Torino, Cortile di Palazzo Arsenale, Regio Opera Festival 2021
“IL BARBIERE DI SIVIGLIA”
Opera buffa su libretto di Cesare Sterbini, tratto dall’omonima commedia di Pierre Beaumarchais.
Musica di Gioachino Rossini
Il Conte d’Almaviva JACK SWANSON
Figaro ANDREJ ŽILIKHOVSKIJ
Rosina MIRIAM ALBANO
Don Bartolo JOSE’ FARDILHA
Don Basilio MARKO MIMICA
Berta LAURA CHERICI
Fiorello LORENZO BATTAGGION
Un Ufficiale RICCARDO MATTIOTTO
Ambrogio (mimo) ALBERTO DEICHMANN
Orchestra e Coro del Teatro Regio di Torino
Direttore e maestro al fortepiano Giuseppe Finzi
Maestro del Coro Andrea Secchi
Regia Vittorio Borrelli
Scene Claudia Boasso
Costumi Luisa Spinatelli
Luci Andrea Anfossi
Allestimento del Teatro Regio di Torino
Torino, 11 Settembre 2021
Il frequentatore medio del Regio che legge in programma l’ennesima ripresa del Barbiere di Siviglia, nella versione “fatta in casa” del 2007, per un Regio itinerante, non ne è certo conquistato. La creazione ebbe infatti luogo in un torrido luglio nella splendida cornice estiva dei giardini neogotici della reggia di Racconigi, arricchita da sciami di importuni mosquitos e dai clap-clap delle cicogne, ivi residenti. Di quelle recite si ricordano, oltre agli importuni fascini del plein air, la direzione frizzante e scrupolosa di un giovanissimo Michele Mariotti ai primi colpi di bacchetta e l’ingenuità di un allestimento minimalmente funzionale, costituito da 6 altissimi poliedri a base triangolare che ruotati creavano gli ambienti: la strada di Siviglia, l’androne e il salone della casa di don Bartolo. Non mancavano le gags, che viste per la prima volta, suscitavano ilarità. Dopo non poche riproposte, in teatro, negli anni pre-peste, ce lo ritroviamo ancora, in versione itinerante, nel Cortile dell’Arsenale. Confessiamo che con l’interesse per lo spettacolo, inevitabilmente del tutto affievolito, per frequentatori impulsivi d’opera, come noi, che non tralasciano mai un secondo o un terzo cast, la curiosità e l’attrattiva di un nuovo set di artisti la vince sulla comodità domestica di NETFLIX. E si costata, a sorpresa e con piacere, che non è solo per noi visto che il teatro dichiara per le tre recite il tutto esaurito. Iniziano molto bene Giuseppe Finzi e l’Orchestra del teatro Regio con una sinfonia dalle sfumature notturne più incline a un patetismo amoroso che a un preludio a una indiavolata macchinazione. E così prosegue il racconto di Finzi discreto ed amorevole, coadiuvato in ciò dalla non smagliante acustica del luogo. Il temporale del secondo atto esclude telluriche catastrofi ambientali causate dai cambiamenti climatici, ma suggella, con discrezione, il climaterio di Berta e anticipa l’arruffata concitazione dei fuggitivi. Sempre puntuale il Coro del Teatro Regio, sotto la sapiente guida di Andrea Secchi, nei suoi non radi interventi musicali e scenici. Più che il baritono del ruolo eponimo, qui un brillantissimo e financo esagitato Andrej Žilikhovskij, dalla buona intonazione e dal bel timbro ma dalla dizione perfettibile, a dominare, nel Barbiere, ci vuole un tenore che sappia essere un Grande di Spagna e un amoroso, con discrezione. Suo compito è, come fa con Rosina, ammagliarci con timbro tecnica e portamento. Jack Swanson, giovane americano che forse troppo si è volto al compatriota Blake, è sulla strada giusta. La tecnica non gli manca, deve però evitare di sbiancare troppo i sovracuti fuori ordinanza e di caricare eccessivamente Don Alonso di vocine nasali ed alterate. Il portamento e la figura di bel giovine