07 novembre 2021
La scelta del Teatro Sociale di Como di ospitare “La bohème” dell’Opera Giocosa di Savona si è rivelata vincente sotto molti punti di vista. Il primo, certamente, è l’allestimento essenziale per dimensione, ma non minimal, con tutte le sue “cosine” a posto: il quadro, la stufa, il lume, e poi venditori ambulanti, neve, cancello della dogana ecc. Non serve un grande spazio per mettere in scena la quarta opera di Puccini, ma uno spazio ben organizzato, e senza dubbio quello approntato da Michele Olcese è quanto mai efficace e appropriato. L’altro aspetto positivo ed evidente all’occhio attento è senza dubbio la regia di Renata Scotto: tutti gli interpreti sono guidati con maestria alla massima espressività della parte, forse con qualche vezzo di troppo (il continuo volgersi al pubblico, ad esempio), ma con l’evidente intento di arrivare al di là della quarta parete – e questo, sovente, solo un ex interprete può capirlo e comunicarlo nel modo più corretto al cast (e se l’interprete è Renata Scotto, la cui carriera non ha certo bisogno di presentazioni, possiamo star certi che lo farà). Nulla di “sperimentale”, ma un’onesta aderenza al libretto e una specifica cura dei dettagli (specialmente nel Quarto Quadro), che rende tutto pienamente fruibile e godibile. Anche la compagnia di canto è stata scelta con particolare attenzione, e i buoni risultati che raggiunge ne sono la prova: Adriana Iozzia è una Mimì del tutto convincente sul piano vocale e scenico – il fraseggio è ben curato, la linea di canto fluida e omogenea, la voce smaltata da belle venature metalliche. Senza dubbio il soprano siciliano emerge sul duetto del Terzo Quadro e nel “Sono andati…” del finale, ove può mettere in mostra anche una specifica naturalezza scenica non comune. Degno partner le è Matteo Desole, che ci regala un Rodolfo di valore: Desole ha infatti una vocalità fresca e naturale, che mette al servizio di un fraseggio sempre elegante, attento alle sfumature di un personaggio troppo spesso stereotipato, anche sul piano vocale. Rodolfo è, invece, personaggio complesso, pucciniano, giacché il Maestro, nell’adattamento delle Scènes de la vie de bohème di Murger lo preferì a Marcello, assoluto protagonista dei racconti, e gli conferì un carattere quasi autobiografico – dai colori amari, in cui il sogno è solo fugace consolazione, e la sete d’amore spesso si abbevera alla fonte del destino (pensiamo alla passione di Puccini per Corinna, conosciuta nello scompartimento di un treno). Matteo Desole mette in evidenza il lato più malinconico del ruolo, che si sovrappone a quello più baldanzosamente giovanile. Degne di nota la “Gelida manina” e il duetto “O soave fanciulla”, ma ancor più il Terzo Quadro, che ha visto Desole fare sfoggio di una ricca gamma di colori, degno anticipo del finale d’opera, tutto giocato tra nostalgico sogno e dolore devastante. Luca Galli (Marcello), centra il personaggio sul piano vocale: bello il timbro e la linea di canto, ci appare invece un po’ impacciato su quello scenico. Pienamente riuscita la Musetta di Greta Doveri: pregevole mezzo vocale e di efficace disinvoltura scenica; il “Quando m’en vo’” è senz’altro eseguito con correttezza e il giusto sussiego, ma è nella scena più drammatica del Quarto Quadro che la Doveri dimostra la maggiore sensibilità musicale. Paolo Ingrasciotta è un buono Schaunard, ben caratterizzato e supportato da canto efficace. Matteo Peirone è un Benoît/Alcindoro ormai collaudatissimo, e non manca di trasferire alle parti sempre quel quid della sua esperienza. Rocco Cavalluzzi (Colline), invece, vocalmente e scenicamente non ci è parso del tutto a fuoco nel caratterizzare efficacemente il suo personaggio. Ottimi i Cori, sia dei “grandi” che dei “piccoli” (un plauso ai maestri Massimo Fiocchi Malaspina e Liana Saviozzi) e della banda di scena. Complessivamente valida la direzione del maestro Giovanni di Stefano, se pur con qualche “esuberanza” volumetrica di troppo nei confronti dei cantanti. Insomma, uno spettacolo riuscito, salutato anche dal pubblico con molti applausi di apprezzamento.