Toulouse, Théâtre du Capitole, stagione lirica 2021-2022
“LA GIOCONDA”
Melodramma in quattro atti, libretto di Tobia Gorrio (Arrigo Boito), dal dramma “Angelo, tyran de Padoue” di Victor Hugo.
Musica di Amilcare Ponchielli
La Gioconda, cantatrice BÉATRICE URIA-MONZON
Laura Adorno JUDIT KUTASI
La Cieca AGOSTINA SMIMMERO
Enzo Grimaldo RAMÓN VARGAS
Alvise Badoero ROBERTO SCANDIUZZI
Barnaba PIERRE-YVES PRUVOT
Isepo ROBERTO COVATTA
Zuane / Un pilota SULKHAN JAIANI
Un Barnabotto / Un cantore HUGO SANTOS
Orchestre National du Capitole, Chœur et Maîtrise du Théâtre du Capitole
Direttore Roberto Rizzi-Brignoli
Maestro del coro Alfonso Caiani
Regia Olivier Py
Scene e costumi Pierre-André Weitz
Luci Bertrand Killy
Coproduzione Théâtre du Capitole de Toulouse / Théâtre Royal de la Monnaie
Toulouse, 3 ottobre 2021
Per la prima rappresentazione de La Gioconda al Théâtre du Capitole di Toulouse si è optato per una coproduzione con il Teatro La Monnaie di Bruxelles del 2019, con la regia di Olivier Py. Lo scenografo e costumista Pierre-André Weitz, da anni fedele collaboratore del regista, ci presenta una cupa, ma a suo modo imponente scatola scenica (illuminata da fredde luci bianche), con elementi che scendono dal soffitto (una grata in proscenio, passerelle), una scalinata, una struttura a celle che, sul fondo crea dei piccoli ambienti a se stanti. L’acqua sul palcoscenico è forse l’unico elemento che evoca Venezia, così come un inquietante mascherone ci può riportare al Carnevale del primo atto. In ogni caso nulla che ci riporti a una Venezia da cartolina. In linea con la scena, i costumi delle stesso Weitz che ripropongono canoni visti e rivisti di un anonimo non stile, rigorosamente in nero. Nulla che, ovviamente, ci rimanda al XVII secolo. In quanto alla regia di Oliver Py, troviamo riproposte alcune delle sue ossessioni visive: scene di nudo, simulazioni di scene di sesso, anche violento e le inevitabili mitragliatrici all’inizio dell’ultimo atto. Malgrado questi eccessi (poco chiari alla comprensione) che ormai non scandalizzano più nemmeno il pubblico, la regia, nel suo insieme, può anche funzionare.
Anche se il Covid-19 ci lascia più tranquilli da qualche mese, non siamo tornati completamente alla “vita di prima”. Pubblico con mascherina e orchestra in buca a ranghi ridotti. La concertazione di da Roberto Rizzi-Brignoli non ne risente in tenuta teatrale e drammatica. L’orchestra soffre un po’ in rapporto quando l’ottimo e omogeneo Coro del Capitole è a piena voce. Nel ruolo delle protagonista troviamo Béatrice Uria-Monzon, cantante-attrice di rango, passata da ruoli mezzosopranili (celebre Carmen) a quelli di soprano lirico spinto, drammatico. Come Gioconda (che Py ci presenta come una cantante d’opera, in abiti ricchi e con una lunga parrucca rossa) la Uria-Monzon, domina scenicamente il ruolo, canta con passione e riesce anche ad emozionare (in particolare in “Suicidio”) ma la voce ha perso in colori: cambiando il registro, spostato in acuto, ha perso nei centri, fatica a gestire le mezzevoci così come il fraseggio risulta pressoché incomprensibile. Judit Kutasi è una Laura di bel timbro, omogeneità nei registri e ottima proiezione. Agostina Smimmero è una Cieca giovanile, interprete sensibile e raffinata della celebre “Voce di donna o d’angelo…A te questo rosario”. Il versante maschile vede il tenore messicano Ramón Vargas nei panni di Enzo Grimaldo: aldilà di qualche tensione nel registro acuto, ritroviamo tutte le qualità che abbiamo apprezzato più volte: bel timbro ed eleganza di stile. La celebre romanza “Cielo e mar” è un bel momento di canto elegiaco e di poesia. Il basso Roberto Scandiuzzi (Alvise Badoero) canta e interpreta con la sua naturale autorevolezza. Il baritono Pierre-Yves Pruvot incarna con convinzione il “cattivo” Barnaba senza eccessi veristi. La voce è solida, musicale e ben proiettata. Completano positivamente il cast: il possente Sulkhan Jaiani (Zuane / Un pilota), accanto a Roberto Covatta (Isepo) e Hugo Santos (Un Barnabotto / Un cantore). Foto Mirco Magliocca