Leyla Gencer (1928-2008): “Maga, Zingara o Regina”

Leyla Gencer (Istanbul, 10 ottobre 1928 – Milano, 10 maggio 2008)
Maga, zingara, regina. Leyla Gencer si è impadronita con prepotenza di queste figure che affollano il melodramma dell’Ottocento. Regine, soprattutto: Maria Stuarda, Elisabetta, Anna Bolena, Lady Macbeth. ” Non sei contenta se non hai una corona in testa”, le disse Paolo Grassi ai tempi della Scala. Ed è vero: le basta cingere l’insegna regale e il personaggio, per una sorta di misterioso “ritorno”, si incarna. Allora ecco Leyla-Elisabetta camminare a passo lento, disillusa sovrana d’Inghilterra: eccola scendere barcollante, sonnambula consorte di Macbeth. Apparentata con la Callas per quei “pianissimi”, per le “smorzature” che danno ali alla sua voce, per la singolare capacità di pesare la parola nei recitativi, di scoprire nei personaggi i semi nascosti delle passioni, gli orrori morali, LeYla Gencer quando entra in scena annuncia sempre un evento memorabile. Le devono molto  i personaggi del giovane Verdi, del Donizetti raro a cui ha dato una nuova vita.
Nata in Turchia, a Istanbul. da molti anni in Italia, la Gencer dice di avere non due ma tre radici: quella slava della madre polacca, quella turca del padre e, innestata, l’italiana. Dall’unione di tali  radici è nato un albero di rigoglioso è strano. Una  donna che non ama più di tanto la bontà, che si scatena in breve tempestose collere. Ha un vizio moderno, Leyla: il telefono. Lunghissime conversazioni e vittime designate.
Canti e parli diverse lingue , Leyla. Quale preferisci, come cantante?
“L’italiano, anche se la prima lingua che ho parlato il francese. Era francese la mia prima governante, una contessa in esilio. Viveva con noi. Nelle nostre case, in Turchia, si usava avere ospiti  a vita, onoratissimi, rispettatissimi. Così eravamo noi, allora. Fu un personaggio determinante per me: con lei ho imparato tante cose.” Chi capisci di più gli uomini o le donne?
“Mi trovo molto meglio con gli uomini punto sono più diretti, più immediati, più leale. Nelle donne c’è sempre un “arriere-pensée” e io se n’è sempre sul chi va là con loro”.
Come reagisci a un’offesa, a un tradimento?
“In due modi: o facendo delle grandi scenate, tempesti, uragani, o ignorando chi mi ferisce. Quando esplodo dico cose che non dovrei dire”.
L’amore, fino a oggi, ti ha dato più felicità o dolore?
“L’amore dà sempre molta felicità, ma anche tanta infelicità”.
Appartieni al tipo di donna che tormenta la persona amata?
“Sì, sono una donna che tormenta: ma per amore”.
Ti dà fastidio la gelosia?
“Non voglio limiti alla mia libertà. Abito sola, anche se sono sposata. Mio marito, banchiere, sta in Germania. È una persona straordinaria, mi capisce, mi lascia vivere. Mi adora come artista e allora mi perdona molte cose, anche il mio carattere”.
Come hai superato i dolori, le disillusioni nella tua vita?
“Dipende. Il primo impatto col dolore è di disperazione. Non voglio vedere nessuno. Poi scatta in me qualcosa, ricomincio a vivere. Ma certi momenti sono di morte: di morte totale.”
Credi nelle forze occulte?
“Sono portata a crederci. Sono una orientale, cresciuta nella magia, ma certamente in un modo molto diverso dal vostro. Credo nelle potenze magiche”.
Che cosa intendi per “potenze magiche”?
“Il maleficio, il malocchio. Durante una recita voglio vedere persone simpatiche in prima fila o nei palchi più vicini, voglio sentire fluidi benefici…”
Qual è, secondo te, la tua dote dominante?
“La forza magnetica. Cantare è un’arte magica. Ecco perché, prima di un’opera o di un concerto, ho una cura maniacale di ogni particolare. Non solo il canto, la dizione, ma tutto è importante: il vestito, la pettinatura, la parrucca, ecc. Devi conquistare il pubblico non solo come con la musica. Una  volta, in un recital, interpretavo tre personaggi: una maga, una zingara, una regina. La regina era la decapitata Maria Stuarda. Per quell’occasione ho voluto un abito rosso, un grande peplo rosso sangue.”
Ti commuovi mentre canti?
“Sì, piango veramente. Però mentre piango se mi capita di vedere  che nel primo parco c’è una persona che sbadiglia. o se vedo la corista che chiacchiera fra le quinte,  allora mi arrabbio e penso: “Come osano chiacchierare o annoiarsi mentre si sta cantando?”.
È vero che nel passato si cantava meglio?
“Non voglio dire che oggi si canti meglio ma sicuramente si ha una maggiore preparazione musicale, pur pur avendo forse meno voce…”
A che cosa tieni di più, all’amore o alla carriera?
“Il mio più grande amore è la musica. Ma la musica è sempre legata ai miei amori. Tutta la vita sono stata innamorata.”
Di musicisti?
“No, non precisamente”
C’è, nella tua vita, una persona che non dimenticherai mai?
“Sì, ho avuto la fortuna di trovare un sovrintendente come Di Costanzo, che non era un uomo colto, ma che intuiva subito le qualità di un artista. È stato lui a darmi la forza di fare teatro. Poi è venuto il maestro Serafin e poi ho avuto la fortuna di conoscere Gui e Gavazzeni… Questo “trio” mi ha aperto tanti orizzonti….
Che cosa provi prima di entrare in scena?
“Paura, angoscia. Mi sembra ogni volta di non avere più voce, mi sento malatissima: asma, bronchite, mal d’orecchio…”
Temi di più l’incidente vocale o l’angoscia?
“La memoria è stata sempre un incubo per me. Non canto mai senza suggeritore. Imparo prestissimo, ma dimentico con altrettanta facilità”.
E se ti capita un vuoto di memoria…
“Inventò le parole. una volta alla Scala, nell’Aida ho incominciato la romanza con le parole “O fresche Valli”, convinta di dire “cieli azzurri”. Poi il maestro Gavazzeni mi fa. “Ma allora questi “cieli azzurri” non li sentiremo mai…”
Hai mai fumato?
“Si, qualche sigaretta. Adesso è molto che non fumo più”.
Sogni?
“Sì moltissimo. Un sogno ricorrente: volo su un mare azzurro, limpido, sui prati, in mezzo ai fiori. Ebbene dopo mi accade sempre qualcosa di bello.”
Che cosa cerchi nelle persone?
“La lealtà. Troppa bontà non mi ispira e non mi interessa. Io non sono molto buona. Ma sono generosa verso il prossimo. Generosi bisogna esserlo sempre.”
Ami la casa?
“Si, so fare tutto. Tengo moltissimo all’ordine”.
Vuoi bene a te stessa?
“Generalmente mi autodistruggo. Però forse mi amo”.
Ti piace andare all’opera come spettatrice?
“Spesso mi annoio. Quasi sempre trovo belle voci, ma non la magia. Sì, la magia è finita con la Callas”. Foto Galliano Passerini
(Estratto da “Leyla Gencer: Maga, Zingara o Regina” di Laura Padellaro – Milano, 1979)