Sta per inaugurarsi, a Napoli, un importante e atteso evento culturale curato da Francesco Cotticelli (Università degli Studi di Napoli “Federico II”) e Paologiovanni Maione (Conservatorio di Napoli “San Pietro a Majella”), che vede protagonista la figura del grande tenore Enrico Caruso, nato a Napoli il 25 febbraio del 1873, sul quale – secondo differenti angolazioni e punti di vista – si confronteranno studiosi internazionali. Le giornate di studio saranno arricchite da performances dei giovani allievi del conservatorio e da proiezione (si veda programma qui allegato), ma soprattutto dalla mostra «Un soffio è la mia voce». Cantanti e scuole di canto a Napoli tra XVI e XIX secolo, curata da Tommasina Boccia, Cesare Corsi, Tiziana Grande e Luigi Sisto. Una avvincente ricognizione nelle scuole di canto dal XVI al XX secolo destinata a illustrare, attraverso i materiali della Biblioteca, dell’Archivio, del Museo del celebre istituto partenopeo, le vicende formative di un esercito canoro che invase l’Europa.
Cogliamo dunque l’occasione per rivolgere alcune domande ai protagonisti principali di queste giornate, che all’unisono ci introducono nel cuore del progetto CARUSO 100.
In vista delle celebrazioni per i cento anni dalla morte di Enrico Caruso, l’unione di due Istituzioni come il Conservatorio e l’Università quanto simboleggia la complementarità e la necessità di unire forze di natura diversa, per raggiungere un obiettivo comune potenziandone la resa?
Il Conservatorio “San Pietro a Majella” di Napoli promuove la ricerca artistica, scientifica e la formazione nell’ambito delle discipline musicali e musicologiche, tra le quali realizza convergenze che hanno come base programmatica la condivisione, il valore, la sensibilità, il riferimento e la formazione territoriale, tramite lo studio della storia e del passato come moltiplicatore della percezione e della comprensione del presente; il riferimento costante all’evoluzione e al senso molteplice della tradizione musicale, all’immenso patrimonio musicologico e artistico, agli assetti territoriali, alle radici culturali profonde delle nostre società. Esso attua una sintesi coerente e armonica dei saperi specialistici e si adopera per tradurre gli esiti della ricerca in forme didattiche adeguate, ritenendo inscindibile il rapporto tra ricerca e formazione. In questa prospettiva la collaborazione con l’Università Federico II mira a rafforzare le capacità analitiche, critiche, comunicative e divulgative tramite lo sviluppo di specifiche competenze di base e applicate, di favorire la partecipazione attiva ai processi formativi, di sviluppare capacità creative e sperimentali, con l’obiettivo di formare cittadini altamente competenti e consapevoli di promuovere la cultura delle responsabilità e della solidarietà sociale.
Qual è il risultato più atteso?
Si intende rispondere a una intensa domanda culturale musicale proveniente dalla società civile, del territorio e dalle professioni, collaborando attivamente alla vita e al consolidamento delle attività, con particolare riferimento all’incremento della qualità della produzione artistica e scientifica, alla razionalizzazione e alla innovazione della didattica, al potenziamento strategico della sua proiezione internazionale, in una dimensione sia europea che extraeuropea, attraverso lo scambio di docenti e discenti, di ricerca e di formazione e con la partecipazione a ricerche di respiro internazionale.
Quanto è importante, oltre che doveroso, celebrare Caruso?
