Wolfgang Amadeus Mozart (1756 – 1791): “Messa in do minore KV 427 per soli, coro e orchestra”

Messa in do minore KV 427 per soli, coro e orchestra
Kyrie-Gloria-Credo-Sanctus-Benedictus
Composta tra il 1782 e il 1783, la  Messa in do minore KV 427 per soli, coro e orchestra fu lasciata incompiuta dal Salisburghese che ne aveva iniziato la composizione non su committenza ma per un voto, come si evince da una lettera inviata al padre da Vienna il 4 gennaio 1783, nella quale si legge: “la migliore prova di questa promessa è la partitura d’una Messa che ancora aspetta d’essere completata”.  Concepita da Mozart come voto affinché fossero superate le difficoltà che si opponevano al matrimonio con Konstanze, questa Messa avrebbe dovuto essere eseguita il 26 ottobre 1783 a Salisburgo dove il compositore effettivamente si recò insieme alla moglie. Nella città natale,  nonostante Mozart lavorasse assiduamente alla partitura, non riuscì a portare a termine il lavoro tanto che  le parti mancanti della Messa furono integrate con altre di precedenti Messe. L’opera, il cui Kyrie e Gloria furono utilizzati da Mozart nell’oratorio Davide penitente K. 469, composto due anni dopo, sarebbe rimasta incompiuta, anche perché il compositore decise di accantonare questo lavoro, dal quale non  avrebbe ricavato alcun guadagno, per dedicarsi a committenze ben più fruttuose dal punto di vista economico. Di questa Messa ci sono rimasti dunque i suddetti Kyrie Gloria completi, il Sanctus Benedictus in “particella” e l’abbozzo del Credo. Nonostante sia incompleta, dal momento che risulta mancante dell’Agnus Dei, la Messa è un lavoro monumentale nel quale si avverte una profonda compenetrazione tra sentimento individuale e carattere oggettivo del sacro. Ciò è evidente già nel Kyrie, dove la severa polifonia corale trova toni intimistici nella scelta della tonalità minore e dove si inserisce il bellissimo Christe, una parte solistica per soprano che si configura come un omaggio alla moglie Konstanze che del resto lo interpretò alla prima esecuzione. Influenze dello stile di Händel con reminiscenze del celebre Alleluja caratterizzano la parte iniziale del monumentale Gloria che consta di altre sette parti: l’aria tripartita, Laudamus te; Gratias agimus, brano corale a cinque voci; lo struggente duetto per due soprani, Domine Deus; il monumentale Qui tollis peccata mundi per doppio coro; il terzetto per tenore, soprano e contralto, Quoniam tu solus sanctus; il brano corale Jesu Christe e, infine, la poderosa fuga del Cum Sancto Spiritu. Rimasto incompiuto per quanto riguarda l’orchestrazione che, comunque, può essere facilmente ricostruita, il Credo ha una struttura bipartita con una prima sezione formata da un maestoso coro a 5 voci a cui segue il delicato solo per soprano dell’Incarnatus dal cullante ritmo di siciliana. Un grandioso doppio coro costituisce il Sanctus che culmina nella fuga dell’Osanna, nella quale traspare l’alto magistero contrappuntistico di Mozart. Per le quattro voci soliste è, invece, il Benedictus percorso da inquiete armonie e da un contrappunto a volte dissonante che, però, si risolvono nella ripresa dell’Osanna.