la natura glieli ha dati, al timbro fascinoso deve ovviare con studio e sagacia. L’approfondimento psicologico del personaggio gli potrebbe evitare l’esito interlocutorio della cavatina d’entrata che pareva solo mirare ad un atletismo vocale, ahimè non del tutto a fuoco. “Cessa di più resistere”, da Blake ormai finale imprescindibile, non c’è stato … ci abbiamo sofferto. Josè Fardilha è un Don Bartolo del tutto credibile, sono suoi i soli recitativi della serata correttamente e convintamente interpretati, come fosse, lui portoghese, italiano di madrelingua. Il sillabato del Dottor della mia sorte non è alla Dara ma si accetta, un perdono più forzato meritano frequenti scivolate d’intonazione. Marko Mimica allampanato, come da tradizione, vocione, come da tradizione, gigioneggiate con fazzolettone, come da tradizione, porta a casa dignitosamente la sua Calunnia e gli altri contributi al frastuono generale. La piccola Rosina non può che essere vittima di un #Me Too multiplo se la voce il fisico e lo spirito non la sorreggono, ma con Miriam Albano, fisico da indossatrice, si intravedono solo. Alcune voci, bellissime in sé ma dalla consistenza di un alito di zefiro, soffrono dell’aria aperta. La voce del forse mezzosoprano Miriam Albano si addice ad una bomboniera non a cortili ed arene. Il timbro è gradevole, la figura pure, il carattere e la voce si intravedono diluiti dal troppo spazio. “Una voce poco fa” senza mende e senza entusiasmi. Una Lezione di canto passata via come in un soffio. Nessun dubbio che Laura Cherici sia la Berta che ci vuole e che quindi ben difficilmente si possa cantare meglio Il vecchietto cerca moglie e meglio interpretare le residue smanie di una inaccettata casta vecchiaia. Lorenzo Battaggian, Fiorello che ben ci introduce, dopo tla maliosa Sinfonia di Finzi, all’opera e alla confusa serenata che la regia navigata di Vittorio Borrelli e l’estrosa scenografia di Claudia Boasso hanno arricchito di clavicembali arpe e diavolerie varie. Un’orchestra in scena! Riccardo Mattiotto, ufficiale di giornata, ha invece sedato confusioni e risse abilmente prono al potente di turno. Alberto Deichmann Ambrogio, silenzioso mimo, cui sono affidate quasi tutte le risorse comiche della serata. L’incedere da bradipo, con scopa e senza scopa, il comparire nei momenti più inaspettati, financo il porgere la tazzina di caffè, hanno suscitato le risate più convinte del pubblico e nella sfilata finale degli interpreti si è beccato un bel successo personale. Luisa Spinatelli ha rinnovato e rinverdito i costumi che perfettamente si attagliano all’azione, evitando il grottesco che infesta molte rappresentazioni. Questa sera la luna non ha dato il suo contributo al fascino delle giuste luci di Andrea Anfossi, solo un luminoso Giove solitario (maledetto sia l’inquinamento luminoso delle città!) ci ha ricordato che sopra di noi c’era la volta stellata. Il successo e gli applausi finali sono stati scroscianti per tutti, compreso per il Conte Almaviva cui erano stati negati dopo l’aria di sortita. Da uno spettatore smotorizzato, un’ultima nota di disappunto: sia Regio che ATM, sotto un’unica amministrazione cittadina, con sovrano disprezzo, non tengono in conto che se lo spettacolo termina alle 24 si perde l’ultima corsa della METRO. Ora d’inizio e durata dell’intervallo dovrebbero venir gestiti con più attenzione alle esigenze dei paganti. Lo stesso capita con La Scala che intenzionalmente ignora l’orario dell’ultimo treno per Torino e forse non solo per Torino.