Camille Saint-Saëns: “Le timbre d’argent” (1864, versione definitiva 1914)

Dramme lyrique in quattro atti su libretto di Jules Barbier et Michel Carré. Hélène Guilmette (Hélène), Jodie Devos (Rosa), Edgaras Montvidas (Conrad), Yu Shao (Bénédict), Tassis Christoyannis (Spiridion), Jean-Yves Ravoux (Patrick), Matthieu Chapuis (Un Mendiant). Coro Accentus, Christophe Grapperon (maestro del coro), Les Siècles, François-Xavier Roth (direttore). Registrazione: Opéra Comique, 8 – 17 giugno 2017. 2CD Fondazione Palazzetto Bru Zane BZ1041
Una serie di sfortunati eventi” è il titolo della nota serie di romanzi per ragazzi dell’americano Daniel Handler e il titolo potrebbe benissimo essere preso a prestito per riassumere il debutto Camille Saint-Saëns e più in generale il suo primo periodo compositivo. Nonostante la stima goduta fin dagli anni del conservatorio e l’appoggio non ininfluente di Auber il compositore si era visto negare la borsa del Prix de Roma nel 1852 e anche nel 1864. Quest’ultima delusione aveva spinto con maggior determinazione Saint-Saëns  verso il teatro musicale, per altro unica fonte di autentico guadagno per un giovane che non ambiva certo al modesto futuro di semplice organista.
Una proposta promettente era arrivata dal Théâtre-Lyrique il cui direttore, forse su segnalazione dello stesso Auber, aveva proposto a Saint-Saëns il libretto de “Le Timbre d’argent” scritto dagli immancabili Barbier e Carré ma già rifiutato – segno non certo positivo – da altri compositori.
I problemi emersero subito: la primadonna Marie Caroline Miolan-Carvalho, moglie dell’impresario e quindi difficilmente scontentabile, si lamentò della modestia del ruolo. Tra rimandi e rinvii, il fallimento del Théâtre-Lyrique,  cadde come un macigno sull’opera, il cui primo tentativo di rinascita fu  bloccato da fatti contingenti, questa volta la disfatta militare contro la Prussia del 1870.
Dopo ulteriori traversie l’opera giungerà a vedere la luce solo nel 1877 per poi continuare con altre traversie e rifacimenti a cercare una propria identità in un calvario destinato a terminare solo con la settima e definitiva versione, con i recitativi orchestrati dall’immancabile Choudens per l’Opéra di Monte-Carlo nel 1894. Nonostante tutti gli sforzi dopo il primo conflitto mondiale su essa calerà l’oblio più completo.
L’opera si presenta come un “mix” di suggestioni oniriche e fantastiche che anticipa certi elementi de “Les Contes d’Hoffmann”. Il poeta fallito Conrad ottiene dal diabolico dottor Spiridon un campanello magico che toccato donerà oro in quantità ma in cambio si prenderà una vita. L’utilizzo  comporta però la morte di persone care al poeta che cercherà per questo di distruggere l’oggetto magico, senza riuscirci. Alla fine scopriremo che si è trattato solo di un incubo dello stesso Conrad, dilaniato dalla febbre e assistito dal dottor Spiridiona – semplice medico per nulla diabolico – e dall’amata Hélène ancora viva.
Su questo canovaccio non privo di suggestioni ma limitato da un libretto drammaturgicamente poco efficacie, povero di lirismo, Saint-Saëns compone un’opera godibilissima. Certo, un po’ impersonale: chiari gli echi non solo di Auber, ma di tutta la tradizione precedente – Meeyerber in primis – attentamente studiata. La scrittura orchestrale è  molto ricca e capace di cogliere il carattere di un testo fin troppo aneddotico nelle continue avventure previste dal libretto, manca un maggior abbandono melodico (complice il limite del libretto).
Il Palazzetto Bru Zane presenta ora la prima registrazione assoluta di quest’opera sconosciuta ma importante e musicalmente godibile. La proposta, come sempre, editorialmente molto ricca con un libretto ricco di informazioni storiche e filologiche. La versione scelta è quella definitiva del 1894 ulteriormente rivista nel 1914.
L’orchestra Les Siècles e il coro Accentus sono diretti con grande energia da François-Xavier Roth che fornisce una lettura non solo di grande vivacità teatrale ma soprattutto riesce a dare una tinta in qualche modo unitaria e coerente a un lavoro ancora dispersivo, come si è detto.
Molto buona la compagnia di canto. Nei panni del protagonista troviamo il lituano Edgaras Montvidas già apprezzato in alte registrazioni di questa collana. Voce agile ma corposa, sicura su una tessitura non facile unita a un’emissione musicale ed elegante e a un ottimo senso della prosodia francese. Sul piano interpretativo Montvidas è alle prese con il carattere ombroso e contradditorio di Conrad riuscendo a darne un ritratto  accattivante. Nei panni dell’amico Bénedict il tenore cinese Yu Shao  canta molto bene e con un materiale vocale molto gradevole pur mancando ancora di una più definita personalità.
Personalità che non latita in un veterano della scena francese come Tassis Crhristoyannis che gioca con classe e assoluto senso dello stile il carattere mefistofelico che il dottor Spiridion assume negli incubi di Conrad. A lui è affidata la “chanson napolitaine” che con i suoi tratti popolareschi è forse uno dei momenti di maggior presa dell’opera e in cui il baritono greco brilla particolarmente.
Hélène Guilmette è una Hélène di trepidante lirismo e di impeccabile musicalità culminante nella commossa esecuzione della bella aria del II atti di un lirismo patetico e carezzevole deliziosamente francese. Jodie Devos ha la parte non troppo estesa di Rosa cantata con gusto e ottime qualità vocali che emergono soprattutto nel bel duetto con l’amato Bénedict. Jean-Yves Ravoux e Matthieu Chapuis, solisti del coro, risolvono in modo impeccabile i loro interventi. Registrazione, come sempre, tecnicamente ottima.