Con la voce sensuale e struggente di Enrico Caruso si apre il Novecento e nasce il divismo lirico in senso moderno. Il tenore napoletano è a tutti gli effetti il primo “caso” discografico della storia. La sua voce promettente e le lezioni di musica, tutte a carattere dilettantistico, gli consentono di esordire sulle scene di un piccolo teatro locale. La bella voce e il timbro particolare, che diventeranno poi un suo tratto distintivo, gli consentono di impiegarsi come cantante e di esibirsi nelle case private, nei caffè e nelle rotonde balneari, con un repertorio di canzoni napoletane insieme ad altri cantanti. La discografia carusiana riproduce l’evoluzione e il progressivo rafforzamento tecnico della vocalità tenorile più sfarzosa, virile e sensuale che si sia mai udita nel corso del Novecento. Una voce dotata di un’ampiezza, un velluto, una smaltatura brunita e uno squillo tali da renderla straordinariamente fonogenica in rapporto alle tecniche di incisione dell’epoca. Uno strumento che oltretutto, nonostante gli studi irregolari, risulta sostenuto da una tecnica di emissione di alta scuola, documentata dalla discografia e filmografia da un passaggio di registro divenuto ormai impeccabile, dalla perfezione del legato, dalla dosatura ineccepibile dei fiati, dalla nettezza degli attacchi.
Quali altre peculiarità di questo mito da far conoscere ai giovani secondo una luce nuova, più veritiera?
L’interprete, come è logico che sia, si rivela figlio del proprio tempo, più incline all’estroversione passionale e all’accento struggente del repertorio verista che all’interiorità analitica o alle auliche stilizzazioni del repertorio romantico. Impersona insomma ai livelli più alti la figura dell’amoroso tipica del teatro musicale naturalista fondato sul conflitto fra i sessi: è la voce per antonomasia del maschio latino che soppianta il tenorismo idealizzato del Romanticismo, incarnato all’epoca da Alessandro Bonci, al quale Caruso verrà spesso contrapposto. Non bisogna poi dimenticare il Caruso insuperato interprete di canzoni napoletane, che all’epoca alimentano le lancinanti nostalgie degli emigrati italiani in terra d’America, né l’esecutore timbricamente ammaliante, per quanto poco incline a un gusto miniaturistico, delle romanze da salotto. Caruso riesce pur sempre ad attingere emotività ed espressione a una forza e a un temperamento genuino senza che l’uguaglianza dei suoni, la linea musicale e il fraseggio vengano intaccati da un gusto verista deteriore a quei tempi già molto diffuso e che contraddistinguerà le folte legioni a seguire di epigoni e imitatori. La fama senza pari conseguita nel primo ventennio del Novecento spingerà infatti molti tenori a prenderlo come punto di riferimento, emulandone tuttavia non le qualità tecnico-espressive, ma peculiarità personali come il colore e le inflessioni timbriche. Il tentativo di imitarne la brunitura dello smalto e l’impasto scuro, forzando i centri, provocherà danni rilevanti a non pochi tenori delle generazioni successive. Ma l’analisi critica è sottoposta al vaglio delle fonti storiografiche, per cui le ricerche che saranno esposte nel corso del convegno sapranno rispondere alle nuove esigenze ermeneutiche.
Napoli e il Progetto CARUSO 100: una sintesi delle celebrazioni che stanno per avere inizio.
Il nome di Enrico Caruso è fortemente legato alla città di Napoli, e l’anno 2021 segna il centenario della morte del grande cantante, evento che il Conservatorio di Napoli intende celebrare con una iniziativa importante, principalmente rivolta agli studenti dei Conservatori di Musica e dei Licei musicali del territorio campano. Ma non solo: il profilo internazionale di questo grande artista induce il conservatorio napoletano a coinvolgere, in occasione del centenario della nascita, una serie di partner nazionali e internazionali al fine di studiare in tutte le sue sfaccettature il “fenomeno Caruso”. È questa l’occasione adatta per avviare una attenta riflessione sul valore di Caruso nel suo contesto cercando di comprendere luci e ombre di un percorso artistico esemplare e all’istesso tempo assai eccentrico, fatto sia di adesione alle tendenze culturali del tempo sia da accidentati sentieri. Il Conservatorio napoletano intende ricordare Enrico Caruso non solo con momenti di riflessione scientifica, ma anche con una serie di iniziative e manifestazioni tese a far conoscere, ad un’ampia platea, il magistero del tenore.