Teatro Kismet Opera, Rassegna di Danza Contemporanea Esplorare 2021
Regia e coreografia di Domenico Iannone
Danzatori Silvia Di Pierro, Giada Ferrulli, Mimmo Linsalata, Sara Mitola, Marika Mascoli
Voce narrante Teresa Ludovico
Lighting designer Roberto De Bellis
Bari, 13 ottobre 2021
Credevo mi amasse è il nuovo titolo della performance di Domenico Iannone, coreografo della Compagnia AltraDanza e curatore insieme al direttore Gianni Pantaleo della Rassegna di danza contemporanea ESPLORARE 2021, già alla terza edizione. Sul palco del Teatro Kismet Opera di Bari, Domenico Iannone ha voluto portare in scena un lavoro coreografico dal tema poco scontato. Quattro danzatrici e un danzatore hanno dato il meglio di sé interpretando una serie di tableaux di teatro-danza, legati da un testo drammaturgico dal tema attuale e scottante, sulla violenza e i maltrattamenti esercitati sulla donna da parte dell’uomo, storie di vita spezzata, ad esempio, da colui che diceva di amarla.
Teresa Ludovico, attrice e regista, impeccabile nella sua narrazione, seduta su una sedia rossa simbolo della lotta contro la violenza sulle donne, ha raccontato con spirito ironico ricco di pathos alcune delle vicende omicide e di maltrattamento che hanno colpito brutalmente e coinvolto tante donne negli ultimi anni, sottraendole anche alla vita in maniera ingiusta e crudele. Ogni racconto angosciante ha anticipato le distinte performance introducendo lo spettatore all’azione coreografica rendendolo partecipe spiritualmente ed emotivamente.
La forza evocativa del gesto, ancor più in questa occasione, si è manifestata diventando la componente generativa di un linguaggio del corpo complesso e significativo, fonte di comunicazione sensoriale ed emotiva. Una gestualità sofisticata messa in scena da Iannone ha impreziosito la pratica danzante. Inoltre, l’azione interpretativa ha aggiunto un elemento narrativo e descrittivo alla componente scenica, mettendo in luce l’aspetto drammatico e realistico della drammaturgia coreografica, densa di messaggi profondi e intimi. Parlare di rapporti difficili tra un uomo violento e una donna vittima, succube e ignara non è facile, a maggior ragione attraverso il linguaggio del corpo e del movimento. Tuttavia, grazie all’abilità e alla padronanza dell’azione interpretativa sensibile e determinata delle danzatrici Silvia Di Pierro, Giada Ferrulli, Sara Mitola, Marika Mascoli e dell’unico danzatore Mimmo Linsalata ha facilitato la fruizione rendendo evidenti le dinamiche percettive dello spettatore. L’accompagnamento musicale di vario genere utilizzato per ogni quadretto insieme al disegno delle luci hanno incrementato sensibilmente la partitura coreografica evidenziando l’aspetto psicologico di quei corpi di donna privati della propria libertà, raggiungendo a tratti un vero e proprio aspetto simbiotico e concreto. L’ensemble ha animato lo spazio scenico mostrando quei corpi semplici e puri dei danzatori, che all’unisono si sono esibiti con movimenti minimali ma fortemente espressivi e, come dice il coreografo, “i danzatori non danzano il tormento, ma lo interpretano”. Ogni danzatrice incarnando la vittima ha animato la propria storia avvalendosi di un movimento calzante con la propria vicenda. L’assordante ma silenzioso grido di aiuto di una donna-interprete in preda alla propria sofferenza ha fatto rabbrividire lo spettatore, silenzioso e sgomento, inglobandolo nel proprio dolore.
Domenico Iannone “dà voce alle donne” e “spiega il dolore del silenzio”. Sicuramente non è facile entrare in un corpo “altro” facendolo diventare protagonista e provare a vivere, sentire e pensare come fosse lui o lei, perché in scena ambedue i ruoli sono stati scanditi ed esibiti dettagliatamente in ogni momento del rapporto tormentato attraverso gli aspetti passionali, carnali, familiari e di vita quotidiana. Le tecniche del corpo in movimento utilizzate sono state trattate in maniera rispettosa e delicata come strumenti di identità, esplicati in un’azione performativa adattata ad ogni singola situazione. La raffigurazione di scene sensibili come i maltrattamenti dell’uomo sulle donne e quindi di conseguenza la ribellione silenziosa delle donne sono stati perfettamente realizzati con il movimento pantomimico del viso, degli occhi e dello sguardo.
Il danzatore-interprete Mimmo Linsalata come unico uomo sulla scena si è districato tra le diverse narrazioni assumendo il ruolo del carnefice, assetato di potere sulla donna. Ha dato prova di saper ben interpretare un ruolo difficile, il cui compito è assolutamente poco adatto ad un ballerino ma che lui ha saputo realizzare con maestria e sicurezza nell’azione espressiva. Da solo sul quel palco, disteso a terra si dimenava in un movimento isterico e sofferente, tanto che per un attimo sembrava tormentarsi, forse pentito, per quello che aveva commesso. Il coreografo ha saputo nell’insieme tessere un lavoro complicato e ricercato, nel quale ha dovuto limitare l’azione danzante per far posto a un prodotto coreografico permeato dall’aspetto psicologico dell’individuo, e mettendo da parte i consueti canoni stilistici si è addentrato nella materia performativa del teatro. D’altronde, ha reso un lavoro prezioso sotto il profilo espressivo ed interpretativo, donando dal punto di vista sociale, etico e morale un messaggio dal forte valore emozionale, ricordandoci di non spegnere mai i riflettori su vicende che non bisogna lasciare che avvengano in una società evoluta. (Foto Gennaro Guida)