Venezia, Teatro La Fenice
Coro e strumentisti dell’Orchestra del Teatro La Fenice
Direttore Claudio Marino Moretti
Soprano Andrea Lia Rigotti
Mezzosoprano Marta Codognola
Tenore Salvatore De Benedetto
Basso Carlo Agostini
Henry Purcell: “Music for the Funeral of Queen Mary”; Igor Stravinsky: “Le Noces”
Venezia, 28 ottobre 2021
Giornata di ricordi, di omaggi e di saluti, quella di giovedì 28 ottobre … Nella mattinata, presso le Sale Apollinee del teatro La Fenice, si è svolta la cerimonia di consegna del Premio “Una vita nella Musica 2021”, quest’anno assegnato – diversamente da quelli passati – a un non interprete, a un non esecutore, oltre tutto dopo la sua scomparsa. Il premiato è quel Mario Messinis, che per mezzo secolo ha rappresentato l’icona stessa della vita musicale di Venezia, quale direttore della Biennale Musica, bibliotecario e docente al Conservatorio Benedetto Marcello, critico del Gazzettino, sovrintendente e direttore artistico della Fenice: un intellettuale di vasta cultura, che si è fatto apprezzare per la competenza dimostrata, non solo in campo musicale, per la pacatezza, l’equilibrio, la fondatezza, sempre ravvisabili nelle sue argomentazioni, e, ultima ma non per importanza, per la sua lungimiranza (si pensi all’attenzione da lui dimostrata verso la musica nuova e i giovani). A ricevere il tradizionale manufatto, in vetro artistico di Murano, oggetto-simbolo del prestigioso riconoscimento, era la moglie Paola.
Alle giovani generazioni – come avviene da qualche anno a questa parte – era riservato un altro momento della cerimonia, dove è avvenuta la consegna del Premio speciale “Una vita nella musica Giovani” a tre autentiche promesse nel panorama musicale italiano contemporaneo: alla musicologa Elena Oliva, al compositore Zeno Baldi e al pianista Gabriele Strata. Quest’ultimo ha poi eseguito il Concert Sans Orchestre in fa minore op. 14 di Robert Schumann, sfoggiando una tecnica, un temperamento, una maturità interpretativa davvero ragguardevoli: segnaliamo, in particolare, il mirabile nitore del suono e la squisita eleganza del tocco, a rendere ogni aspetto della densa scrittura schumanniana dallo spessore innegabilmente sinfonico.
Nella serata, la giornata di celebrazioni in memoria di Mario Messinis ha avuto il suo degno epilogo nella Sala del Selva – la sala grande del Teatro La Fenice – con un concerto, diretto da Claudio Marino Moretti, che aveva come esecutori il soprano Andrea Lia Rigotti, il mezzosoprano Marta Codognola, il tenore Salvatore De Benedetto, il basso Carlo Agostini, il Coro e gli strumentisti del teatro veneziano: in programma Music for the Funeral of Queen Mary di Henry Purcell e Les Noces di Igor Stravinskij. Si trattava dell’ultimo concerto feniceo per il maestro Moretti, che tra breve, dopo l’andata in scena del Fidelio, chiuderà il proprio rapporto di collaborazione con il teatro veneziano, cosicché la serata assumeva anche il significato di un affettuoso saluto a un musicista fattosi apprezzare dal pubblico della Fenice in tanti anni, nei quali ha istruito e diretto il Coro del teatro, portandolo a livelli veramente notevoli, e non solo nel repertorio operistico. Il che si è pienamente confermato anche in quest’occasione.
Nella composizione di Purcell il coro ha dato il meglio di sé nell’esprimere l’accento dolente del primo brano affidatogli, “Man that is born of a woman”, una meditazione sulla fugacità della vita; nel secondo “In the midst of life we are in death”, il cuore della composizione, che è una supplica accorata a Dio perché non ci abbandoni alla morte eterna; nel terzo, più sereno, “Thou knowest, Lord, the secrets of our hearts”, un’invocazione fiduciosa al Signore nella certezza che accoglierà le nostre preghiere. Gli strumentisti hanno, a loro volta, brillato nell’austera marcia, che apre e chiude la composizione, nota al grande pubblico anche per essere stata utilizzata dal regista Stanley Kubrick in alcune scene di Arancia meccanica.
Cantanti e coro hanno poi trovato il giusto accento in Les Noces, mirabile prova dell’inventiva musicale di Stravinskij, dove la parte vocale – basata su brevi e continue sillabazioni, che creano una pulsazione costante, e intimamente intrecciata alla parte strumentale con straordinario effetto polifonico – è predominante, tanto da susseguirsi senza posa fino alle ultime battute di solo scampanio. Encomiabili sono risultati anche tutti gli strumentisti nell’affrontare una scrittura particolarmente brillante – fatta di sole percussioni, compresi quattro pianoforti utilizzati nella loro veste più martellante –, che testimonia dell’aspetto predominante che qui assume il ritmo, contribuendo al dinamismo, che percorre questa musica. Applausi a non finire, soprattutto a fine serata, a cui Moretti, tradendo un po’ di commozione, ha risposto – come chi è in procinto di partire – con un gesto della mano.